“Cara adozione”, quante emozioni racchiuse in una lettera

cara adpozione“Le famiglie raccontano l’adozione ad altre famiglie. Senza filtri. Il modo più vero per sapere a cosa si va incontro, le gioie e le fatiche. Ce la faremo? Come sarà il nostro bambino? E l’adolescenza? Cercherà la sua famiglia una volta adulto?” Questa la quarta di copertina del volume “Cara Adozione” (acquistabile esclusivamente sul loro sito di Italia Adozioni), una raccolta delle numerose lettere presentate al Festival delle Lettere di Milano delle ultime edizioni, per il tema “Lettera a un’adozione”.

Un’impresa non da poco: le tante lettere arrivate da tutta Italia sono state raccolte e organizzate in sezioni che ricalcano l’iter adottivo: la decisione, l’attesa, l’abbinamento, l’incontro, il ritorno a casa, per abbracciare anche il complesso periodo dell’adolescenza, la ricerca delle origini da parte dei figli e il rapporto con il mondo che ci circonda, non sempre così accogliente, spesso invadentemente curioso. Ogni sezione si apre con un intervento di operatori ed esperti del settore, un contenitore emotivo e una guida alla lettura che aiuta a comprendere e a inquadrare le emozioni e le situazioni veicolate dalle lettere.

La lettera è uno strumento potente di comunicazione: è un esercizio di riflessione profonda, un modo per mettersi in ascolto della propria interiorità, entrare in intimità con se stessi ed immergersi nelle proprie emozioni. Il fatto di non avere davanti la persona a cui la lettera è destinata, ma solo un foglio bianco, è uno stimolo all’apertura. Perdiamo i freni e le maschere che nella quotidianità ci portiamo dietro e riusciamo così a dire cose che di persona non avremmo il coraggio di dire. Chi di noi, per esempio, non ha scritto una lettera d’amore? È la forma ideale per dare sfogo ai sentimenti, per dire quello che sentiamo nel profondo del cuore.

Durante il percorso adottivo mio e di mio marito, appena arrivati i nostri figli, nel gruppo di formazione dell’ente, un compito arduo che ci aveva dato la psicologa era stato proprio scrivere tre lettere: una alla nostra mamma, una alla mamma naturale dei nostri bambini, e una a noi stesse appena diventate mamme, per confrontarci con le tre figure materne che la genitorialità adottiva coinvolge. Le nostre mamme rappresentavano il modello conscio o inconscio che ci portiamo dentro, la mamma biologica è una figura comunque presente nella relazione con il figlio adottivo, e scrivere a noi stesse in quanto mamme ci ha costretto a fermarci un attimo per guardarci nel profondo e valutare i nostri limiti e le nostre risorse in un momento vorticoso come quello dell’arrivo dei nostri bambini. Una bolla di riflessione con noi stesse. Poi le lettere erano state lette davanti agli altri e ammetto che avevamo versato fiumi di lacrime, perché sono state un modo formidabile per fare emergere le emozioni, i desideri e le paure che il nuovo compito genitoriale suscitava in noi neomamme. È un esercizio di riflessione che consiglio a tutte le mamme, in ogni momento della vita…

La forza di questo libro è proprio quella di utilizzare le lettere, che sono quindi uno strumento per veicolare le emozioni e nello stesso tempo raccontare delle testimonianze dirette delle varie fasi dell’adozione. In tanti si possono riconoscere: le coppie che sono ancora nella fase iniziale di dubbio, chi sta ancora aspettando, chi è stato abbinato, chi è già famiglia, chi è alle prese con l’adolescenza e anche i figli possono trovare uno specchio alle proprie emozioni.

Durante il mio personale percorso, quello che ha fatto la differenza è stato proprio l’incontro con le testimonianze delle famiglie. Perché, parliamoci chiaramente, dopo le informazioni raccolte nei corsi di preparazione, l’esperienza con i servizi sociali, tutte per carità utilissime per fornire strumenti che poi torneranno buoni al momento opportuno, abbiamo bisogno di confrontarci con le esperienze di chi ci è passato prima di noi o di chi sta vivendo le nostre stesse situazioni. Il bisogno di confronto non si arresta mai, anzi, cresce con l’arrivo dei bambini e l’aumentare dell’età e della consapevolezza dei nostri figli.

Scrive, infatti, Roberta Cellore, curatrice del libro: “Alla fine del percorso di lettura, ci si sente bene, come in una specie di autoanalisi. Una sorta di costellazione familiare nazionale, in cui ci si può immedesimare e ridere di noi stessi, sconfiggendo lo stress da performance genitoriale o filiale”.

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A metà ottobre è sttao presentato il progetto “Cara adozione”, tenuto a battesimo proprio da Stefania Vadrucci.

La curatrice del libro, Roberta Cellore

Lettera ad un colore, letta dall’attore teatrale Gianni Coluzzi