Mi chiamo Fortuna, e ci vuole un bel coraggio a portare questo nome dove sto io, e infatti tutti mi chiamano Chicca. Chissà cos’è venuto in mente alla mamma quando ha scelto Fortuna per me… forse voleva che fosse un augurio, si danno dei nomi belli a cose che non sono mica belle qua a Caivano, Caivàne, come dicono tutti.
Non so se sapete cos’è Caivàne. Neanche io lo sapevo, quando sono venuta al mondo, poi non ci ho fatto più caso perché quando vieni su in un posto, quel posto per te è tutto quello che c’è, e anche se non ti piace, se non piace a nessuno di quelli che hai intorno, pensi che, alla fine, deve essere uguale dappertutto. Ormai l’ho capito che non è così, sono grande, ho sei anni compiuti. Adesso so che ci sono dei bimbi che non c’hanno Fortuna nel nome ma sono più fortunati perché non nascono in posti con un nome bello bello, Parco Verde, ma poi fanno schifo, puzza tutto e se pianti un pomodoro mica lo mangi perché siamo nella Terra dei Fuochi, e anche questo sembra bello come nome ma fa schifo, che voi l’avete mai vista la terra bruciare da dentro, da sotto, che viene fuori solo un fumo che non si respira? Noi andiamo tutti a messa, crediamo in Dio, anche i grandi che fanno quelle cose ci vanno, e hanno voluto mettere Padre Pio all’ingresso, ma mica protegge nessuno quello, di sicuro non protegge me, nonostante il nome che porto addosso.
Lo vedete quel sei scritto col carboncino sul cemento? Ecco, quello è il mio piano. Al settimo ci sta il papà della mia amica, ma poi non è mica il papà, sta solo con la sua mamma, come con la mia mamma non ci sta il mio papà, qua è normale, a Caivàne si fanno figli presto, si cresce presto… tutto succede presto, non si è mai bambini qui, non lo sono neanche io, che sto al sesto e adesso quello del settimo, il papà della mia amica, mi sta addosso sul terrazzo, all’ottavo, e prova, prova a farmi delle cose, quelle cose, che mi dicono che devo stare zitta, che il male poi passa, ma non passa mica, io lo sento dentro che mi fa sempre male, e non voglio che succeda più, perché io sono una bimba, non è vero che sono grande come vi ho detto prima, sono piccola e ora lui mi sta addosso, io calcio, mordo, mi morsica anche lui.
Poi mi prende su, in braccio, l’ho visto nei film che si fa così quando ci si sposa, e lui l’ha già fatto ad Antonio, che c’aveva solo tre anni e lui era una specie di suo patrigno, papà no, perché papà è un’altra cosa, me lo dicono tutti, anche se io non lo so, so solo che sta per tra un secondo quello del settimo mi buttà giù.
Ma adesso Fortuna, Chicca, gli farà vedere una cosa che lo lascerà a bocca aperta, e lui le farà mai più del male… Guardate anche voi cosa so fare.
Fortuna sa volare.
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Un secondo. Quanto dura un secondo? Così poco che per scrivere queste poche parole ne ho impiegati una decina. Però non tutti i secondi sono uguali. Alcuni hanno il potere di dilatarsi sino a segnare l’avvenire. Il secondo in cui abbiamo chiuso gli occhi per il nostro primo bacio, quello in cui sono venuti al mondo i nostri figli, quello in cui abbiamo salutato per sempre una persona cara. Questi ce li ricordiamo tutti. Ma il secondo precedente cos’è successo? Quale tumulto agitava le nostre menti e i nostri cuori? Ecco, le storie della domenica racconteranno questi “secondi prima” dei secondi eterni, quelli in cui gli occhi stavamo per chiuderli, le mani per lasciarle o prenderle. Momenti veri o immaginari, vissuti da personaggi più o meno pubblici o ignoti o anche solo da me (ogni autore è narcisista). Perché forse ce li siamo scordati, eppure non sono mai andati via. Quali sono i “secondi prima” dei secondi che hanno cambiato la vostra vita? Raccontateli a scrivi@giulianopasini.it e se vorrete, diventeranno storie.