Se il futuro è tech, ragazze, siamo messe male…

coding7Sembra quasi che le due parole ‘donna’ e ‘tech’ siano impossibili da accostare. Si sa, le donne non pensano al tech come un settore per loro, e anche nel raro caso in cui lo scelgano, la penalizzazione in termini di stipendio rispetto ai loro colleghi uomini è tale da far passar loro la voglia. Dati alla mano, purtroppo, queste posizioni sono giustificate. Benché sia bene ricordare i passi compiuti, è giusto anche sottolineare che per cambiare un pregiudizio culturale di questo genere ci vuole l’intervento coordinato di tutti gli attori societali, dal governo alle aziende, dagli insegnanti ai genitori. Ed è ora di agire. Se il futuro è tech perché tutto sarà sempre più digitalizzato, e il tech resta un mondo solo per uomini, le future lavoratrici saranno escluse dalla rivoluzione digitale e potenzialmente da una grande fetta del mercato del lavoro.

Il tech è un mondo fatto dagli uomini per gli uomini.

Il mito che il tech non è un mondo per donne, se si guardano i numeri è verità inattaccabile. Persino in UK, nazione spesso considerata all’avanguardia in queste gender issues, il 40% delle donne pensa che il mondo del tech sia fatto dagli uomini per gli uomini. In Italia la percentuale di donne che occupano posizioni tecnico-scientifiche è tra le più basse dei paesi OCSE (31,71%), e solo il 5% delle quindicenni italiane aspira a intraprendere professioni tecniche o scientifiche. Quando si guarda ai lavori del futuro, le statistiche sono ancora più deprimenti: solo l’11% della forza lavoro nell’Information Security (ovvero Cybersecurity) è composta da donne.

Il problema comincia a scuola. Solo il 38% delle studentesse italiane indirizza il proprio percorso formativo verso le discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics). Benché le alunne di elementari e medie siano molto più brave in tali materie, negli ultimi anni di liceo e all’università si ritrovano invece a essere meno numerose e meno brillantiMetà delle ragazze dodicenni dichiarano che le materie STEM sono più adatte ai ragazzi, additando genitori e insegnanti come coloro che hanno influenzato questa loro prospettiva.

Il problema, invece di migliorare, sembra peggiorare col tempo. Nel 1991 le donne con occupazioni legate all’informatica erano il 36%: oggi sono appena il 25%. I tentativi di invertire questa tendenza attraverso  iniziative pubbliche e private (dai nomi allettanti come ‘leragazzepossono.org’, ‘Girls code it better’ e ‘Noi siamo pari’) sono innumerevoli. Se questa pletora di sforzi ha forse aumentato la consapevolezza del problema, non l’ha certo risolto.

Se lavoro nel tech, verrò pagata meno dei miei colleghi uomini

Il problema della discrepanza di stipendio tra uomo e donna riguarda tutte le carriere, tech o no. Come ricorda il WEF report, nel mondo il guadagno medio annuo di un uomo è due volte quello di una donna ($20.000 circa contro $10.000). Nel settore tech, questo si riflette in maniera non omogenea a seconda dei ruoli e dell’esperienza. Fortune segnala che il problema del gender pay gap è particolarmente rilevante per le donne più giovani, e va riducendosi molto con gli anni. Le donne under 25 sono pagate in media il 29% meno dei loro colleghi, mentre questo gap si riduce al 5% per i lavoratori sopra i 50 anni. Forbes invece distingue i diversi tipi di lavori nel mondo del tech, rivelando grandi differenze. Il gap tra un programmatore informatico donna e uomo è immenso: 28.3%, mentre per un ingegnere software si riduce al 6%.

A parte le campagne di sensibilizzazione del mondo dell’istruzione e le promesse delle aziende tech, i governi sono fondamentali nel cambiare questa situazione, come ricordato in un recente post sulle normative per combattere il gender pay gap. I vari obblighi di reporting governativi saranno forse seguiti poi da azioni più mirate nei settori in cui il gap è maggiore: a naso, il tech sarà top of the list.

I benefici della diversità nella forza lavoro sono così riconosciuti che ripeterli sarebbe superfluo. Quello che però vale la pena di ripetere è che per ottenere una tale diversità e per rovesciare ed evitare gli stereotipi di genere occorrono gli sforzi congiunti di tutti coloro che, dal biberon al bonus, hanno un impatto sulla scelta e la vita delle donne nel tech. Soprattutto se dire ‘mondo lavorativo tech’ e dire ‘mondo lavorativo’ diventa sempre più equivalente.

  • stefano schiavon |

    Non sarebbe invece più onesto e vero riconoscere che le donne sono semplicemente meno interessate a queste professioni? Vi è una interessante ricerca fatta in Norvegia su questo tema che si conosce come paradosso Norvegese. Però immagino che non sia politicamente corretto dirlo…nei giornali progressisti

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