
12 milioni di bambine e ragazze vengono date in sposa prima di compiere 18 anni. Una ogni 3 secondi.
I matrimoni precoci non sono solo una pratica dannosa ma una vera e propria violazione dei diritti umani, dal momento che negano alle ragazze l’opportunità di sviluppare appieno il loro potenziale e hanno ripercussioni che si estendono fino all’età adulta.
Nel mondo le unioni dove almeno uno dei due partner minorenne sono oggi il 18,6%, stando ai dati, aggiornati al luglio 2025, del portale Child marriage data. I matrimoni sotto i 15 anni, invece, sono il 4,3% a livello globale. Le aree più colpite sono l’Asia meridionale e l’Africa subsahariana, dove si intrecciano altri gravi problemi – mortalità materna e infantile, malnutrizione, analfabetismo – correlati alla pratica dei matrimoni precoci.
È necessario, quindi, lavorare su un insieme di fattori per minare alla base una pratica che ha radici profonde. Un obiettivo che fa parte dei Sustainable Development Goals a livello globale entro il 2030. Ma nonostante diversi Paesi abbiano promulgato leggi a riguardo i progressi restano ancora molto lenti.
In dati
Il fenomeno mostra segnali di riduzione ma la portata resta enorme e le più colpite restano le bambine e le ragazze. Si stima che entro il 2030 oltre 150 milioni di donne si sposeranno prima della maggiore età. La maggior parte delle unioni precoci sono tra giovani ragazze e uomini adulti: dati alla mano, infatti, il matrimonio minorile colpisce in modo sproporzionato le ragazze, il 19%, contro il 3% dei ragazzi.
Ogni anno circa 12 milioni di ragazze si sposano prima dei 18 anni. È un calo rispetto ai 15 milioni stimati in passato, ma nei Paesi a basso reddito la pratica resta comune. Una giovane su 9 si sposa prima dei 15 anni, e alcune spose bambine hanno appena 8 o 9 anni. Crisi sanitarie, conflitti armati e cambiamento climatico contribuiscono ad aggravare il quadro, creando un mondo sempre precario che spinge le famiglie più vulnerabili a considerare il matrimonio come una forma di protezione. È accaduto, ad esempio, durante la pandemia di Covid-19, quando i tassi – dopo anni di diminuzione – hanno ripreso a crescere.
I Paesi più colpiti
Il Niger è il Paese con il più alto tasso di matrimoni infantili e minorili con il 76% di spose bambine, seguito dalla Repubblica Centrafricana e il Chad (entrambi al 61%). L’India da sola rappresenta un terzo delle spose bambine del mondo, calcola Child marriage data, mentre in Nepal il 37% delle ragazze (e l’11% dei maschi) si sposa prima dei 18 anni. Il 10% addirittura prima dei 15 anni, in base ai dati Unicef.

Più in generale, nei Paesi con alti livelli di fragilità istituzionale e sociale la prevalenza dei matrimoni precoci quasi raddoppia rispetto alla media globale, passando dal 19% al 35%.
Anche in Nigeria i dati sulle spose bambine sono allarmanti, tanto che la ministra per gli Affari Femminili e lo Sviluppo Sociale Hajiya Imaan Sulaiman-Ibrahim ha recentemente denunciato che il 15% delle ragazze nigeriane tra i 15 e i 19 anni oggi è già madre o incinta.
In Italia
Nel nostro ordinamento l’età minima per sposarsi è fissata a 18 anni, con la possibilità di deroghe dai 16 anni su autorizzazione del Tribunale per i Minorenni. Mancano però statistiche ufficiali sui matrimoni precoci a livello nazionale. La presenza del fenomeno è comunque documentata da studi locali che indicano casi significativi nelle periferie urbane, come segnalato dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica in un report pubblicato nel 2020:
«A causa della natura del fenomeno e delle obiettive difficoltà di denuncia e di accertamento, oltre che per il carattere di transnazionalità che spesso connota queste unioni, non è facile quantificare con esattezza le dimensioni e la distribuzione dei matrimoni forzati. In Italia non esistono rilevazioni statistiche sul fenomeno, sicché, al di là di un importante studio condotto dall’Associazione 21 luglio sulle periferie di Roma, studio che, sebbene accurato e significativo, è pur sempre limitato, al momento, per quanto riguarda l’Italia, possono solo essere operate delle ricostruzioni sulla base di quanto raccolto e denunciato da inchieste giornalistiche o dalle associazioni che si occupano delle vittime. I numeri in questo senso possono avere soltanto un valore indicativo1. A livello globale vengono fatte alcune stime, che per tali vanno prese».
