Qualche giorno fa ho incontrato una donna manager di una delle più importanti aziende italiane. Nell’incontro mi sono scoperta a notare il potere di questa donna riflesso nei suoi collaboratori maschi e più in generale in tutti gli ospiti presenti. La donna in questione aveva una gestione un poco “nera” del potere, articolata in piccole follie calcolate che lasciavano intravedere un sottobosco basato su strategie ricattatorie. Il suo stile mi è parso del tutto simile al tanto vituperato sistema maschile con, in più, quel genere di cinismo e cattiveria a cui i maschi raramente si spingono.
In effetti, nella battaglia quotidiana che noi donne conduciamo nel mondo del lavoro, dovremmo fare un poco di autoanalisi e buttare un occhio a come si comportano certe nostre colleghe una volta arrivate al potere. Se è vero che di intelligenza al femminile c’è bisogno, allora che lo sia davvero… intelligenza. Penso che dietro la differenza biologica e di genere si nasconda un diverso modo di stare al mondo e questa diversità è un valore. L’aspirazione delle “pari opportunità” deve poggiare sul valore della diversità biologica, intellettiva che rende il maschio e la femmina due forze meravigliose e complementari. Una donna che fa l’uomo, infatti, non sarà mai superiore ad un uomo checché ne dicano le epigoni del complesso di superiorità femminile.
Una volta al potere le donne dovrebbero sentire forte questa responsabilità: portare il principio fondante della femminilità a guida delle aziende senza mai scimmiottare il maschio. Questo significherebbedavvero introdurre la donna nel mondo delle aziende, non promuovere le quote rosa nei CDA. Ma quante donne, oggi, occupano ruoli di potere in questa chiave? Quante ancora schiave di un retaggio femminista, sono disposte a tutto pur di affermare una superiorità femminile nei confronti del maschio? C’è la tentazione di schiacciare il genere maschile come se annullando le qualità del nostro “avversario” fosse davvero possibile la nostra realizzazione personale. Penso che questogioco al ribasso, lasci solo trapelare l’insicurezza che muove molte di noi.
Siamo arrabbiate. Siamo ancora troppo arrabbiate per gestire il potere senza far riferimento a questa continua dialettica maschio-femmina. Siamo talmente arrabbiate da non riuscire neanche ad accettare che il maschio possa essere un valore di crescita e di evoluzione necessaria alle donne. Se la natura parla per metafore allora la capacità biologica della fecondazione dovrà pur avere un senso anche in chiave intellettuale e valoriale.
Non è facile trovare un uomo del genere forse, ma quando lo si trova aprirsi a lui è la sola strada, accettare la capacità formalizzante del maschio di valore… ecco la grande sfida per ogni donna intelligente: superare l’atavico complesso di superiorità e diventare davvero capaci di accogliere per generare, produrre, sviluppare. Saper cogliere e accettare il seme migliore e ritrovare così un dialogo col mondo maschile, mettendo fine a questa sfinente dialettica. Accettare che il maschio giochi un ruolo fondamentale nella nostra vita, ci consente didiventare “persona”, perché il concetto di persona è molto più alto di quello di donna.