Proteggiamo i bambini, non le pistole

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«Se in un romanzo compare una pistola, bisogna che spari», scriveva il drammaturgo russo Anton Cechov. Parafrasandolo, potremmo affermare che se in una casa compare una pistola, bisogna che spari. Vorrei partire da qui per avvicinarmi al dibattito che in questi giorni ruota attorno al concetto di legittima difesa, all’ipotesi di concedere il porto d’armi ai cittadini che ne facciano domanda per un’adeguata difesa personale, alle implicazioni e agli specifici rischi che non riguardano solo gli adulti ma anche bambini e adolescenti.

Cosa succede se portiamo un’arma in casa, nella nostra famiglia? Ce lo insegnano gli Stati Uniti, dove le armi sono estremamente diffuse e dove anche le conseguenze psicologiche di questa presenza domestica sono ormai note. Stando ai dati di un report del 2015 pubblicato da ricercatori della Columbia University, in almeno un terzo delle case statunitensi è presente una pistola. Questa presenza, dicono gli studi più recenti e attendibili, è significativamente associata ad un rischio più elevato di omicidi e di suicidi riusciti: i primi triplicherebbero, mentre i secondi sarebbero 5 volte superiori.

E’ meno noto che i rischi maggiori riguardino bambini e adolescenti. Secondo i dati del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) relativi al periodo 2012-2016, ogni anno negli Stati Uniti le armi causano la morte di circa 2700 e il ferimento di oltre 14.000 minorenni. Gli infortuni da arma da fuoco costituiscono la seconda causa di morte, dopo gli incidenti automobilistici, per i teenager tra i 15 e i 19 anni. I bambini sotto i dieci anni, invece, sono i più coinvolti in omicidi e suicidi non intenzionali. E’ il caso di Bryon Mees-Hernandez, di 4 anni, rimasto ucciso per essersi accidentalmente sparato alla testa con la pistola trovata sotto il letto dei nonni. O di Cameron Price, anche lui 4 anni, morto perché suo fratello di 6, involontariamente preme “il bottone sbagliato” – come dirà nel corso dell’indagine – di una pistola che trova nella sua stanza.

In aggiunta ai rischi per la salute fisica, devono essere considerati quelli relativi all’impatto psicologico. La sola presenza di un’arma in casa, infatti, è in grado di plasmare i nostri pensieri e le nostre fantasie, modellare le nostre reazioni emotive e le nostre azioni. Le armi non solo consentono, ma in qualche modo stimolano la violenza: “Il dito spinge sul grilletto, ma anche il grilletto può spingere il dito” (“The finger pulls the trigger, but the trigger may also be pulling the finger”), diceva Leonard Berkowitz, Professore Emerito di Psicologia all’Università del Wisconsin, nel 1967. Averne una a disposizione ci sollecita ad una costante percezione di un mondo ostile, facilita l’emergere di pensieri aggressivi, ci rende ipersensibili ad offese e ingiustizie, moltiplicando gli agiti violenti anche in soggetti che non presentano tratti aggressivi di personalità: è il cosiddetto “weapon effect” o effetto arma. Un esempio? Tenere una pistola nell’auto rende più probabile uno stile di guida aggressivo, con manovre brusche, improvvise, e insulti agli altri automobilisti.

Il binomio adolescenti-armi in casa, poi, non è mai propizio, date le difficoltà dei teenager nel valutare le conseguenze di un comportamento a rischio, l’accresciuta intensità emotiva, l’impulsività nelle decisioni. 

samantha-sophia-606539-unsplashNel febbraio di quest’anno, alla Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, in Florida, 17 studenti sono rimasti uccisi sotto i colpi di pistola di Nikolas Cruz, ex studente 19enne dell’istituto. Dalla Columbine High School in poi, la psicologia sociale si è interessata a queste stragi, osservando come all’origine della violenza armata nelle scuole si possano spesso individuare dinamiche di isolamento ed esclusione, che si traducono in odio verso l’intero gruppo scolastico.

Secondo la prestigiosa American Academy for Child and Adolescent Psychiatry l’unica misura realmente efficace per proteggere bambini e adolescenti da questi rischi è “ridurre la presenza di armi nelle case”, in aggiunta a interventi di sensibilizzazione sui pericoli delle armi e sull’aumentato rischio di morti accidentali, omicidi e suicidi. Negli USA gli adolescenti sono sempre più attivi e impegnati su questi temi: lo scorso marzo decine di migliaia di studenti hanno preso parte ad una manifestazione contro la violenza derivanti da arma da fuoco nelle scuole. Una ragazzina ritratta in una delle foto diffuse dai giornali alzava il cartello: “Proteggiamo i bambini, non le pistole”.

gunsAnche qui da noi, sarebbe auspicabile avere un approccio meno sbrigativo e un po’ più lungimirante. Le paure di molti cittadini sono vive e reali: non vanno sminuite ma neppure amplificate o nutrite di informazioni e cifre che veritiere non sono. Non sottovalutiamo il rischio di mettere un’arma nelle mani di soggetti che, seppur in grado di usarla, potrebbero risultare incapaci di gestirla, custodirla, tenerla lontana dalle proprie intemperie emotive e dai figli. Il pienone di visitatori all’inaugurazione di una recente fiera sulle armi, che vedeva padri con figli minorenni al seguito provare diversi modelli di mitra, non restituisce uno scenario rassicurante.

In conclusione, cosa succede se portiamo un’arma in casa? Lo scrittore Chuck Palahniuk definisce la pistola di Cechov “una promessa o una minaccia che va mantenuta per concludere una storia”. Prima o poi sparerà. Ricordiamoci che molto spesso non lo farà per il motivo (ammesso e non concesso che ve ne sia uno accettabile) per cui quell’adulto, magari genitore, l’ha voluta, acquistata, introdotta tra le mura di casa propria e nelle menti di chi la abita.