Si può lavorare da remoto e, allo stesso tempo, contribuire alla salvaguardia dell’ambiente e allo sviluppo delle comunità locali? Lenovo sostiene di sì. E cerca di dimostrarlo con il suo nuovo progetto “Work for Humankind”.
I vincitori scelti tra i partecipanti al bando (aperto a chiunque, da qualsiasi parte del mondo), trascorreranno quattro settimane su Robinson Crusoe, isola dell’arcipelago delle Isole Juan Fernández, nel Pacifico meridionale a circa 700 km dalla costa del Cile. Divideranno le loro giornate tra il proprio lavoro e le attività di volontariato.
Solo 24 mesi fa la fusione di questi due ambiti in una località paradisiaca avrebbe fatto quantomeno alzare un sopracciglio. Oggi sembra una possibilità ponderata come esperienza di vita. Anzi, secondo i promotori del progetto, addirittura richiesta da molti. Dopo l’inizio della pandemia il nomadismo digitale non sembra più solo una pratica per, solitamente, giovani viaggiatori-avventurieri muniti di laptop pronti a svolgere professioni di ogni sorta, purché, online in luoghi affascinanti. Per alcuni è diventata un’opzione da valutare, nel momento in cui considerare se tornare alle prassi di ufficio conosciute.
È indubbio: certi parametri che definivano le aspettative dello svolgere un lavoro – come un guadagno sicuro, una carriera, il raggiungimento di uno status professionale – si sono incrinati. Quando si sono svuotati gli uffici, sono emerse nuove metriche per valutare i modelli occupazionali precedenti e, anche, le implicazioni ambientali e sociali a questi connesse. Un’insofferenza crescente rispetto agli equilibri di prima tra vita lavorativa e inclinazioni personali, che ha portato a fenomeni dagli effetti anche dirompenti – su tutti, per esempio, la great resignation.
Il progetto di Lenovo si introduce e batte sulla cultura del “work from everywhere”, un po’ un mantra dei nomadi digitali degli anni ‘10, e ne amplia il panorama. Da un’interpretazione individuale a una dimensione di cooperazione. Per quanto ridotta nel tempo. Lo fa alla luce di uno studio approfondito sulle aspettative di oltre 15mila tra Millennials e Gen Z, provenienti da 10 Paesi, dalla Cina all’Italia, dal Brasile all’India.
Secondo i numeri, quattro su cinque intervistati (uomini e donne tra 18 e i 40 anni) ritengono che lavorare da remoto sarebbe vantaggioso per la società, i datori di lavoro e i dipendenti. Il 61% reputa molto importante poter avere un impatto positivo su una comunità locale. E il 60% conferma che la tecnologia attuale ha permesso più flessibilità. Inoltre, per la maggioranza poter lavorare da ovunque rende più produttivi e permette meglio la realizzazione del proprio potenziale.
Qualsiasi cosa in qualsiasi luogo
“La pandemia ci ha insegnato che possiamo fare qualsiasi cosa in qualsiasi luogo”, ricorda Natasha Perfetti, country marketing manager di Lenovo. Ma se da una parte le innovazioni hanno facilitato e offerto nuove opportunità “la digitalizzazione può creare divari. Allora davvero serve una smarter technology for all, offrire a tutti la possibilità di usare la tecnologia”.
La trasformazione del lavoro verso modalità totalmente da remoto o ibride, per come è esplosa dal 2020, è stata capace di mettere in discussione la bilancia tra lavoro, famiglia e passioni. Ha consolidato la strada proprio al concetto di work from everywhere. Contemporaneamente, come conseguenza di questa flessibilità dei luoghi, ha fatto crescere l’attenzione per la conservazione e, quindi, il desiderio di restituire alle comunità. Secondo la ricerca Lenovo, il 70% degli intervistati è disposta a lavorare più ore da una località da sogno di loro scelta, invece che andare in ufficio ogni giorno. Il 61% ritiene molto importante offrire qualcosa in cambio di una simile opportunità e avere un impatto positivo nei posti dove (potenzialmente) si trovassero.
Ecco allora che trova ragione ancora più solida il tempo di volontariato – circa 20 ore settimanali – che i vincitori dell’iniziativa “Work for Humankind” dedicheranno ai progetti gestiti da Island Conservation. Lenovo sta installando su Robinson Crusoe un hub tecnologico che ovviamente supporterà il lavoro dei knowledge workers, ma soprattutto resterà a disposizione degli abitanti dell’isola una volta chiuso il progetto. Lo spiega David Will Head of Innovation della non-for-profit: “L’innovazione ci consentirà di sviluppare soluzioni di connettività che accelereranno la nostra capacità di implementare azioni di conservazione efficaci […] di preservare il ricco habitat dell’isola e le specie in via d’estinzione. Migliorerà la nostra capacità di lavorare con le comunità insulari della regione negli anni a venire”.
La tecnologia, questa volta, vista nel suo utilizzo nobile e abilitante, che permettere di vivere secondo tempi e luoghi diversi dalla giornata in ufficio 9-17. Di creare connessioni fuori dall’orizzonte conosciuto e, allo stesso tempo, di contribuire alla salvaguardia della bellezza remota e delicatissima di luoghi dal fascino innegabile.
È possibile presentare entro il 30 dicembre le candidature per partecipare a Work for Humankind da qualsiasi parte del mondo ci si trovi. Tutte i dettagli e il bando con le procedure di candidatura al sito: Work for Humankind
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