Sono dipendente da Internet?

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Lo ammetto. E’ complicato scrivere di dipendenza da internet seduta davanti al mio computer: mentre scrivo, un trillo mi avvisa dell’arrivo di nuove mail, con lo smartphone che si illumina e si rabbuia all’arrivo delle notifiche da Facebook, Twitter e Linkedin, innalzando i miei livelli di dopamina (quelli della ricompensa per intenderci), per l’attesa che dietro la notifica si nasconda qualche piacevole sorpresa. Come definire e delimitare la condizione di “dipendente” quando per tutti, con la sola eccezione degli over 60 – dicono i dati – la giornata è scandita da telefonini, tablet, pc, posta elettronica, Facebook, Twitter, WhatsApp, Instagram, sms, foto, video? Anche i monaci buddisti, nel film di Werner Herzog “Lo and Behold, Reveries of the Connected World”, sono ripresi con lo sguardo fisso sul proprio smartphone.

Le ricerche ribadiscono l’ovvio, ossia che i protagonisti di questo sconfinamento tra vita offline e online sono proprio i bambini e gli adolescenti: se il 99% dei ragazzi italiani tra i 12 e i 18 anni utilizza internet, il 73% si connette tutti i giorni, più volte al giorno. Il 57% dei ragazzi che usa WhatsApp manda più di 50 messaggi al giorno. Se non avesse internet, il 34% degli adolescenti avrebbe paura di non venire a sapere le cose, il 25% avrebbe paura di perdersi le ultime cose accadute nel mondo, il 20% di non apprendere cose nuove, il 18% di essere tagliato fuori dal gruppo di amici. 1 adolescente su 4 (25,6%) si sveglia una o più volte a notte per controllare i messaggi arrivati sul proprio smartphone. Patologia? Dipendenza?

smartphone6Per poter parlare da un punto di vista clinico di dipendenza da Internet dovrebbero esserci non solo un utilizzo eccessivo del mezzo, ma anche una serie di sintomi cognitivi e comportamentali tra cui la perdita di controllo, la tolleranza e l’astinenza. Se posto di fronte all’impedimento di accedere alla rete, un soggetto con dipendenza dovrebbe mostrare irritabilità, ansia e tristezza. Tra le alterazioni funzionali, dovrebbero comparire privazioni di cibo o di sonno, difficoltà a rispettare gli impegni quotidiani, la scuola o il lavoro.

In base alle attività svolte online sono stati individuati alcuni sottotipi della dipendenza da Internet: oltre al gioco d’azzardo online e offline, compaiono la dipendenza dalle relazioni virtuali, caratterizzata da un’eccessiva tendenza ad instaurare rapporti d’amicizia o amorosi con persone conosciute principalmente via chat, forum o social networks (a scapito di relazioni vis a vis), il sovraccarico cognitivo, caratterizzato da una ricerca ossessiva di informazioni sul web e la dipendenza dal sesso virtuale, ovvero un uso compulsivo di siti dedicati alla pornografia e al sesso virtuale.

Businesswoman using mobile phone in coffee shop

L’autorevole DSM 5, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali della American Psychiatry Association, nonché punto di riferimento per la concettualizzazione dei disturbi mentali, nella sua ultima edizione ha stabilito di non includere la dipendenza da Internet tra i nuovi disturbi: secondo gli autori, saranno necessari ulteriori ricerche per individuare una dipendenza, al pari di quella da sostanze. Per la prima volta, tuttavia, il manuale comprende, insieme ai disturbi da uso di sostanze, anche il disturbo da gioco d’azzardo.

“Ma come? esiste l’Hikikomori!”, diranno alcuni. Quel disturbo che porta molti giapponesi in uno stato mentale di isolamento e segregazione dal mondo: esistenze trascorse davanti al mezzo tecnologico, con pericolose contrazioni dell’esperienza relazionale e vitale. In realtà anche nel caso dell’Hikikomori il mezzo tecnologico sembra rappresentare la conseguenza, l’effetto di patologie preesistenti, ad esempio la depressione.

Sebbene dunque l’Internet Addiction Disorder abbia suscitato e continui a suscitare un grande interesse nella comunità scientifica e nella popolazione generale, soprattutto dei genitori, non solo non basta – come comunemente si crede – trascorrere molte ore su Internet per poter ricevere l’etichetta di dipendente, ma la dipendenza da Internet, almeno per il momento, non configura uno specifico disturbo psichiatrico.

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Al di là delle questioni diagnostiche, più interessante è capire a quali bisogni e desideri risponda un aumento incontrollato del tempo e delle attività svolte online. Internet può infatti rappresentare la risposta ad un problema che un adolescente (o un adulto) sta attraversando: navigando nella Rete realizza il suo desiderio di fuga, gestisce meglio la sua ansia, migliora il proprio umore, supera difficoltà di relazione con i coetanei che vis a vis sembrano insormontabili, combatte la solitudine, gestisce le difficoltà di separazione da un ex fidanzato, si sente più forte, più coraggioso, più giovane, vincente.

mobileInfine, dovremmo sforzarci di non appiattirci su un approccio patologico-centrico per rivolgere la nostra attenzione anche ai cambiamenti di personalità che Internet favorisce: l’impulsività, il narcisismo e l’aggressività sono infatti solo alcune delle caratteristiche di personalità che trovano internet un nutrimento, con effetti importanti sulla vita offline. Si trasformano i processi legati alla memoria e all’apprendimento (“Cerchiamo su Google!”), alla scrittura e al linguaggio (“stile sms-empticons-sgrammaticato” dilagante), il concetto di amicizia (“Siamo amici su Facebook”), l’incontro con la sessualità (preceduta da un abbondante fruizione di contenuti pornografici).

Tornando a Herzog, il suo film ha il merito di fornirci uno sguardo sui cambiamenti epocali in atto, ricordandoci che Internet sta contribuendo a plasmare l’essere umano, producendo un cambiamento di identità. Chiude domandandosi se per i nostri pro-pro-nipoti la compagnia di altri esseri umani non sarà più necessaria, ma basterà quella di un internet intelligente. Il giudizio resta sospeso: “Chissà, magari andrà bene così.”