Sedici comuni, cinque candidate, zero elette: dove – e perché – il sindaco non è donna

imageL’8 maggio si sono tenute in 16 comuni del Trentino le elezioni amministrative. In 15 casi è stato eletto un candidato al primo turno (uomo), solo a Ville d’Anaunia si andrà al ballottaggio fra due sfidanti (uomini).

Eppure l’indagine “PeRFeCT – partecipazione e rappresentanza femminile nei Comuni trentini“, realizzata dall’Università di Trento su incarico dall’assessorato provinciale alle Pari opportunità, presentata poco prima della tornata elettorale, aveva dato risultato incoraggianti. Sotto la lente sono finiti i dati sulla partecipazione femminile negli ultimi quattro turni di elezioni comunali in Trentino, dal 2000 al 2015. Nell’ultima tornata elettorale 5 su 32 sono state le donne candidate a sindaco, il 39% le candidate consigliere.

“L’analisi – sottolineato l’assessora alle pari opportunità Sara Ferrari – ci mostra la realtà del nostro territorio, mettendo in luce che gli interventi legislativi servono e sono serviti per aumentare la presenza delle donne nei consigli comunali. I dati ci dicono anche che questo non è sufficiente, perché permangono dei comportamenti di tipo culturale e tradizionale che ancora oggi non riescono a vedere il valore e l’innovazione che possono portare le donne all’interno delle amministrazioni comunali. Invece è importante ancora una volta sottolineare come la ricchezza di varietà all’interno dei luoghi decisionali sia strategica per la competitività di un territorio”.

A quali conclusioni è arrivata l’analisi?
L’indagine ha analizzato in ottica di genere le candidature, gli esiti elettorali, le procedure di voto e il comportamento nell’espressione delle preferenze.
“Dai dati emergono segnali incoraggianti – ha spiegato Cristiano Vezzoni – il 39% di candidate è in linea con la media dei comuni trentini. Questo dimostra come la legge elettorale per i comuni del 2004, che impone una quota minima di un terzo di donne in lista, abbia raggiunto il suo obiettivo“.

La risposta alla legge è stata immediata portando la presenza di candidate consigliere donne dal 22% del 2000 al 32% del 2005, per arrivare al 37% nel 2015. “Questo è un segnale positivo – ha sottolineato l’assessora Ferrari – in quanto dimostra come gli interventi legislativi attivati abbiano avuto un effetto concreto sulla realtà. Le liste e i partiti si sono velocemente adeguati al nuovo quadro normativo, imparando a dare il giusto spazio alle donne in lista”

Lo stesso non si può dire per quanto riguarda la carica di primo cittadino: “Qui le scelte delle liste sono ancora molto sbilanciate verso candidature al maschile”, aggiunge Ferrari.
L’indagine mostra infatti che le donne sono ancora estremamente sotto rappresentate fra i sindaci. Nei 16 Comuni al voto le donne candidate a guidare le amministrazioni sono state, come detto, cinque su 32. Il numero rispecchia il dato provinciale del 2015 con il 17% delle candidate, che si traduce in un 13% di donne effettivamente elette: oggi, come visto, anche meno. L’accesso alle cariche monocratiche risulta quindi essere un grande problema della rappresentanza politica femminile.

In altre parole: la traduzione delle candidature in effettivo accesso alle cariche elettive penalizza ancora le donne. Essendo quello per i comuni un sistema elettorale proporzionale, i dati mostrano come le candidate donne ricevano ancora meno preferenze dei candidati uomini. “L’introduzione della doppia preferenza di genere – ha sottolineato Vezzoni – potrebbe migliorare la situazione, aumentando i voti di preferenza per le donne candidate e di conseguenza la loro probabilità di accedere alla carica elettiva di consigliera comunale”.

Eppure dall’indagine è emerso che in numero assoluto, le donne che si recano alle urne sono più degli uomini elettori. “L’obiettivo della parità di genere in politica – aggiunge  la presidente della Commissione provinciale pari opportunità Simonetta Fedrizzi – sarà raggiunto quando il genere non rappresenterà più né un vantaggio né un svantaggio nella competizione elettorale. Ma per arrivare a questo è necessario oggi attivare meccanismi normativi che promuovano non solo la presenza delle donne in politica ma anche la consapevolezza degli elettori e delle elettrici che, una maggiore partecipazione femminile, sia una questione di giustizia sociale”.
“In tempi di sfiducia nella politica – ha infine precisato la Consigliera di Parità della Provincia autonoma di Trento Eleonora Stenico – la partecipazione delle donne può rappresentare un elemento di innovazione e avere effetti positivi per la qualità della nostra democrazia”.