“L’utero è mio e lo gestisco io”. Da quant’è che non si sentiva urlare questo slogan, nelle aule degli atenei? Dal Sessantotto, direi, e comunque non oltre gli anni Settanta. Ho un passato alla Statale di Milano diciamo negli anni Novanta, ma allora il femminismo all’università era passato di moda. Si gridava contro la mafia, oppure contro Berlusconi. Ma degli slogan femministi non c’era nessuna traccia. Ecco perché il sit-in delle studentesse dell’Università Cattolica di Santiago, in Cile, mi è balzato agli occhi come un sasso nello stagno.
A centinaia hanno manifestato, in quest giorni, contro la mancanza di misure che prevengano e puniscano la violenza sessuale. «L’università ignora le donne», hanno scritto sulle lenzuola appese ai muri. In questi ultimi mesi, i cortei delle donne sono stati molti, da quelli di Women’s march a quelli di #Me Too. Ma quanti striscioni avete letto tra le aule degli atenei?
Le studentesse di Santiago dicono di aver denunciato oltre 40 casi si sexual harassment dall’inizio dell’anno. E dicono che il rettore, Ignacio Sanchez, le ha ignorate. Così, venerdì scorso hanno deciso di occupare l’università.
Ieri l’occupazione “femminista” della Pontificia Università Cattolica si è conclusa. Il movimento ha raggiunto un accordo col rettore Sanchez: la portavoce della protesta, nata nella facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo, ha detto di aver ottenuto la realizzazione di una raccolta dei casi di abusi non adeguatamente affrontati negli ultimi anni, sostegno psicologico per le vittime e una riformulazione del protocollo di denuncia in caso di molestie. Inoltre, il rettorato ha promesso che si impegnerà per il rispetto dei diritti delle studentesse trans del campus, che potranno utilizzare il loro nome sociale e non anagrafico e bagni neutri, che saranno realizzati negli edifici dell’ateneo di Santiago. «Anche se siamo felici – ha detto la portavoce – la lotta non finisce qui, le manifestazioni continueranno». Per esempio, continuerà per le strade della capitale cilena il 6 giugno prossimo, quando la Confederazione degli Studenti del Paese scenderà di nuovo in piazza.
Il Cile è lontano, direte voi. Ma non è la prima volta che balza al centro dell’attualità mondiale e si fa avanguardia. Salvador Allende insegna. E se il femminismo torna nelle aule dell’università, allora vuol dire che c’è speranza. Perché se i diritti delle donne tornano al centro dell’agenda dei giovani e queste due istanze si saldano insieme, allora la spinta verso il cambiamento sarà più forte. Bentornato, femminismo tra i banchi.