Oltre 2,2 milioni di NEET, cioè i giovani di 15-29 anni che non studiano e non lavorano in Italia pari al 24,3% della relativa popolazione, un’incidenza molto alta soprattutto se paragonata ai livelli europei. Le ragioni profonde per cui i giovani non trovano lavoro è da ricercarsi, fra le altre cose, nella mancanza di dialogo tra il sistema educativo e quello economico che porta ad un disallineamento tra le competenze che imparano i ragazzi a scuola e quelle ricercate dalle imprese. Basti pensare al comparto ICT dove ci sono tantissimi posti di lavoro senza candidati in linea.
I risultati della ricerca “Studio ergo Lavoro” condotta nel 2014 da McKinsey evidenzia come le cause del problema della disoccupazione giovanile (tra i 15 e i 29 anni) siano solo in parte riconducibili alla crisi economica. Il 40% del tasso di disoccupazione giovanile affonda le sue radici nel disallineamento tra capitale umano formato dal sistema educativo e necessità attuali e prospettiche del sistema economico del Paese.
La pensano diversamente i giovani: il 50% di loro crede che il fenomeno NEET sia dovuto alla crisi economica, che ha ridotto le assunzioni dei giovani, seppur in possesso delle giuste competenze come emerge nei risultati dell’Osservatorio “Universo 18”. L’osservatorio, promosso da Jointly – una rete di condivisione e di progettazione di servizi di welfare aziendale – è un’analisi condotta su più di 1.500 diplomandi volta ad indagare come i ragazzi in procinto di scegliere il proprio percorso formativo e professionale vedono il presente e quali aspettative nutrono per il proprio futuro.
Per ovviare alla discrepanza fra domanda e offerta nel mondo del lavoro, sono state introdotte una serie di misure, tra cui l’introduzione dell’obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro. Una misura che non sempre ha ricevuto plausi e che continua a far discutere nei casi in cui i ragazzi vengono utilizzati per sostituire i lavoratori. Proprio di settimana scorsa il caso della preside dell’istituto Ipsar di Sassari, che ha impedito che gli stage dei suoi alunni si prolungassero per tutta l’estate. Nel settore alberghiero, infatti, spesso i giovani studenti rappresentano l’intera forza lavoro, anche negli hotel più blasonati. E la domanda è: da chi dovrebbero imparare? Per chiarire i contorni dell’iniziativa proprio il ministero dell’Istruzione a fine marzo ha emanato una nota in cui si precisa, fra le altre cose, che “l’alternanza è una opportunità formativa e gli studenti non devono sostituire posizioni professionali”
Come in ogni iniziativa, però, alle storture corrispondono casi di eccellenza. Nella direzione dell’alternanza scuola lavoro si stanno muovendo startup e aziende unite nella stessa missione: allineare sempre di più le competenze dei ragazzi a quelle richieste dal lavoro con dei progetti ad hoc per la Generazione Z. La già citata startup Jointly, che ad inizio anno ha concluso un aumento di capitale di un milione di euro finanziato da Angel Investors, ha progettato e realizzato ad esempio Push to Open, il programma di orientamento interaziendale della durata di 4 mesi, nato per far scoprire ed entrare in contatto con il mondo del lavoro ragazzi che stanno per scegliere il percorso da intraprendere al termine delle scuole superiori. Nelle tre edizioni di Push To Open sono stati coinvolti in totale 2.500 giovani di quarta e quinta superiore grazie alle 25 grandi aziende partner di Jointly tra cui Eni, Enel, Ferrovie dello Stato Italiane, Sea, Unicredit, Gruppo Unipol, Sace (Gruppo Cdp) e Associazione dei Lavoratori Intesa San Paolo. Le aziende che hanno partecipato a Push To Open hanno messo in condivisione le proprie conoscenze, le testimonianze di giovani manager e i propri spazi, per dare ai ragazzi una visione ampia e trasversale del lavoro, delle competenze richieste e aprire ai ragazzi nuovi orizzonti sulle possibilità occupazionali del futuro.
Aziende come il Gruppo Unipol rafforzano questa missione anche con un progetto specifico di alternanza scuola-lavoro che coinvolgerà 200 studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori di Torino. I moduli di formazione sono caratterizzati da macro temi come assicurazioni, banca e mondo del lavoro. Il primo modulo prevede l’avvicinamento al mondo del lavoro sottolineando l’importanza della presentazione delle proprie competenze attraverso la stesura di un curriculum vitae e di una lettera motivazionale, elementi fondamentali ad aiutare i giovani in un percorso di discernimento dei propri programmi per il futuro. Il secondo modulo prevede una formazione sugli aspetti più tecnici assicurativi attraverso una breve storia delle assicurazioni, concetti base e aspetti giuridici dell’assicurazione, vari tipi di assicurazione e sugli aspetti bancari attraverso un’introduzione al sistema bancario con grande attenzione al digitale e alle nuove tecnologie. Infine nell’ultimo modulo gli studenti avranno l’opportunità di mettere in pratica le competenze acquisite con un affiancamento con i manager del Gruppo Unipol.
Iniziative che hanno la finalità di indirizzare in maniera più consapevole la scelta del percorso di studio e di carriera della generazione Z, fornendo loro le competenze più vicine al mondo aziendale e una rete di contatti utili per il proprio futuro.