Sono nata in Basilicata, vissuta in Sardegna e da lì trapiantata prima a Roma e poi a Milano. Dopo la laurea in psicologia clinica ho concentrato da subito buona parte del mio lavoro clinico donne vittime della violenza maschile, alla formazione e sensibilizzazione degli operatori sul tema tema. Come psicoterapeuta a indirizzo psicosomatico, rivolgo una particolare attenzione al corpo che, come il cervello, ricorda, contiene ed elabora, i traumi come le emozioni. Credo nelle capacità di guarigione di ciascuno e nel recupero e nella promozione del benessere psicofisico. Il mio, di benessere, lo curo facendo torte con i miei bambini, viaggiando con loro e con mio marito, andando in bici, leggendo e coltivando amicizie e relazioni.
Un primo passo per poter costruire una cultura della non violenza è mettersi nei panni dell’altro, eppure questo sembra essere molto difficile, talvolta impossibile, quando si parla delle donne maltrattate. Accade molto più spesso che ci si metta nei panni dell'uomo, del maltrattante. Questa mancata immedesimazione, questa mancata empatia è spesso sostituita dal giudizio, dalla critica, dalla colpevolizzazione. Perché a un osservatore esterno risulta difficile, quasi impossibile, capire come una donna possa vivere, talvolta per anni, accanto a un uomo che la insulta, denigra, controlla, picchia. Più che vittime della violenza...
Restate a casa. Questo è un monito che in questo momento di massima emergenza abbiamo tutti ben presente. Restare a casa è l'unico strumento che abbiamo per metterci al sicuro da un nemico invisibile, ma potente, il coronavirus, un pericolo che è lì fuori e che dobbiamo quindi evitare. L'invito a “restare a casa”, però, non evoca in tutti sensazioni di sicurezza e protezione perché, non per tutti, le mura domestiche rappresentano un luogo sicuro. Sicuramente non per le donne che proprio in casa loro subiscono insulti, violenze fisiche, maltrattamenti. Per queste donne questo semplice hashtag rischia di diventare una...