Digitale e Internazionale. Sono queste le parole d’ordine per lo sviluppo futuro di Doxa, che quest’anno compie 70 anni dalla sua fondazione. La società, che archivierà il 2016 con un fatturato consolidato di 41,1 milioni di euro (+41% sul 2011), conta 246 dipendenti (86 in più rispetto a cinque anni fa). “Il futuro inizia adesso. Nel medio termine intendiamo fare ulteriori investimenti e non escludo operazioni straordinarie volte a rafforzare ulteriormente la nostra posizione di leadership” osserva Marina Salamon, presidente della società, in una chiacchierata negli uffici Doxa a Milano. Uffici particolari, con pareti tutte di vetro trasparente e arredamenti etnici. Un biglietto da visita che fa già capire quanto questa azienda, pur compiendo 70 anni, non sia poi così “tradizionale”. Assomiglia, infatti, più ad una startup, anche per la media dell’età delle persone che ci lavorano e le abitudini nel vivere l’ufficio.
L’imprenditrice, che controlla il 100% della holding Alchimia azionista di maggioranza di Doxa, sa esattamente in che direzione guardare: “Stiamo ragionando su alleanze future per allargare il perimetro di azione di Doxa e possiamo valutare anche acquisizioni purché siano nel settore digitale o vadano nella direzione dell’internazionalizzazione”. E per continuare a crescere la società “non esclude la quotazione in Borsa”, anche se al momento, sottolinea Salamon, non è all’ordine del giorno: “Prima di una Ipo o parallelamente la società dovrebbe raggiungere dimensioni di grandezza più ampie”.
Di certo non si può programmare solo nel breve: “Bisogna progettare a 3-5 anni da oggi. Se non si guarda al medio-lungo termine si rischia di schiantarsi. E non solo nel nostro settore” precisa l’iimprenditrice, che aggiunge: “Dopo 70 anni Doxa è quello che è, perché siamo stati liberi e siamo andati fuori dagli schemi anche se nel rispetto della continuità. La nostra capacità è stata quella di far lavorare insieme persone con competenze diverse”.
Ma come immagina il settore nel futuro? “Si va verso un comparto che componga diverse aree. Il marketing innovativo, i big data e la comunicazione stanno convergendo per creare qualcosa di nuovo che in Italia al momento ancora non esiste. Le grandi società lo hanno già capito e lavorano in questa direzione, le pmi stanno ancora elaborando il cambiamento”. spiega Salamon, che aggiunge: “La reputation sta diventando sempre più importarte e le aziende di medio-grandi dimensioni hanno chiarezza di questo e ci stanno lavorando. Il tema non è tanto evitare gli scandali, ma lavorare sul percepito del consumatore, che è sempre più consapevole e in gradi di valutare l’identità complessiva di un’azienda costruita gradualmente nel tempo. Doxa sta già lavorando su questi temi con una quantità di eccellenze italiane, che danno la retta e daranno la direzione agli altri”.
La reputazione non riguarda solo le aziende ma anche gli imprenditori e i manager. “Questo è un tema strategico e delicato di cui in Italia non tutti i capi azienda si stanno occupando. Ad esempio sarebbe importante che i manager e i capi azienda fossero sui social media ma con l’accortezza che non tutti i social sono uguali e che bisogna saper scegliere. Ad esempio io uso molto Linkedin per informarmi e per cercare collaboratori. Lo trovo molto democratico come strumento. Su Facebook, invece, non ci sto con il mio nome e cognome, perché non mi interessa comunicare lì. Ci sto con un account anonimo per analizzare il target”.
Doxa compie quest’anno 70 anni. Allo stesso tempo ne sono passati 60 da quando il padre di Marina Salamon entrò in azienda. Motivo per cui 25 anni fa l’imprenditrice decise di investire in Doxa. “Un grande processo di cambiamento del settore è in atto e noi vogliamo essere al centro di questa evoluzione distinguendoci con la nostra indipendenza. Siamo già in grado di costruire progetti che partono dalla ricerca di mercato tradizionale, fanno un’analisi semantica di cosa accade sulla rete e arrivano fino alla comunicazione. Continueremo in questa direzione per crescere ancora nel futuro” conclude Salomon, che lascia la sala riunioni per incontrare un cliente ma non nel suo ufficio: “Non ho ufficio, perché la libertà è bellissima. se stai dietro una scrivania hai un ruolo che ti condiziona nel rapporto con le persone. E io non voglio condizionamenti” chiosa prima di salutarmi.