Nello specifico, nel nostro Paese i matrimoni precoci hanno un profilo giuridico penale. Il 17 luglio 2019 il Parlamento italiano ha approvato in via definitiva il ddl “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere” che all’articolo 7 ha introdotto il reato di “Costrizione o induzione al matrimonio”. Il lavoro della Commissione del 2020 ricorda inoltre: «Vi sono poi altri profili di rilevanza penale. Innanzitutto, una relazione carnale tra una persona maggiorenne e un minore di anni 1411 è punita ai sensi dell’art. 609 quater c.p.12; la sottrazione di un minore alla famiglia, anche nel caso in cui abbia luogo con il consenso della famiglia stessa, può essere perseguita ex art. 605 c.p.13 oppure ai sensi degli artt. 57314, 57415 e 574 bis16c.p., se i minori hanno compiuto o meno gli anni 14 o se il minore viene trasferito
all’estero, nel caso in cui la sottrazione del minore avvenga contro la volontà di uno dei genitori. Ancora, l’art. 601 c.p.17 punisce l’ipotesi di tratta di persone, che riguarda profili estremamente gravi. Inoltre può essere richiamato l’art. 610 c.p.18 sulla violenza privata».
L’ordinamento prevede peraltro che il tribunale dei minorenni, in eventualità estreme e in casi cui si fa luogo con estrema cautela, in base agli artt. 330 e ss. c.c., possa disporre l’allontanamento del minore dalla famiglia, dichiarando il decadimento dalla responsabilità genitoriale.
Tornando a parlare di dati, invece, una ricerca condotta nel 2018 dall’Associazione 21 luglio su un campione di circa 3mila persone in otto insediamenti delle periferie romane aveva rilevato che metà degli intervistati aveva contratto un matrimonio informale da minorenne, quasi un terzo tra i 12 e i 15 anni.Un dato che non può essere esteso a livello nazionale, ma che può dare le dimensioni di un fenomeno che resta ancora sottotraccia nel nostro Paese e che è di difficile emersione se non con la denuncia di familiari o persone vicine alle vicende.
Gli effetti dei matrimoni minorili
Il contesto in cui può maturare la decisione di contrarre matrimonio in età giovanissima è spesso di costrizione per non dire di vera e propria violenza, fisica o psicologica, segnalava il rapporto della Commissione, che proseguiva:
«Il corpo delle bimbe, non ancora pienamente sviluppato, non è fisicamente pronto ad affrontare la condizione di donna sposata. Mancano poi le informazioni indispensabili per affrontare gravidanza e parto. In caso di gravidanze precoci vi è il rischio di decessi materni, decessi perinatali, aborti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mettere a fuoco i rischi per la salute connessi a gravidanze precoci, ha ricordato che solo nei Paesi in via di sviluppo si contano ogni anno 21 milioni di casi di gravidanza tra le ragazze tra i 15 e i 19 anni e due milioni tra le ragazze sotto i 15 anni. Inoltre, un matrimonio precoce accresce i rischi di contrarre malattie sessualmente trasmissibili. La situazione è ancora più grave quando le ragazze o le bimbe hanno subìto mutilazioni
genitali femminili».
Le gravidanze precoci provocano ogni anno 70mila morti fra le ragazze di età compresa tra 15 e 19 anni, e costituiscono una quota rilevante della mortalità materna complessiva. A sua volta, un bambino che nasce da una madre minorenne ha il 60% delle probabilità in più di morire in età neonatale, rispetto a un bambino che nasce da una donna di età superiore a 19 anni (dati Unicef). E anche quando sopravvive, sono molto più alte le possibilità che debba soffrire di denutrizione e di ritardi cognitivi o fisici.
Agli effetti sulla salute delle bambine si aggiungono i risvolti relativi allo sviluppo pieno della realizzazione come persone e come soggetti sociali. Il matrimonio precoce, infatti, segna quasi sempre la fine dell’istruzione. Secondo l’Unesco, l’87% delle adolescenti sposate tra i 15 e i 17 anni abbandona la scuola.
A ciò si aggiunge l’isolamento sociale: le spose bambine sono più esposte a violenze e abusi, hanno meno opportunità economiche e restano intrappolate in un ciclo che parte dalla povertà e la perpetua.
