Dell’arte della meraviglia e del farlo attraversando Milano.
Nel mese di agosto 2018 ho deciso di sospendere da Facebook un discreto numero di amici e conoscenti, o meglio, di nascondere temporaneamente dalla mia timeline – che è il flusso degli aggiornamenti live – i contenuti di molte persone che conosco, a cui sono connessa, ma che avevo impressione potessero intasarmi di contenuti il profilo, a discapito di altri che non vedevo praticamente mai. Ho voluto ingannare un po’ la filter bubble che è quella bolla in cui siamo racchiusi quando un sistema ci continua a proporre contenuti e persone per affinità.
Un po’ l’ho fatto perché se non ti sforzi di leggere anche quello che non ti piace, non puoi capire esattamente quello che ti sta intorno, e un po’ perché dai, se non si selezionano i contenuti e si fa un po’ di pulizia, star lì dentro è una perdita di tempo incredibile e noi sappiamo benissimo che lo screen time management – l’ottimizzazione del tempo da dedicare alla fruizione dei contenuti web – è una delle competenze digitali da sviluppare.
Ho 1.235 connessioni su Facebook, e mi sembrava strano che molte di queste, che interagivano con like e commenti, non apparissero mai come contenuti. Pochi giorni dopo, ecco che arriva lei, Valentina, persona di valore e riservata dalle pochissime condivisioni, a contribuire con la condivisione di un video di una realtà a me fino ad allora sconosciuta. Ho scoperto un’iniziativa che era l’esatta risposta ad una domanda che non ero ancora in grado di formulare esattamente: come quando ti rendi conto di avere un bisogno e che qualcuno, evviva, ha già pensato ad una soluzione per il tuo bisogno.
In questi giorni sto leggendo il libro “Lezioni di meraviglia, viaggi tra filosofia e immaginazione”, di Maura Gancitano e Andrea Colamedici, edizioni Tlon. Maura Gancitano è proprio la protagonista di quel famoso video condiviso da Valentina. Ho acquistato il loro libro a Milano a dicembre, durante una serata che mi sono regalata con loro due come protagonisti: una lezione di filosofia, due ore di interazione sul senso della vita. Uno degli allenamenti mentali che augurerei a tutti di fare, da cui sono uscita con un grande sorriso e una immensa verità: se è vero che la vita è breve, è vero anche che è larga. Sta a noi, quindi.
Il libro parla dell’atteggiamento mentale di chi decide di rimanere ad ascoltare, a guardare, di fronte a ciò che lo può perturbare, quindi meravigliarsi nel bene e nel male. Dove accogliere la meraviglia non significa concentrarsi solo sulle cose belle che ci accadono, ma saper accogliere il nuovo e il diverso, sapendo mettere in dubbio la propria convinzione. Essere disposti a usare il dubbio come strumento per la ricerca della felicità, come dimensione in divenire.
È con quegli occhi che guardo Milano, gli occhi di chi ci è nata e l’ha lasciata a 20 anni per andare lontano, senza esserne particolarmente innamorata, ma che poi, tornandoci qualche anno dopo, si è innamorata profondamente di lei e del suo valore, anno dopo anno, sempre di più. La guardo con la curiosità del bambino che è capace di stupirsi, di vedere il bello passandoci attraverso. Come quando si aprono i portoni e ci vedi dentro quei cortili straordinari, quegli scorci inenarrabili.
Come quando, passando velocemente tra un appuntamento e l’altro nella sua piazza principale, un giorno di Dicembre prima di Natale alle 18.30, alzi il naso in su e improvvisamente ti lasci rapire da questa meraviglia, e inizi a goderti lo spettacolo, di un calendario dell’avvento animato e inaspettato e di una luna piena che diventa il puntale dell’albero di Natale.
Un augurio di grandi dubbi e profonda meraviglia, e di tante gite a Milano, che anche sotto Natale è stupenda.