
(Photo by Marco Alpozzi/LaPresse)
«L’integrità personale è il fondamento dell’amore di sé. Le donne che sono sincere con sé stesse e con gli altri non hanno paura di essere vulnerabili». Così scriveva l’attivista femminista bell hooks in “Tutto sull’amore”. A definire l’amore in questa direzione, al Festival di Sanremo, non sono le cantanti della “nuova” generazione da cui ci si aspetterebbe anticipate consapevolezze a riguardo. Ma artiste come Loredana Bertè e Marcella Bella che, senza esitazioni, a 74 e 72 anni lanciano dal palco i messaggi più giovani e sfacciati : «Sono pazza di me» cantava Bertè lo scorso anno conquistando il premio Mia Martini.
In questa edizione del festival, la 75esima, le fa eco Marcella Bella con la sua “Pelle diamante”: «La mia più grande fan sono io» intona dall’Ariston. Parole che arrivano dritte, dando sostanza alla troppo spesso nebulosa e inflazionata definizione di “empowerment femminile”: nient’altro che il potenziamento di sé e della propria capacità di autodeterminazione. Un processo attraverso cui le donne acquisiscono maggior potere e controllo sulla propria vita e sulle proprie scelte. Canzoni sanremesi incluse.
Il potere trasformativo di amarsi
«Le giovani donne che stanno diventando adulte all’indomani del movimento femminista contemporaneo sono tra le più ciniche riguardo all’amore» dice ancora bell hooks. È così?
A giudicare dai testi che le artiste più giovani hanno portato a Sanremo sembrerebbero prevalere discorsi sull’amore e sui rapporti disincantati e cinici che hanno più a che fare con parabole drammatiche delle relazioni che con l’emancipazione dei sentimenti.
«Se ti innamori muori» canta Noemi, «Mi hai fatta piangere fuori dallo stadio» racconta Francesca Michielin mentre Elodie si chiede «Dove vai amore, Dove vai, Rimani». L’amore, troppo spesso rappresentato in modo edulcorato, ha invece ancora tanto da raccontare nella sua carica trasformativa e rivoluzionaria. Soprattutto quando si rivolge verso la scoperta di sé e sonda tutte le profondità, fragilità incluse. Una chiave di lettura che si fa prima necessaria. Poi urgente. «Perché mi sono odiata abbastanza» sottolinea Bertè, invitando all’amore per sé prima di ogni altra cosa.
Un potere trasformativo, quello dell’amore per sé, di cui le donne hanno più bisogno degli uomini perché maggiormente sottoposte al costante giudizio esterno che invalida anche l’auto-percezione: la “sindrome dell’impostore” colpisce più loro e affonda le sue radici nel mancato riconoscimento del proprio merito e valore. L’espressione deriva da un concetto formulato negli anni Settanta dalle ricercatrici e psicologhe statunitensi Pauline Clance e Suzanne Imes che stavano conducendo uno studio su un gruppo di donne di successo e descrive l’esperienza soggettiva di persone che credono di non essere intelligenti, capaci o competenti quanto i risultati da loro conseguiti nella vita suggerirebbero, e che per questo motivo vivono nella paura costante di essere scoperte e screditate. Diventare le proprie prime fan, come canta Marcella Bella, annienta l’impostora e fa spazio al talento. Senza esitazioni ma con nuove consapevolezze.
Farsi spazio e crearlo per le altre attraverso la musica
La consapevolezza di amarsi per poter amare e farsi amare, consolidata dagli anni di esperienza in più di artiste come Bella e Bertè, è ciò su cui è necessario creare un dialogo intergenerazionale. Soprattutto perché il mondo, mercato musicale incluso, non è ancora a misure di donne. Per farsi spazio, le artiste devono crearlo. Valorizzandosi prima di tutto a partire dalle canzoni, restituendo centralità al potere della parola e del corpo che, occupando spazio, ne crea di nuovo. Invece, mentre la fisicità e l’estetica delle artiste continuano ad essere nel mirino dei discorsi pubblici, le playlist italiane sono presidiate da uomini.
Basta guardare alla top 10 degli artisti più ascoltati del 2024 (dati Spotify). In vetta c’è Geolier, per trovare una donna occorre scendere al quinto posto, occupato dalla rapper Anna. Ed è l’unica. Il pop italiano ama poco le donne, a differenza del resto del mondo. Taylor Swift, con 26,6 miliardi di stream, nel 2024 è stata l’artista più streammata al mondo per il secondo anno consecutivo. Bllie Eilish a giugno ha battuto il record di artista più giovane di sempre con 100 milioni di ascoltatori mensili su Spotify.
Il corpo delle donne nel mirino dei commenti, a tutte le età
«Io faccio e scelgo di fare pop. Scelgo di farlo modo mio. Scelgo di semplificare certe parole per arrivare a più persone possibili» ha spiegato in sala stampa la cantante Gaia, in gara al festival di Sanremo con la sua “Chiamo io, chiami tu”. Le domande sul corpo, che si sostituiscono a quelle sua musica, non sono arrivate solo per lei. Ma anche per altri big in gara: non si tratta di uomini ma di altre artiste. Elodie lo aveva già ribadito più volte: «Il mio corpo è un manifesto politico di donna libera» chiariva in occasione della pubblicazione del suo clubtape “Red light”. Clara, in gara al festival con “Febbre”, in sala stampa ha risposto così ai commenti sul suo corpo: «Mi dispiace se qualcuno si ferma solo a quello. Leggo sempre i commenti e mi è dispiaciuto ricevere critiche da altre donne. Non si può giudicare il sentimento di un altro. Ma non mi ferisce per me, mi dispiace per loro».
Il giudizio sui corpi non risparmia nessuna. Anzi, è parte integrante dell’ageismo di genere: doppiamente discriminante poiché alla componente dell’età anagrafica si somma la discriminazione legata al genere. Così, ai pregiudizi dovuti all’essere donna si aggiungono quelli dovuti all’età e all’invecchiamento. Lo sguardo ageista sul corpo delle donne guarda all’invecchiamento in modo diverso rispetto a quello degli uomini. Mentre quest’ultimi migliorerebbero con l’età, le donne subirebbero il declino del corpo: la scrittrice Susan Sontag lo definì «il doppio standard dell’invecchiamento» per cui le donne di “una certa età” vengono escluse dall’ideale di bellezza in quanto ritenute espressione di un’estetica che entra in conflitto con il concetto di salute e benessere. In questo senso, cantare l’amore per sé anche a Sanremo, è un atto rivoluzionario.
Personale e politico insieme affinché le donne smettano di essere considerate «un grande esempio per le donne», come ha detto Carlo Conti a Bianca Balti nella seconda serata, ma siano riconosciute per ciò che Balti ha prontamente sottolineato: «Soprattutto noi donne siamo sempre un grande esempio per gli uomini».
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