Brexodus, storia malinconica di una partenza

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Il commento che ricevo immancabilmente quando spiego di essermi trasferita qui a Bruxelles dopo 13 anni di vita in Inghilterra é: “Ah, immagino a causa della Brexit”.

Benché non sia stato cosi – una nuova offerta lavorativa mi ha spinto a fare questo passo – è difficile convincere chi vive nel cuore dell’Europa che i motivi della mia partenza non siano né senso di tradimento provato il giorno del referendum sulla Brexit né l’insicurezza riguardo al nostro destino come cittadini europei in UK.

Da due settimane sono diventata una dei tanti europei che hanno deciso o stanno considerando di lasciare il Regno Unito. Questo fenomeno, per cui é stata inventata l’espressione calzante e quasi epica di Brexodus, preoccupa gli economisti tanto quanto rassicura i militanti pro-Brexit.

Ricordare alcuni numeri può aiutare a capire la sorprendente entità della tendenza – soprattutto se si pensa che ancora nulla é cambiato e che alla Brexit vera e propria mancano minimo 16 mesi:

  • 122mila cittadini UE hanno deciso di lasciare il Regno Unito tra marzo 2016 e marzo 2017, ovvero 33mila in più rispetto all’anno prima, secondo le ultime statistiche del ONS (l’Istat britannica);
  • 134mila inglesi, ovvero 8mila più dell’anno precedente, hanno deciso di lasciare la Gran Bretagna. Molti di loro si definiscono Brexiles, ovvero gli esiliati della Brexit;
  • 1 dottore europeo ogni 5 sta facendo piani concreti per lasciare il suolo britannico, con grande allarme del servizio sanitario nazionale che si avvale oltre 12mila dottori europei (8% del totale);
  • Se si contano anche le infermiere, sono 25mila i professionisti del settore sanitario che stanno attivamente considerando di emigrare;
  • 1300 accademici hanno lasciato il Regno Unito nel primo anno dopo il referendum. Da Cambridge per esempio se ne sono andati ben 184 cervelli;
  • E’ probabile che più del 50% dei professionisti europei altamente qualificati impiegati in aziende del FTSE 250 lascino il Paese prima della fine dei negoziati;
  • Le domande di britannici che vogliono ottenere un’altra nazionalità europea sono raddoppiate.

Il messaggio che vorrei dare al Regno Unito non è allarmista o minaccioso, come tanti di quelli che hanno supportato il ‘Remain’ nella campagna del referendum invece stanno facendo.

st-pancrasE’ stato piuttosto un addio malinconico, quello che ho dato sul binario dell’Eurostar a St Pancras, e sospetto che dietro quei numeri ce ne siano tanti altri simili, con lacrime e rimpianti. Da giugno 2016 ad oggi ho visto un Paese trasformarsi: dalla politica, stranamente amatoriale e confusionaria rispetto agli altissimi standard a cui sono stata abituata, alla società, diventata improvvisamente introversa e satura di pregiudizi. Quello che mi dispiace di più è vedere che la spirale di incomprensioni e astio dei negoziati Brexit filtri nei discorsi delle più piccole comunità locali da entrambe le sponde della Manica.

brexodus2Esorto sia gli europei come me che gli inglesi in Europa a evitare di rafforzare l’immagine già troppo diffusa che “è tutta colpa della Brexit”. Ci sono innegabili difficoltà a districarsi da un’unione durata più di 40 anni, ma rinnegare tutti i pregi e i vantaggi sia dei 27 rimanenti stati membri dell’UE sia del Regno Unito non aiuta nessuno.

Infine spezzo una lancia per il Paese che mi ha accolta a 17 anni, istruita in maniera impeccabile, dato una borsa di studio per il mio dottorato, permesso di trovare un lavoro e di fare carriera rapidamente: che alla fine di questa brutta caotica separazione si salvi ciò che di meglio c’è nella Perfida Albione.

  • Costanza |

    Una domanda: è vero che la monarchia e i nobili hanno voluto fortemente questa deriva anti europea?

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