“El cuento perfecto”. “The perfect story”. “Il racconto perfetto”. Questo è il nome della mini serie Netflix, trasposizione televisiva del best seller scritto da Elísabet Benavent, che questa estate è stato cinque settimane nella top ten di Netflix contemporaneamente in 78 Paesi. Un successo planetario dell’autrice che, già prima di questo, ci ha regalato una serie cult uscita in tre stagioni sempre su Netflix: Valeria. Ma veniamo a lei: Benavent, valenciana, under 40, con all’attivo già 20 pubblicazioni vendute in milioni di copie e un profilo Instagram che, con il nome Betacoqueta (il suo alter ego), conta circa 500mila follower. Nasce come professionista della comunicazione e negli ultimi dieci anni ha infilato un best seller dietro l’altro, realizzando il suo sogno di diventare scrittrice.
Profondità dei temi e uno stile leggero
Il 19 settembre 2023 “Il racconto perfetto”, il libro da cui è tratta la serie, è uscito in Italia per Salani Editore e ho incontrato e intervistato l’autrice a Milano, durante il suo tour che ha toccato la penisola da Pordenone a Roma. Ma quindi stiamo parlando del libro o della serie? Di entrambi, perché la serie replica pedissequamente le parole del libro. E io la serie la ho adorata, a tal punto da averne parlato a tutti e tutte, averla vista di fila quattro volte (mai successo prima d’ora) perché ho apprezzato il progetto nel suo complesso, un capolavoro di edutainment con chiari valori femministi, capace di profondità e di leggerezza, che ha sbancato in tutto il mondo.
Uno stile di ballo poco eteronormativo
La serie spagnola è interpretata da Anna Castillo (Margarita) e Alvaro Mel (David): le giovani generazioni di attori e attrici sono molto consapevoli dei temi di cui tratta il libro e finalmente le storie oggi vengono raccontate anche da altri punti di vista, rompendo lo schema del “si è sempre fatto così, la gente si aspetta di leggere/vedere quello che ha sempre visto/letto”. Ho spalancato gli occhi nel sentire David spiegare sornione a Margarita che il modo in cui ballava poteva sembrarle buffo perché era il suo modo, e non uno stile molto eteronormativo.
Le competenze tecniche da sole non bastano
Ho chiesto di incontrare Elísabet Benavent perché volevo sapere se quello che avevo percepito del prodotto di cui avevo fruito, fosse veramente la realtà. Spoiler: lo era. Ma cosa mi ha colpita? Mentre guardavo il film esplodeva nel mondo la storia di Hermoso, e tutto il team, dall’autrice alla regista, ha espresso un forte sostegno alla calciatrice. “Un racconto perfetto” è un prodotto scritto da un’autrice femminista under 40, realizzato da una regista under 30 e da un team molto allineato ai valori espressi nel libro dall’autrice: ci si sceglie la squadra, e le competenze tecniche da sole, oggi, non bastano più, per ottenere risultati straordinari.
Decostruzione della mascolinità tossica
Dopo il monologo magistrale di America Ferrera in Barbie, anche qui troviamo temi complessi di equità di genere, resi in modo molto organico, consapevole e leggero. Per Benavént, femminismo significa remare tutti nella stessa direzione. È da superare il solito schema del “macho poderoso” e sono da invertire le parti: Margarita è la vicepresidente di un’azienda, di famiglia borghese, e David è un ragazzo di provincia che fa tre lavori per vivere: il barista, il baby-sitter e il fiorista. David/Alvaro è un ragazzo di 27 anni che, come molti giovani della sua età, si rifiuta di incarnare oggi un modello di mascolinità che non gli appartiene, e parla di “decostruzione della mascolinità tossica” proprio come ha dichiarato di recente anche l’attore Massimiliano Caiazzo, uno dei protagonisti della serie “Mare Fuori”.
Non esiste solo un modello di donna
“No hay una manera de ser mujer”: per Elísabet Benavent è importante con il suo lavoro contribuire a superare gli schemi, i pregiudizi. È importante parlare di educazione emozionale, di indipendenza, di quanto i vincoli abbiano condizionato le donne obbligandole a rivestire ruoli imposti, sempre sotto la pressione del giudizio. Abbiamo parlato di edutainment, dell’importanza di associare all’educazione anche l’intrattenimento. Betacoqueta mi ha confermato che per lei l’uso dell’ironia, del sorriso, del ridere, sono leve importantissime. A partire dalla capacità di saper ridere di sé. Le ho confessato che ho chiesto ai miei bambini di guardare con me una puntata, come allenamento all’empatia: prima o poi le emozioni si vivono sulla propria pelle, ma è anche sentendo le emozioni degli altri che si impara.
Liberare gli uomini dai condizionamenti
Abbiamo parlato di educazione ai sentimenti e del bisogno che anche gli uomini hanno di liberarsi dai condizionamenti a cui sono soggetti, ed è proprio con questa battuta che ci lasciamo quando le chiedo come si immagina possa essere un possibile spin off della storia, con protagonista David. Un amico regista mi ha detto che mi piacciono le produzioni solluccherose in chiave femminista. Gli ho risposto che mi piace vedere come parlare di valori femministi sia possibile, porti la gente a comprare libri, seguire serie, e vedere i film al cinema, facendo circolare bilioni di dollari. Che poi, chi non è passato per la scelta di restare, o rinunciare a un racconto che sapeva di perfezione?
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