Le nuove regole sull’abbigliamento dei giornalisti date dalla direttrice di rai3 Daria Bignardi hanno dato il via a un dibattito acceso. La neo-direttrice solleciterebbe un abbigliamento più composto e meno vistoso, con camice dai colori tenui, gonna o pantalone, tacco basso e trucco leggero per le donne, e completo con camicia e cravatta sobria per gli uomini. Insomma no ai look sexy o eccessivi, bandendo in particolare scollature e orecchini oversize.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Secondo alcuni “Bignardi invoca uno stile dimesso”, “da suora”, “sconfortante”, “surreale”. Qualcun altro parla di “diktat” e di “omologazione”. E se invece si trattasse solo di buon senso? Buon gusto? Rispetto per l’utenza da parte di un servizio pubblico? E in caduta, anche una forma di rispetto per la giornalista stessa (e il giornalista stesso), che con maggior consapevolezza del proprio messaggio non verbale (il look, l’aspetto, e potendo anche la postura!), possono rafforzare la loro immagine professionale, tralasciando la deriva esibizionista o decisamente informale che può, eventualmente, appartenere ad una sfera esclusivamente privata.
O forse va bene il tubino in lattice visto di recente al TG2? O gli orecchini vistosi abbinati a scollature tanto generose da fare dimenticare la notizia? O le cravatte fantasiose che nemmeno negli anni ’70?
Anzi, c’è da stupirsi non tanto per la decisione di Bignardi, ma per il fatto che ci sia arrivata solo lei, e non l’Azienda Rai, per dire. E perché non ci siano arrivate, a quanto pare, nemmeno Mediaset o La7 a dare indicazioni più specifiche per coordinare meglio l’immagine dei loro tele-giornalisti.
Insomma, basta fare un giro dei vari telegiornali, per imbattersi ad ogni ora nei look più improbabili, che confondono il giorno con la notte, l’informazione con lo spettacolo, l’equilibrio con la confusione. E’ questo forse che dovrebbe far discutere.
La giornalista Myrta Merlino sostiene che “l’autorevolezza di una persona si costruisce con il duro lavoro e la professionalità e non con lo stile adottato”. L’autorevolezza però non può prescindere dall’immagine, specialmente se questa appare esibita, aggressiva, o incoerente, o poco curata, o scialba, perché l’immagine dovrebbe portare con sé i valori che sottendono al ruolo.
Ed il ruolo di una telegiornalista è quello di dare e commentare notizie, non fare notizia e, per nemmeno fare la velina. E poi dovrebbe rappresentare la sua azienda. Non il suo guardaroba. Perciò capi femminili ma non provocanti, giacche ed abitini anche sagomanti ma non stretch, un trucco poco appariscente, capelli in ordine, perché mai dovrebbero farla apparire una ‘suora’? Perché mai dovrebbero negarne la femminilità come ha sostenuto qualcuno?
Femminilità e professionalità non sono negazione l’una dell’altra, ma anzi possono e devono arrivare come un messaggio coerente, e perciò bisogna giocare di controllo ed equilibrio, ovvero di sobrietà: chi assimila il termine sobrio all’essere dimesso, non ha veramente chiaro questo concetto.
E se guardando oltreoceano non si può non citare Katie Couric, giornalista e anchorwoman per NBC, CBS ed ABC, che nel corso degli anni ha sempre mantenuto un appeal decisamente femminile ma professionale, sicuramente non monacale, tra le italiane citerei Cristina Parodi per essere stata quella che in modo coerente e continuativo ha interpretato lo stile elegante e curato nel tele-giornalismo.