Gen Z: “battaglia” tra i sessi? La parità vista da generazioni diverse

Siamo andati talmente oltre nel promuovere la parità tra i generi che adesso, all’opposto, stiamo discriminando gli uomini. Sarebbe questo il pensiero di sei su dieci Gen Z (il 57%) – ragazzi nati tra il 1995 e il 2012. Ad affermarlo, sui dati raccolti in 30 Paesi al mondo, è l’ultima indagine annuale di Ipsos UK in collaborazione con il Global Institute for Women’s Leadership del King’s College di Londra. Analizzando le risposte del campione di oltre 24mila intervistati, sparsi nel mondo, è questo il gap più grande registrato tra generi appartenenti alla stessa generazione. Con 21 punti percentuali di differenza, risulta questo il divario maggiore tra tutte le generazioni considerate in risposta alla domanda: “Ritieni che ci siamo spinti troppo oltre nella promozione dell’uguaglianza per le donne tanto che stiamo discriminando gli uomini?”

Con 18 punti percentuali di differenza tra generi, segue il gap registrato tra gli appartenenti alla Gen X (nati tra il 1995 e il 1980). Manterrebbe questa visione infatti il 51% degli uomini fino ai 45 anni e il 33% delle donne. Tra tutti, la generazione più “progressista” relativamente a questa posizione si dimostra quella dei baby boomers (nati tra il 1946 e il 1964). In questa fascia di età si registra anche, tra l’altro, sia l’unica percentuale sotto il 50% – il 44% per l’esattezza – di uomini che la quota minima di donne (29%) che sostengono la tesi della discriminazione contraria.

Non siamo tutti femministi

Secondo la prof.ssa Heejung Chung, direttore del Global Institute for Women’s Leadership di Londra, intervenuta alla presentazione dei dati a inizio marzo, «nonostante ci sia stato un progresso rispetto allo scorso anno, resta una differenza significativa tra come le persone percepiscono l’uguaglianza di genere in molte società, compresa la Gran Bretagna. Questo divario – continua –  è spesso alimentato da politici e media che fanno leva su una narrativa del gioco a somma zero, inquadrando gli avanzamenti delle donne come la causa di più ampi lamentele sociali, come il declino dei posti di lavori sicuri e ben pagati.»

E, come accennato, al contrario di quanto si potrebbe assumere, sono le generazioni più giovani a dimostrare le maggiori differenze di visioni tra generi rispetto a elementi chiave relativi al femminismo, i ruoli maschili o femminili nella società, i diritti delle donne. Per quanto con differenze anche chiare tra le parti del mondo, generalmente i ragazzi fino ai vent’anni presentano la disparità maggiore anche nel definirsi o meno femministi. Le ragazze lo sostengono nel 53% dei casi, i ragazzi nel 32%.

Rispetto a questa affermazione, sono i trenta-quarantenni (Gen X) quelli che presentano il gap di genere inferiore, con il 37% di donne a sentirsi “femminista” rispetto al 29% degli uomini. A prescindere dall’età o dal sesso di appartenenza, nei 30 Paesi analizzati, in generale si riconoscono in questa definizione due persone su cinque, con una percentuale più alta per le donne (44%) rispetto agli uomini (31%).

Less of a man?

Altra domanda che mostra grandi differenze generazionali – ancora una volta non per forza esattamente nella maniera in cui ci si aspetterebbe -, riguarda il livello di “mascolinità” di un uomo che sta a casa a prendersi cura dei figli. Oltre un quarto dei Gen Z, il 28% per l’esattezza, infatti concorda con l’idea per cui chi scegliesse la cura dei figli “sarebbe meno uomo”. Si tratta di nove punti percentuali in più rispetto alle giovani coetanee che sostengono questa affermazione (19%). Guardando al gap delle posizioni tenute dai due generi davanti a questa domanda, si registra tra i Millennials (nati tra il 1980 e il 1994). Ma in questo caso la divergenza è molto più piccola. Tra i quarantenni infatti la differenza è di solo 3 punti percentuali, con il 25% degli uomini che si trovano d’accordo con l’affermazione, e il 22% delle donne.

Anche in questo caso, sono i baby boomers a presentare non solo le percentuali più basse, ma anche il divario più piccolo, pari a quello dei Millennials: concordano con questa affermazione il 12% degli uomini e il 9% delle donne.

Se è evidente nello studio come la Gen Z sia la generazione con il gap di visioni più ampio su questioni come il femminismo, la parità di genere e i diritti delle donne, una convinzione su tutte accomuna un po’ tutti gli under 26. Secondo il 55% degli ragazzi e il 62% delle ragazze di questa fascia di età si dicono d’accordo nell’affermare che oggi esiste una tensione tra i generi.

Qualche buona notizia

Lo spaccato che lo studio Ipsos / Global Institute for Women’s Leadership restituisce è quello di un divario sulle visioni relative alle questioni di parità, divergente, quindi, non solo tra generi all’interno delle stesse fascia di età, ma anche generazionale. Ma nel riportare il quadro restituito dall’analisi dei dati, non si farebbe un servizio completo se si dimenticasse di ricordare che comunque un progresso è stato fatto. Anche rispetto alle rilevazioni dello scorso anno.

Inoltre, di fronte a un’innegabile divergenza di attitudini verso la parità di genere in particolare, e «nonostante i titoli divisivi, – sosteneva Heejung Chung a inizio marzo alla presentazione del rapporto -, il nostro sondaggio evidenzia che la maggior parte delle persone, compresi gli uomini, concordano ancora sul fatto che raggiugnere la parità di genere sia importante per loro personalmente. Molti problemi che ci troviamo davanti sono comuni … solo unendo gli sforzi possiamo affrontare» le sfide sociali attuali.

Traducendo il commento di Chung in termini numerici, l’analisi conferma che in generale sui 30 Paesi inclusi nel sondaggio condotto a fine 2024, due persone su tre (il 68%), e la maggioranza degli uomini (62%) sostiene che l’eguaglianza di genere è importante per loro personalmente. Con meno di uno su cinque (il 16%) a sostenere il contrario.

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