Stiamo attraversando un momento in cui è forte la voglia di vestirci affrancandoci dai dress code e basandoci molto di più sul nostro benessere personale a prescindere dal resto.
Le vecchie regole non funzionano più. Una volta si sapeva esattamente cosa si doveva indossare e in quale occasione. Esisteva il Galateo per condurre in modo socialmente rispettoso la nostra vita quotidiana e mondana, dall’invito per un thé, ad un matrimonio, alla prima teatrale. Così come esistevano regole tacite e non scritte, per vestirsi sul lavoro.
Il bello (o il brutto) di oggi è che tutto è messo in discussione e il nostro approccio verso l’abbigliamento è guidato principalmente da ciò che ci fa star bene. Il bisogno di comfort (nei vari ambiti della nostra vita) è una delle macro-tendenze del decennio e lo sarà sempre di più negli anni a venire.
Per quanto riguarda l’abbigliamento, il formale e l’informale si avvicineranno sempre di più per lasciar spazio a codici di abbigliamento nuovi, mai sperimentati prima. Ma oggi, in questa stimolante ma insidiosa fase di transizione, è alto il rischio per molti di trovarsi senza riferimenti in fatto di abbigliamento, e fare scelte senza avere la minima idea della ricaduta che possono avere sulle proprie opportunità lavorative.
E penso principalmente ai giovani, ai millenials che sono alla ricerca del loro codice di comunicazione non verbale. Loro che si troveranno, molto più delle generazioni precedenti, a far emergere il proprio talento in un mondo del lavoro sempre più incerto, ambiguo e complesso.
Ci si può, quindi, lasciar andare tranquillamente ad un’attitudine casual? Sì, purché sia sempre sostenuta da consapevolezza. Sapere è potere, come sosteneva sir Francis Bacon. In questo senso può essere utile prendere qualche spunto da chi ha scelto un abbigliamento ‘casual’ – ma non casuale! – e ne ha fatto un brand personale. Perché dietro a queste scelte c’è una grande consapevolezza (ed un grande potere).
Sergio Marchionne e il maglioncino girocollo. Una scelta che proietta l’immagine del manager innovatore, che si rimbocca le maniche, marcando palesemente la differenza tra sé e l’establishment del gruppo Fiat che ha contribuito a rilanciare. Il suo look fatto di maglione blu e camicia a quadrettini parla di una persona sempre al lavoro, sempre in azione, sempre in viaggio. Un abbigliamento che non cambia neanche in occasione dei Gala. Ma Marchionne può permetterselo solo grazie alla sua posizione e alla sua reputazione.
Steve Jobs e il dolcevita nero. Un’essenzialità forte e riconoscibile, così come dovevano essere i suoi prodotti. La scelta stilistica di Steve Jobs doveva diventare nelle sue intenzioni una sorta di divisa all’interno dell’azienda Apple, ma l’idea non si concretizzò. Grande sostenitore dell’importanza estetica della tecnologia per conferirle unicità nella semplicità, aveva capito che il suo look raffinato e informale lo rendeva fortemente riconoscibile, tanto che lo stilista giapponese Issey Miyake aveva disegnato un modello di dolcevita solo per lui.
Renzo Rosso e i capelli ribelli. Imprenditore di successo, patron del marchio Diesel, innovatore e grande comunicatore, sempre all’avanguardia. Il suo look fatto di jeans, barba incolta e capelli ricci parlano di disordine creativo e di fermento. Come ci si aspetterebbe da chi vive di tendenze e di moda. Il suo è comunque un look apparentemente disordinato eppure la barba è curata e i jeans ed i capi che indossa sono scelti con attenzione.
Mark Zuckerberg e la felpa con il cappuccio. Giovane, cresciuto nella Silicon Valley, patria dell’information technology e dello stile casual, si è presentato così anche a Wall Street qualche anno fa, e non tutti l’hanno presa bene. Ma lui ha sempre portato avanti la sfida senza incertezze perchè il suo look in felpa era speculare al messaggio che voleva dare riguardo a Facebook, la sua azienda: giovane, flessibile, trasversale, globale.
Solo recentemente è apparso più volte in abito e cravatta, ma anche qui la ragione c’è, ed è molto seria: la sua piattaforma sta per affrontare cambiamenti importanti per gestire al meglio gli aspetti sempre più critici: sociali, di sicurezza, di informazione e di privacy. Tra summit internazionali, incontri con politici e eventi ufficiali, Zuckerberg sta mostrando al mondo che Facebook diventerà più matura, e lui stesso, con abito e cravatta, interpreta questo cambiamento per dare consistenza al suo ambizioso progetto.