
L’altra Venezia. Vicino e “oltre” la Mostra d’arte cinematografica: nelle giornate di red carpet dedicate al cinema internazionale, al Lido di Venezia c’è chi racconta un’altra storia. Quella in cui non c’è bisogno di contare le registe in concorso – quest’anno nessuna tra i film italiani – perché il loro protagonismo è centrale: avvicinandosi all’altra riva, la Riva di Corinto, si arriva a Isola Edipo. Un appuntamento annuale al Lido di Venezia, durante la Mostra del Cinema – dal 27 agosto al 6 settembre – dedicato a cinema, arte e attualità nel segno dei diritti e della sostenibilità.
La barca a vela Edipo Re, la stessa che accolse Pier Paolo Pasolini e Maria Callas, oggi naviga nel cuore della laguna di Venezia: trasformata, grazie all’incontro tra Sibylle Righetti, Enrico Vianello e Silvia Jop, in un vero e proprio laboratorio creativo in cui sono protagoniste esperienze di innovazione sociale e ambientale che promuovono attività artistiche e culturali.
“The Voice of Hind Rajab” e “Silent Friend” vincono il Premio Edipo
Il cuore della missione di Edipo Re è guardare dove lo sguardo può allargarsi a beneficio di tutti: il Premio Edipo per l’inclusione e la sostenibilità, collaterale ufficiale della Mostra del Cinema di Venezia, nasce per sostenere la distribuzione cinematografica in Italia di opere di alto valore artistico e culturale capaci di diffondere uno sguardo inclusivo e sostenibile dal punto di vista umano e ambientale. «Si pensa spesso che il cinema sono le immagini – racconta ad Alley Oop Silvia Jop, autrice e curatrice della programmazione di Isola Edipo – Ma la verità è che il cinema prima di tutto è il modo in cui decidi di guardare e far guardare». Quest’anno i giurati Eleonora Marangoni, Valerio Mieli e Francesco Motta hanno scelto di premiare i film “The Voice of Hind Rajab” di Kaouther ben Hania e “Silent Friend” di Ildikó Enyedi.
«Oltre a essere un bellissimo film, è un’opera che in questo momento scavalca il singolo giudizio estemporaneo. Siamo usciti dalla sua proiezione come da un funerale collettivo ed è stato così per tutte le persone che erano in sala – dicono i giurati su “The Voice of Hind Rajab”, che racconta la storia di una bambina palestinese di sei anni, Hind Rajab, uccisa dall’esercito israeliano nel gennaio del 2024 – Il film ci ha messo davanti alla nostra impotenza e lo ha fatto con semplicità destabilizzante».
L’opera di Ildikó Enyedi, “Silent Friend”, invece, conquista il Premio Edipo «Per il modo in cui rielabora e attualizza tutto quel che crediamo di sapere sul rapporto tra uomo e natura»: la giuria lo definisce «Una liturgia laica in cui scienza e saggezza, cuore e conoscenza si fondono in nome di qualcosa di più alto: la speranza in una nuova comunicazione tra gli esseri, la ricerca di un nuovo senso della permanenza dell’uomo su questa terra».
Una programmazione culturale per «riposizionare il punto di vista»
Essere un avamposto di sguardi e ospiti capaci di suggerire un punto di vista sull’oltre confine, sull’oltre mare, sull’oltre terra. Insieme al premio, la programmazione quotidiana di Isola Edipo – spiega Job ad Alley Oop – vuole ampliare le vedute «Cercando di restituire una percezione di questo festival non così maschile come molto spesso è raccontato ma molto più ampia».
Agendo in sinergia con partnership consolidate, come quella con Giornate degli Autori e Fondation Cartier pour l’art contemporain, Isola Edipo vuole riposizionare il punto di vista. «Con questo obiettivo, assieme a Sibylle Righetti, ho disegnato le pagine della programmazione quotidiana» specifica Job, che aggiunge: «Da anni esiste una linea di connessione che si è trasformata in una vera e propria geografia di senso e spazio con Gaia Furrer, direttrice di Giornate degli Autori e con Beatrice Fiorentino, delegata generale della Settimana internazionale della critica». Donne che prendono e fanno spazio, a partire dal cinema.
Lo spazio delle donne nel cinema
La sottorappresentazione delle donne nel cinema riguarda non solo i numeri. Ma anche lo sguardo e la rappresentazione. Ed è così che, alla Mostra di Venezia, con Isola Edipo arriva anche Carla Lonzi: filosofa, critica d’arte e scrittrice italiana, fondatrice del femminismo della differenza. Con “Guarda, anzi guarda meglio. Carla Lonzi, le immagini e l’opera di sé” la programmazione di Isola Edipo cambia la prospettiva: lo spazio – incontro, guidato da Labodif (il primo istituto di ricerca e formazione in Italia specializzato nello studio della differenza) con Gianna Mazzini, nasce per ascoltare e muoversi dentro un’esplorazione sul pensiero e l’eredità di Lonzi.
