Anche le principesse muoiono. Nonostante la Forza le protegga.
In questo 2016 che proprio non riesce a finire in pace se ne è andata anche Carrie Fisher, compiuti da poco 60 anni (era nata a Beverly Hills il 21 ottobre 1956), per tutti e per sempre la principessa Leila di Guerre Stellari.
È il 1977 quando George Lucas presenta Star Wars (che poi diventerà Episode IV – A New Hope), dando il via all’ultima grande mitologia dei nostri giorni, capace di unificare le generazioni dagli anni ’70 a oggi, e Carrie, una ragazzina di 19 anni, diventa celebrità planetaria, eroina e sex symbol; anni dopo rivelerà anche di avere vissuto durante le riprese una breve, intensa storia d’amore con il trentatreenne Harrison Ford: sì il cinema non mente, Han Solo e Leila si amavano davvero!
Sembra l’inizio della sfolgorante carriera di una predestinata, figlia della star hollywoodiana degli anni ’50 e ’60 Debbie Reynolds e del cantante Eddie Fisher, ma la “coppia preferita d’America” divorziò quando Carrie aveva solo due anni, ricordandoci che non sempre le principesse vivono in una favola, anzi. Il canovaccio della vita di Leila fuori dal set segue un copione tristemente monotono: alcool e droga, molta droga, come abituali compagni di viaggio la prostrano, portandola nel 1984 a un passo dalla morte per overdose. Nel 1980 – l’anno dell’Impero colpisce ancora – rischia di essere cacciata da The Blues Brothers, dove interpreta la piccola, spassosa parte della fidanzata vendicativa di Belushi, perché non è quasi più in grado di portare a termine una semplice scena; i medici le diagnosticano un disturbo bipolare dell’umore, malattia che riuscirà ad accettare solo dopo alcuni anni.
Ma Leila non può arrendersi, e forse, in un misterioso scambio di ruoli, è la principessa che indossa in questo frangente i panni di Carrie Fisher nella sua più difficile interpretazione, le infonde determinazione e coraggio, tanto coraggio: Carrie accetta di guardare in faccia il suo lato oscuro, perché, come noi fan sappiamo, tra il vestito bianco di Leila e l’armatura nera di Dart Fener non c’è quell’enorme distanza, le cose sono più complicate, più difficili; inizia così a curarsi dalle sue dipendenze e ad accettare le proprie fragilità; come Luke Skywalker anche Carrie si affida alla Forza, sa ritrovarla in sé.
La sua carriera di attrice fuori dalla saga non è stata memorabile, si ricordano parti in Hannah e le sue sorelle di Allen e in Harry ti presento Sally e poco altro, ma nella scrittura ha saputo trovare una nuova strada, a partire dal romanzo best-seller Cartoline dall’Inferno del 1987, dove si parla del difficile rapporto tra una madre, famosa attrice alcolizzata, e una figlia con problemi di droga – vi ricorda forse qualcosa? Il romanzo diventa un apprezzato film di cui Carrie cura brillantemente soggetto e sceneggiatura, spingendo Spielberg a chiamarla per rifinire lo script e i dialoghi di Hook – Capitan Uncino (1991), dando così avvio a una carriera di sceneggiatrice di primo livello. Non cessano le turbolenze nella sua vita, dalla relazione con il cantante Paul Simon (sposi nel 1983 divorziano l’anno dopo), che prosegue tra alti e bassi fino al 1991, al legame con Bryan Lourd, da cui nasce la figlia Billie, e che termina nel 1994 quando lui si scopre omosessuale.
Ma Carrie Fisher non perde mai la sua ironia, che racconti l’effetto che fa sugli uomini: “o diventano gay o calvi” (e qui fischiarono le orecchie a Paul Simon…) o ricordi la sua infanzia: “pensavo che tutti avessero delle matrigne che vivevano in bungalow al Beverly Hills Hotel, indossando vestaglie.” Non sono mai mancati gli attacchi velenosi, dei critici, ma anche quelli recenti dei social che, all’uscita dell’Episodio VII – Il risveglio della Forza (2015), la accusarono di essere invecchiata male, cui Carrie rispose smascherandone il maschilismo: “Perché Harrison Ford e Mark Hamill non hanno ricevuto lo stesso trattamento?”
Del resto lei ci metteva sempre la faccia, amava esibirsi, come quando portò in scena il suo fortunato libro di memorie Wishful Drinking (2008): sola sul palco di fronte al pubblico, per raccontare senza filtri la sua vita di eccessi e di sofferenze, forte e indipendente come Leila, l’eroina che rappresentava quel che avrebbe voluto essere. “Leila ha lanciato, a mio avviso – ha dichiarato recentemente – , una nuova generazione di giovani donne sicure di sé, senza paura, con cui ci si può identificare. È bello essere lei.”
Lo sarà ancora una volta nell’VIII episodio della saga, le sue scene sono già state girate: questa volta siamo sicuri che non riceverà critiche, l’ipocrisia dei social ha le sue regole…. Sapremo trattenere le lacrime?
Addio principessa.
May the Force be with you (and with us…).