Il 2016 è stato finora “un anno ambiguo per la parità di genere globale, con un progresso irregolare nella migliore delle ipotesi”. Così recita il Global Gender Gap Report 2016, il rapporto, stilato dal World Economic Forum, secomdo il quale nel corso dell’ultimo anno, c’è stato un miglioramento della questione femminile in 68 nazioni, e un peggioramento nelle restanti 74. Non esiste, quindi, una direzione di evoluzione a livello globale.
Da queste evidenze ha preso le mosse il convegno “Gender Equality”, tenutosi all’Università Bocconi di Milano, in un’aula gremita, non solo da donne ma anche da tanti uomini (circa il 35%). Un chiaro segno di cambiamento, almeno questo. E che qualcosa stia cambiando lo ha sottolineato Fausto Panunzi, prorettore per gli affari generali dell’Università Bocconi con le sue parole di benvenuto: “Il mondo non sarà più lo stesso”, ha esordito, facendo riferimento a quanto accaduto negli Usa. Le elezioni americane non sono certo nell’agenda dei lavori del convegno, ma il tema ha continuato a intrecciarsi a doppio filo con la questione del gender gap negli interventi dei relatori e nelle chiacchiere fra i banchi dell’aula.
Il dibattito ha visto il confronto fra aziende, mondo accademico e politico. I diversi contributi hanno messo in luce come sia necessaria un’azione combinata per poter ottenere risultati tangibili. “Le donne devono essere non tradizionali nell’affrontare gli stereotipi e superare le barriere. È qualcosa che va ben oltre un semplice dibattito: “si tratta di una grande sfida, soprattutto per le banche. Occorre lavorare su politiche volte a favorire l’inclusione e la leadership femminile” ha osservato Renèe Adams, docente della UNSW Australia, che ha parlato del ruolo delle donne nel mondo della finanza. Dal suo intervento, intitolato “Lehman Sisters”, è emerso che la selezione dei talenti femminili è un fattore cruciale.
Su posizioni simili anche Mauro Meanti, general manager di Avanade e vice presidente di Valore D, secondo il quale: “Abbiamo bisogno di maggiori politiche che cambino le sorti della presenza femminile, soprattutto nelle Stem. Role model e politiche sono necessari per modificare i dati sulla gender equality.” Ma anche le aziende possono fare la loro parte, come ha mostrato la testimonianza del responsabile risorse umane di Unicredit, Luigi Luciani: “Negli ultimi anni il rapporto delle donne che ricoprono posizioni manageriale si è spostato da 9 su 250 a 50 su 250”. Un traguardo che è stato possibile Grazie ai progetti di valorizzazione dei talenti femminili e l’introduzione dello smart working.
Elsa Fornero, ex ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, ha riportato l’esito delle elezioni americane al centro del dibattito, anche in ragione della propria esperienza in politica: “Sono ancora incredula e sotto shock. Quello che Trump ha detto sulle donne è disgustoso. Ho un desiderio: che le istituzioni americane siano abbastanza forti affinché Donald Trump non danneggi il suo Paese e il mondo intero”. E per quanto riguarda le donne: “Nell’arena politica, il livello di crudeltà verso le donne, spesso sfociato in attacchi sessisti, è altissimo”.
La conclusione della giornata di lavori è stata siglata dalle parole di una studentessa rivolte alla ex ministra: “Non possiamo cambiare la storia solo attraverso delle leggi ad hoc. Iniziamo dall’istruzione e dalla trasmissione di valori già a partire dalle nuove generazioni, insegnando ai giovani a essere rispettosi nei confronti delle loro coetanee”. E a dire la verità sarebbe proprio un valido punto di partenza.