Una scelta precisa che, sottolineano ad Alley Oop Gianna Mazzini e Giovanna Galletti di Labodif, «Significa rendere visibile il ‘mancante’. Dire che urge cambiare la realtà a partire dai rapporti tra donne e uomini. Che questo tema non è il ‘margine’, è il ‘centro’. Che urge cambiare quella cultura che la cronaca ci restituisce segnata da un maschile che sbanda, come la cronaca recente dimostra». In un contesto come la Mostra di Venezia, sottolineano Mazzini e Galletti, «L’assenza delle registe italiane non è un “caso”. Eppure Lonzi, tra le più rivoluzionarie pensatrici del secondo Novecento, diceva queste cosa cinquant’anni fa: per lei ogni donna che rifiuta il ruolo che le è stato assegnato è un’artista. Ogni gesto di consapevolezza, ogni rifiuto del compromesso è un atto creativo, un’opera irripetibile».
Lo sguardo femminile come «deviazione dalla norma»
Nonostante la storia del cinema abbia nelle donne le sue radici, lo sguardo femminile è ancora considerato, citando Lonzi, «il soggetto imprevisto». Anzi, aggiunge Silvia Jop, «L’impressione è che la rinnovata presa di coscienza delle donne con il MeToo abbia reso le donne nei contesti pubblici non più un soggetto che non si era abituati a considerare – cosa che ha caratterizzato per secoli la nostra assenza rumorosa – ma, peggio, una compresenza scomoda».
Una percezione che si concretizza nelle evidenze. «Continuano ad essere meno i film prodotti, scritti, diretti, realizzati da donne – continua Jop – Ma al tempo stesso, quando le donne riescono a prendersi lo spazio che spetta loro, ci troviamo di fronte ad opere portatrici di sguardi e prospettive inedite e, molto spesso, quella stessa differenza viene s-considerata e esclusa dal circuito produttivo e distributivo».
Recuperare la centralità del «female gaze»
Perché le prospettive delle donne nel cinema non trovano abbastanza spazio nel circuito? La risposta è nella centralità che non viene riconosciuta al loro sguardo: «Lo sguardo femminile è ancora considerato un’aggiunta, una variazione, una deviazione dalla norma maschile – spiegano Mazzini e Galletti di Labodif – È imprevisto perché non corrisponde alla grammatica consolidata. Imprevisto perché il sistema maschile non prevede la donna come soggetto libero. Ecco perché la donna che prende parola come sé stessa appare un imprevisto: non è contemplata dallo schema».
Recuperare lo sguardo femminile, il female gaze, significa invece «Scrivere l’idea di cos’e una storia, scegliere cosa è essenziale e cosa no. Quello che Lonzi ha fatto tutta la vita indicando anche un’altra via: quella della vita come creazione consapevole, come opera d’arte irrappresentabile. Non servono palcoscenici, premi o conferme per essere creatrici. Serve verità, disobbedienza e desiderio di liberazione. È lì che l’arte, finalmente, torna a coincidere con la vita».
Imparare a guardare per agire, «Rifiutiamo la propaganda che colonizza l’immaginario»
Il tema dello sguardo, in questa edizione di Isola Edipo, è centrale anche fuori dal calendario ordinario e, in un appuntamento extra programma avvenuto proprio di fronte alla barca di Edipo Re, Annie Ernaux – Premio Nobel per la letteratura – e Céline Sciamma – regista e sceneggiatrice – hanno messo a disposizione voci e sguardi leggendo il testo “Da Venezia a Gaza”: un appello per chiedere la fine delle uccisioni a Gaza e invitare il mondo del cinema a usare la propria voce contro il genocidio.
«Festival dopo festival, i morti continuano a crescere. A Cannes, più di un migliaio di noi, provenienti da tutto il mondo, si sono riuniti per sostenere una dichiarazione che esprime il nostro dolore e la nostra posizione rispetto alla morte di Fatma Hassouna e della sua famiglia per mano dell’esercito israeliano. Da allora, le uccisioni non si sono mai fermate» dicono Ernaux e Sciamma, richiamando gli artisti alla responsabilità: «A Gaza, l’intera popolazione è diventata un bersaglio. Come artisti, attrici, attori culturali, non possiamo rimanere in silenzio mentre un genocidio si consuma a Gaza e notizie quotidiane, indescrivibili, colpiscono duramente le nostre comunità. Non lasciamo che l’arte diventi complice del peggio. Alziamo la voce».
Un appello che suggerisce come l’arte può smuovere la politica: «La politica ha bisogno dell’arte per non perdersi, per non diventare un esercizio arido di potere ma rimanere un’attività che ha a cuore il benessere e le relazioni umane – afferma ad Alley Oop Sybille Righetti, curatrice insieme a Silvia Jop di Isola Edipo – Questa non è una visione utopica, ma la condizione necessaria per nutrire i “venti della pace” e coltivare il capitale relazionale, l’unico vero capitale che sopravvive».
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