Domenica sarà un giorno importante per i bambini italiani rimasti orfani di un genitore (300mila, secondo le stime). Un emendamento alla legge finaziaria, dopo due anni di tentativi falliti – se tutto andrà come previsto e come trapela dalle commissioni che ci stanno lavorando – darà una prima risposta alla situazione vissuta nelle famiglie che hanno subito la perdita di un genitore.
E’ il frutto della battaglia di donne, madri, che hanno vissuto la stessa perdita, e che risiedono in diverse regioni d’Italia. Tutte hanno subito la stessa situazione paradossale con il fisco, tutte hanno cercato informazioni e precedenti in rete, fino a trovarsi e a unire le forze.
Domenica Russo (nella foto a sinistra) – per tutti Domi – è napoletana: da 16 anni vive a Roma e gestisce da sola una famiglia con 3 gemelli che oggi hanno 8 anni: ne avevano 4 (e lei 37) quando è mancato il papà nel 2012. “Per me è stata dura affrontare tutto da sola, e lo sconforto è stato grande l’anno scorso quando ha saputo che l’emendamento non era passato. Avere trovato delle compagne di viaggio mi ha dato nuova forza e nuova speranza in un momento in cui le avevo perse”, racconta.
Chiara Pedron (a destra), padovana, è mamma di due ragazze Anna, e Veronica. Veronica; la maggiore, che oggi ha 14 anni, è affetta da sindrome di Down. Ha perso il marito nel 2010 quando le figlie avevano 5 e 8 anni. Assente nella foto è Tiziana Criscuolo, di Novi ligure, sempre presente alle “riunioni” via chat; è rimasta vedova quest’anno, con tre bimbi piccoli, quando il terzo aveva solo 10 giorni.
E poi c’è Manola Tegon (nella foto al centro), a Mestre, che ha sollevato il caso chiamando in causa i politici veneti a Roma. Manola si è scontrata la scorsa estate con l’articolo 12 del Testo unico imposte dirette, mai aggiornato nel tempo, mai adeguato al tasso di inflazione e al costo della vita. 38 anni, due figli di 5 e 11 anni, è rimasta vedova nel 2013; solo nel 2016 però il programma del Caf, rinnovato, ha segnalato l’anomalia: “Le famiglie in cui uno dei genitori viene a mancare perdono il diritto di vedersi riconoscere i figli a carico – racconta – Pochi conoscono la norma, e nel mio caso mi sono trovata a dover restituire 2mila euro, arretrati per errori dovuti alla dichiarazione che non teneva conto di questa normativa, sconosciuta ai più. Sempre nel mio caso, gli effetti paradossali si sono moltiplicati: se mio marito fosse stato vivo entrambi avremmo ricevuto il bonus mensile da 80 euro, così invece io da sola ho perso il diritto ad averlo”.
La strada di Manola ha incrociato quella di Domenica, Chiara e Tiziana grazie alla rete e ai social. Al loro fianco hanno trovato politici di ogni schieramento; 5 Stelle, Forza Italia, Pd, che hanno lavorato per trovare una soluzione. Una serie di emendamenti che portano nomi diversi, ma che fin qui si erano infranti contro la mancanza di fondi. “Una situazione di palese ingiustizia” per queste madri, non più accettabile: per quello sono state a Roma a sostenere la causa di tante famiglie prima del voto, ma questa volta hanno anche deciso di richiamare più attenzione e lo hanno fatto lanciando una petizione sulla piattaforma Change.org. Oggetto, “approvazione emendamento a favore degli orfani e delle famiglie vedove”. Le firme, ormai oltre 1.500, sono arrivate anche di notte (è ancora possibile aggiungersi qui) “Una volta avrei dovuto mettermi con un banchetto in qualche piazza, oggi questi strumenti e social permettono di entrare in contatto con tante persone – spiega Manola – Molte altre madri, ma anche padri, mi hanno cercata dopo avere letto il mo caso”.
Nei giorni scorsi il primo passaggio cruciale; la commissione Bilancio ha approvato una modifica che alza la soglia fiscale secondo la quale i bambini orfani vengono considerati percettori di reddito, e dunque perdono alcuni benefici ed esenzioni. In sostanza, la pensione di reversibilità viene suddivisa per il 60% alla madre, e per il 40% ai figli: nel caso di Manola, essendo due, superavano il tetto dei 2.840 euro lordi l’anno e non potevano essere considerati a carico della madre. Se il figlio è uno solo, riceve il 20% della pensione e la madre sempre il 60%, con una ulteriore penalizzazione (80% della pensione). Se poi un figlio è disabile, e avrebbe diritto al doppio delle esenzioni, il danno creato era ancora più grande e decadeva ogni diritto a usufruire delle agevolazioni previste. Ora – scegliendo la via più praticabile e meno costosa per le casse dello Stato – la soglia sarà alzata di circa mille euro.
Non una vittoria (ancora non tutti i figli avranno un beneficio da questo provvedimento), ma un primo passo, spiegano le tre donne: all’orizzonte c’è una associazione che possa lottare in senso più ampio per i diritti delle famiglie vedove: “Questo è un primo gesto di civiltà e rispetto per chi, nella vita, sta già pagando un prezzo molto caro. Molto resta da fare, e vogliamo lavorare su altri aspetti – la cumulabilità dei redditi, ad esempio – per aiutare chi vive le nostre stesse difficoltà”. La mail per contatti è famiglievedove@gmail.com.