«Pensavo fosse la cosa giusta da fare», racconta Coumba, nonna senegalese, accanto a sua nipote Awa, «era quello che mi avevano insegnato, credevo di proteggere l’onore delle famiglie». Coumba è un’ex tagliatrice, vengono chiamate così le donne che praticano le mutilazioni genitali femminili (MGF). Di fatto è stata lei a praticare la mutilazione genitale su Awa, sua nipote. Per un po’ le due donne si sono allontanate, ma ora lavorano insieme per porre fine alle MGF nella loro comunità. «Mia nonna era un muro» racconta la nipote, che oggi guida il “parlamento” giovanile anti-MGF. Poi quel muro è crollato, grazie al dialogo. «Non voglio che altre bambine soffrano» dice Awa (nella foto, insieme a Coumba).
Con oltre 230 milioni di donne e bambine che hanno subito mutilazioni genitali (MGF) e 4 milioni di nuove vittime ogni anno, la lotta contro le MGF richiede un impegno globale. Secondo quanto riporta Amref, si tratta di una pratica diffusa in diverse parti del mondo, con una forte presenza in Africa, Asia e in alcune comunità della diaspora in Europa. Regno Unito (137.000), Francia (125.000) e Italia sono i Paesi con il maggior numero di donne e ragazze che hanno subito questa violenza. In Italia, si stima che siano 87.600 le donne che hanno subito le MGF, mentre 7.600 minorenni e 4.600 ragazze sono in pericolo.
Awa e Coumba, nipote e nonna unite nella lotta
Anche la sorella di Awa, a sei anni, aveva subito la mutilazione genitale. Aveva sofferto, le era venuta la febbre alta e proprio vedendola soffire e temendo per la sua vita, Awa aveva deciso che non sarebbe dovuto più accadere, che nessuna bambina avrebbe dovuto subire quel trattamento, raccontano nella loro testimonianza video. Ma a praticare il taglio, nel villaggio di Kolda, in Senegal, era proprio sua nonna, Coumba, una donna anziana molto rispettata che per più di 10 anni aveva praticato le MGF, come rito di passaggio per le bambine.
Così Awa si è trovata a opporsi alla sua famiglia, alle tradizioni del villaggio e il dialogo non è stato facile. Awa, grazie alla formazione ricevuta in Amref, è riuscita a riallacciare il dialogo con sua nonna, a spiegarle quello che lei stessa – prima – non sapeva. Lentamente, qualcosa cambiò. «All’inizio non volevo ascoltare, ma le sue parole mi sono rimaste dentro», dice Coumba.
Oggi Coumba è una voce forte contro le mutilazioni nella sua comunità, mentre Awa guida il parlamento giovanile anti-FGM. La loro storia è stata raccolta da Amref che lavora con il progetto “The Girl Generation” contro le MGF in quattro Paesi africani – Senegal, Somalia, Kenya ed Etiopia – attraverso la formazione degli operatori sanitari e la costruzione di un movimento sociale inclusivo a livello comunitario, nazionale e regionale.
La lotta alle MGF arriva al Parlamento europeo
Il 6 febbraio si celebra la Giornata Mondiale della Tolleranza Zero contro le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF), un’occasione importante per riaccendere un faro su questa pratica di violenza di genere ancora così diffusa. Il tema viene affrontato nel corso dell’evento “Speak Up” proprio giovedì 6 febbraio al Parlamento Europeo di Bruxelles, con il coinvolgimento di giovani dall’Italia, dall’Africa, dall’Europa.
Proprio in Italia è nato, traendo spunto dall’esperienza africana, il movimento Youth in Action (Y-ACT), una rete di 31 giovani attivisti con background migratorio che, in un anno, ha realizzato oltre 300 azioni tra Roma, Milano, Torino e Padova. Il Progetto Y-ACT, finanziato dalla Comunità Europea (CERV – DAPHNE), vede Amref come capofila e conta tra i partner l’Associazione Le Reseau, il Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane (CONNGI) e l’Università di Milano Bicocca. Questo percorso ha coinvolto più di 50 adulti e leader delle comunità, raggiungendo oltre 1.500 persone tra cittadini, istituzioni e operatori sociali.
«Essere attivista significa essere una voce per gli altri, soprattutto per le donne della mia comunità. Lo faccio con l’intenzione di creare uno spazio che avvantaggi tutti, senza chiedere il permesso a nessuno. Questa libertà di essere è quella che voglio continuare a costruire, per me e per gli altri», dice Jasmina El Sharouki, giovane attivista di Milano per il progetto Y-ACT.
Il lavoro di Amref
Amref è una delle organizzazioni attive da anni per eliminare le MGF in diversi Paesi africani, tra cui Kenya, Tanzania, Etiopia, Uganda, Malawi e Senegal. Solo negli ultimi tre anni, oltre 500.000 donne e ragazze hanno beneficiato dei programmi di sensibilizzazione, educazione e supporto alle sopravvissute. L’organizzazione collabora con istituzioni e comunità locali per promuovere percorsi di abbandono della pratica, migliorando l’accesso ai servizi sanitari e formando operatori sanitari e leader comunitari.
«La lotta contro le MGF non è solo una battaglia per il diritto alla salute e alla libertà, ma per un cambiamento culturale profondo» afferma Roberta Rughetti, vicedirettrice di Amref Italia. «I giovani sono i veri protagonisti di questa rivoluzione: la loro voce è nelle richieste del Manifesto Y-ACT, portato al Parlamento Europeo dopo un percorso che ha coinvolto quattro città italiane. In particolare, una delle istanze fondamentali riguarda il dialogo intergenerazionale, perché solo creando spazi di confronto tra generazioni possiamo abbattere i tabù e cambiare davvero il futuro delle donne».
Un Manifesto presentato nel cuore del Parlamento Europeo, che ribadisce l’essenza di un impegno che coinvolge tutte le generazioni, ma che vede nei giovani il motore di un cambiamento radicale e sostenibile.
Formazione e supporto della comunità per salvare bambine e ragazze
Sabina Lakara è una giovane Maasai attivista contro le MGF in Kenya. Anche lei ha raccontato la sua esperienza in una delle testimonianze video presentate da Amref: «Da piccola ho visto tante ragazze soffrire per il taglio e poi essere costrette a sposare uomini più grandi. Questo mi ha terrorizzata. Grazie all’incontro con l’associazione ho capito i rischi delle MGF e ho deciso di oppormi. Mio padre ha reagito con rabbia e ha smesso di pagarmi la scuola. Ma io ho resistito. Oggi, grazie all’istruzione e al supporto della mia comunità, sono riuscita a salvare più di 10 ragazze dal taglio e dal matrimonio precoce. Il cambiamento è possibile, dobbiamo solo iniziare!».
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