A Torino la birra costava più del vermouth nel 1867. E le donne tenevano una contabilità meticolosa delle spese di famiglia, con un ruolo centrale nella programmazione economica. Sia nelle famiglie borghesi che in quelle popolari. Lo raccontano le decine di testimonianze, sotto forma di “libri di casa”, raccolte ed esposte nel Museo del Risparmio di Intesa Sanpaolo a Torino.
Costruita attraverso una call for action, la mostra “Quel genio di mia nonna! Dai libri di casa al Kakebo” nasce dalla disponibilità di decine di persone che hanno avuto voglia di condividere cimeli di famiglia e testimonianze storiche capaci di raccontare abitudini, vizi e virtù. Quel genio di mia nonna, appunto, per dire del ruolo delle donne, del peso che soprattutto nel secondo dopoguerra, come sottolinea Giovanni Vecchi, docente all’Università di Tor Vergata, hanno avuto nella gestione dell’economia familiare.
E fin qui ci siamo. Ma il punto non sarà mica di tornare a fare gli “angeli del focolare”? “Tutt’altro” esclama Giovanna Paladino, la direttrice del Museo che ribalta la questione e snocciola dati sconfortanti al capitolo “Donne ed economia”: “Non vogliamo recuperare il modello della donna regina della casa ma evidenziare come le nonne abbiano avuto un ruolo centrale nella programmazione e nella gestione familiare, quelle donne i conti ce li avevano in mente”. Oggi questo peso delle donne in famiglia non è per nulla scontato, anzi. “Esistono fenomeni di violenza economica, spesso le donne non hanno neanche un bancomat. Si tratta di fenomeni sommersi che evidenziano situazioni di forte disagio e isolamento” sottolinea Giovanna Paladino.
A questo si aggiungano una serie di dati che nella mostra sono valorizzati da tabelloni-tazebao sull’educazione finanziaria delle donne: “Le donne hanno livelli di educazione finanziaria più bassi della media, come evidenziano molte rilevazioni – spiega Paladino – anche a causa dello scarso ruolo nella gestione del denaro nella fase della programmazione. Inoltre le donne pagano pegno al fatto di avere una scarsa propensione al rischio, un approccio che in finanza effettivamente non paga. Dal punto di vista culturale le donne tendono ad associare il denaro alla sicurezza e non alla ricchezza, inoltre hanno una maggiore esposizione al fenomeno povertà, quasi il doppio rispetto agli uomini”.
Spese appuntate minuziosamente, risparmi certificati nei “diari di bordo”, uno spaccato dell’Italia che quasi commuove dove il tema della progettualità delle donne risulta “l’elemento più spiccato” descrive Paladino. “Le nonne risparmiavano per fare qualcosa, per realizzare un obiettivo”. Bella e suggestiva la storia di Maria Teresa Bognetti, di Ghemme, recuperata grazie alla generosità della nipote Viviana: aveva raccolto i risparmi in una scatola di latta ed era riuscita a comprare, tra la fine degli anni Trenta e gli anni Quaranta, una radio. Così la sua casa è diventata il punto di riferimento dell’intera comunità durante la guerra perché lì si poteva ascoltare Radio Londra.
In mostra, fino al 26 marzo, documenti di valore storico, da testimonianze del Settecento e anche testimonianze e video appartenenti alla collezione del progetto di ricerca internazionale “HHB – Historical Household Budgets” dell’Università di Roma Tor Vergata e della Fondazione Einaudi. La mostra rientra nel progetto di educazione finanziaria “Arianna. Il filo della finanza” sviluppato dal Museo del Risparmio per accrescere il livello di competenze finanziarie delle donne e delle famiglie.