«A questo punto è tutto d’oro». Non si può raccontare meglio, l’amore, se non con questo improvviso indorarsi del mondo che trasfigura e illumina i palazzoni di periferia, i parcheggi deserti, le strade buie, lingue di sabbia e d’acqua. Se non con l’imprevisto non sentirsi soli «in mezzo al giallo di questo asfalto immenso». Se non con una promessa di normalità futura: i figli, i genitori, le stanze, le chiese, la «voglia di famiglia», «il desiderio di vederti padre». Indovinarsi dopo. Oro, oro, oro dappertutto.
Viene in mente la tenerezza che sola importava a Raymond Carver leggendo la seconda raccolta di poesie di Danila Giancipoli, “Cinema all’aperto” (Interno Libri, 2024), che arriva dopo “Tutti i posti che ho chiamato casa” (Gruppo Albatros, 2022) con cui la giovane autrice romana e contributor di Alley Oop si era già fatta notare, vincendo il Premio I Murazzi 2024 e il Premio Internazionale Forma Cultura – Biennale Umbria Letteraria 2024. La tenerezza come un sole che proietta «bagliore di domani», il calore che l’amore accende con le sue promesse che sono «scommesse lucenti». L’amore-oro, appunto.
Il coraggio di dire l’amore in luoghi
È rimasta la poesia a dire l’amore, esperienza universale come la vita e come la morte. È rimasta nuda, l’essenziale che scava nel fondo di noi stessi e ci rimanda la semplicità che rifiutiamo, tutti ostaggio della sbornia da complessità. Giancipoli ha il coraggio di scrivere d’amore come un film in un drive-in composto da tre tempi interiori e cinematrografici – marzo-grattacieli, giugno-riviera, agosto-blue nights (gli outtakes) – e di parlarne attraverso versi che sono sempre luoghi, tutt’uno con i corpi. Il cinema all’aperto che dà il titolo alla raccolta è questo spettacolo a due che se infischia del destino, che si oppone alla noia prevedibile di spartiti già scritti. È l’audacia di chi non ne vuole sapere «dello stare con le mani appiccicose/a dirmi che tanto non si poteva fare». L’acceleratore in auto è fatto per essere premuto, la scommessa è «sulla fede che mi brucia. Magari vinco». Anche perché la sensazione inebria: «Non ti fa sentire grande?/A me fa sentire grande». Anche per «mostrarsi fragili e mostruosi, mortali e docili» ci vuole ardimento. Ce lo ha rivelato ancora Carver il desiderio più indicibile, nel suo “Ultimo frammento” prima di lasciare questa terra: «E hai ottenuto quello che/volevi da questa vita, nonostante tutto?/Sì./E cos’è che volevi?/Potermi dire amato, sentirmi/amato sulla terra».
Una fine come se fosse un inizio
Giancipoli racconta una fine come se fosse un inizio, ed è il miracolo che compie. In una delle poesie più intense della silloge c’è «la violenza dimenticata da tutti che mi abita sulle braccia», ma subito dopo la raccomandazione: «Se vedi ancora cose belle comunque chiama». In “Interstellar” il viaggio – nel dolore? – è spaziale («Amare è ancora possibile/da qualche parte»), ma nessuna porta è chiusa del tutto: «L’amore me lo porto, comunque, semmai dovessi ritrovarti». Anche se i grattacieli «restano fragili impalcature»; anche se in dono, in valigia, si sono avuti «orrori»; anche se l’altro sceglie «la cattiveria facile dei demoni stanchi». Perché «dimenticare è vile» e «tornerò a casa/ci faccio qualcosa/con tutta questa roba, con tutta questa storia».
Un’ode alla scrittura
Nella poesia di Giancipoli, tra versi liberi e prosimetro, galoppa questa vita al quadrato: quella vissuta e quella scritta. Non consolazione, ma rilettura e libertà. La confessione è rintanata tra le pieghe di “Recording”: «Celebro le cose che il resto del mondo tollera:/questo è scrivere». Queste sono le notti blu di Joan Didion, che la giornalista americana scrisse dopo aver perso l’amata figlia Quintana e che Giancipoli mette in apertura del terzo tempo, «come quando ti svegli tutto è cambiato, ma continui a/camminare». La penna poetica come arma segreta per andare avanti: riesce a distillare dolcezza pure all’inferno. Qui sta il suo sacro, senza bisogno di pregare. Qui sta la forza magica: «Lascia i fantasmi schiantarsi altrove». Quarantacinque poesie che sono quarantacinque inni alla gioia di scrivere. La ha immortalata Wislawa Szymborska: «Il potere di perpetuare. La vendetta d’una mano mortale». Se queste sono le vendette di Giancipoli, speriamo che ne arrivino a iosa. Contro ogni esproprio, lasciateci le voci degli amori-oro, anche quando finiscono.
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Titolo: “Cinema all’aperto”
Autrice: Danila Giancipoli
Editore: Interno Libri, 2024
Prezzo: 13 euro
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