Obiettivo zero al 2030
L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite include tra i suoi traguardi l’eliminazione dei matrimoni precoci. I progressi non mancano: secondo l’Unicef, nell’ultimo decennio la percentuale di giovani donne sposate prima della maggiore età è scesa dal 25% al 20%. In termini concreti, questo significa che circa 25 milioni di matrimoni sono stati evitati. Ma il ritmo di cambiamento è ancora troppo lento per arrivare all’obiettivo di azzerare il fenomeno entro il 2030.

La mappa delle leggi
I matrimoni precoci contravvengono a vari strumenti del diritto internazionale, primo tra tutti la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ma, sul piano normativo, il quadro resta molto frammentato.
All’inizio del 2025, secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite, il 18% dei Paesi consentiva ancora per legge il matrimonio prima dei 18 anni, mentre solo il 26% aveva fissato il limite a 18 anni senza eccezioni. La maggioranza – il 54% – prevede i 18 anni come soglia, ma ammette eccezioni, spesso con il consenso dei genitori o di un giudice, talvolta senza alcun un’età minima.

Tra i Paesi che prevedono eccezioni, circa due terzi stabiliscono comunque un’età assoluta invalicabile, che nella maggior parte dei casi (75%) è di 16 anni, ma che in alcuni ordinamenti scende fino a 13. Dal 2019, tuttavia, sempre più governi hanno modificato la legge: almeno 14 Paesi hanno fissato l’età minima a 18 anni senza deroghe.
Le ultime iniziative di legge
Il 2025 ha segnato passi avanti importanti. A Islamabad, capitale del Pakistan con 1,1 milioni di abitanti, è stata approvata una legge che vieta i matrimoni sotto i 18 anni e introduce pene fino a 7 anni di carcere per chi costringe un minore alle nozze e fino a 3 anni per chi sposa una ragazza minorenne. I sostenitori del provvedimento sperano che questa mossa possa spingere altre regioni del Pakistan – Paese che ospita oltre 19 milioni di spose bambine – a seguire lo stesso esempio.
Anche Portogallo e Kuwait nei primi mesi di quest’anno hanno modificato le loro leggi e innalzato l’età minima per sposarsi a 18 anni senza eccezioni. Nel Paese della penisola iberica in precedenza ci si poteva sposare tra i 16 e i 17 anni con il consenso dei genitori, mentre nell’emirato mediorientale è stata modificata la legge sullo stato personale per vietare la registrazione di matrimoni sotto i 18 anni sia nel sistema civile sia in quello giuridico-religioso.
Alcuni Paesi hanno scelto di accompagnare la modifica legislativa con misure di sostegno. La Sierra Leone, dove il 30% delle ragazze si sposa prima dei 18 anni e il 9% prima dei 15, ha approvato nel 2024 una legge che, oltre a fissare l’età minima, prevede pene severe, protezione per le vittime e accesso garantito a scuola e servizi di sostegno. Sempre lo scorso anno la Colombia ha adottato una delle normative più avanzate in America Latina: non solo vieta il matrimonio infantile, ma ha creato un Programma nazionale per i “progetti di vita” dei minori, con un forte focus sulla prevenzione, e ha abrogato una clausola del Codice civile che consentiva nozze dai 14 anni con il consenso dei genitori o legale.
Nelle Isole Salomon, infine, la spinta è arrivata dalla società civile: la campagna “Make It 18” ha portato il governo ad avviare la revisione del Marriage and Divorce Act, che oggi fissa l’età a 15 anni (ma un 6% si sposa anche prima) e consente nozze consuetudinarie senza limiti minimi.
Quali altre misure occorrono?
I progressi più rapidi nel porre fine al matrimonio infantile si registrano tra le fasce sociali più ricche, mentre le ragazze povere e delle aree rurali restano le più esposte al rischio. Nel Sud-Est asiatico, ad esempio, la quota di donne tra i 20 e i 24 anni sposatesi prima dei 18 è scesa dal 49% al 30% nell’ultimo decennio, ma le disuguaglianze interne restano ampie.
Le leggi sono indispensabili, ma da sole non bastano. Perché le bambine possano davvero scegliere il proprio futuro servono politiche che agiscano sulle cause profonde: lotta alla povertà, accesso all’istruzione e alla salute, empowerment economico e tutela da violenze e discriminazioni. Solo integrando norme, protezione concreta e sostegno sociale sarà possibile avvicinarsi all’obiettivo di eliminare i matrimoni precoci entro il 2030.
***
La newsletter di Alley Oop
Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.
Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com