Da cinquant’anni sul territorio, con la capacità di innovare. E’ così che a dirigere uno dei cinque stabilimenti Unilever sul territorio italiano è arrivata una donna, Luisa Franzone, ingegnere e direttore di Casalpusterlengo.
Come ci si sente ad essere la prima donna a dirigere uno stabilimento, storico e radicato sul territorio?
La direzione di stabilimento è il lavoro più divertente che abbia mai fatto, perché hai la sensazione di fare davvero la differenza, da un lato sulla vita delle persone, dall’altro sull’efficienza della fabbrica. Di certo negli ultimi tre anni, in tandem con la responsabile del personale Diletta Rainone e la responsabile della qualità Barbara Massacci, donne anche loro, la “fabbrica” di passi avanti ne ha fatti parecchi. Anche dal punto di vista dell’impatto ambientale, dal 2012 ad oggi, il nostro stabilimento è arrivato all’importante traguardo “zero rifiuti in discarica”, c’è stata una riduzione del 76% del consumo di acqua, un dimezzamento (-55%) delle emissioni di C02, e un efficientamento energetico significativo ( -58% dei consumi).
Come è arrivata a dirigere uno stabilimento?
Io nasco come ingegnere chimico, di processo. Ho trascorso più di 20 anni in Unilever, ma ho sperimentato tante funzioni diverse, guidata dalla curiosità. Sono stata responsabile di prodotti, di ricerca e sviluppo, di procurement e poi della Supply Chain. Ho anche lavorato all’estero, tra Olanda e Inghilterra. Non ho pianificato dall’inizio il mio percorso ma mi sono lasciata guidare dalla curiosità e dalla sfida di imparare cose sempre nuove. Guardandomi indietro capisco che c’è un fil rouge, una passione che accomuna tutti i passi del mio articolato percorso: nel mio caso sono le interfacce funzionali, organizzative.
Cosa porta in fabbrica di questo suo percorso, che è fatto all’insegna della diversità?
Penso di aver portato un diverso modo di gestire la fabbrica, più “innovativo”: per me lo stabilimento non è solo un centro di produzione, è un interlocutore, un’interfaccia complessa. Il fatto di avere un gruppo di leadership diverso, più articolato, penso che ci consenta di vedere le cose in maniera molto più rotonda, completa e di esplorare molte nuove frontiere ed opportunità di business. A volte la conoscenza tecnica, se estremizzata, può divenire un limite, ed avere un punto di vista alternativo consente di affrontare le cose in maniera davvero innovativa.
Lei è decisamente un role model per tante giovani, ingegneri e non. Un consiglio che si sentirebbe di dare?
Il consiglio che mi sento di dare è di provare a capire le cose che più ti danno energia. Le barriere non ci sono nel momento in cui tu le ignori, e ti guida la passione. Consiglierei anche di avere un’esperienza internazionale, per mettersi in gioco ed aprirsi alle opportunità. La cosddetta generazione Y è più pronta di quanto non crediamo, i ragazzi hanno già la valigia in mano. Casomai il vero rischio è che partano e non tornino!