Lavoro, solo il 5% degli italiani è formato per sostenere le sfide future

Li chiamano “future-ready workers”: destinati a diventare la forza lavoro del futuro, rappresentano il motore del cambiamento e della crescita, mettendo in campo un mix di competenze, attitudini e flessibilità necessarie per fronteggiare le sfide dei prossimi anni.

In particolare, questi professionisti mostrano tre qualità fondamentali: adattabilità, cioè la capacità di adattarsi rapidamente a nuovi strumenti, processi e responsabilità; competenza tecnologica, caratterizzata da un approccio proattivo nell’utilizzo di strumenti digitali e dell’intelligenza artificiale (IA) per massimizzare la produttività; proattività, ossia quella naturale propensione a perseguire la crescita professionale attraverso l’acquisizione di nuove competenze e verso il costante aggiornamento sulle tendenze del settore.

Il mercato del lavoro in Italia

In un mondo del lavoro caratterizzato da continue trasformazioni, nel 2025 le aziende italiane dovranno affrontare con sempre maggiore reattività le evoluzioni del mercato, adattandosi a dinamiche e processi complessi. In questo contesto, investire nella crescita e nel posizionamento di questi talenti, potrebbe essere cruciale.

Tuttavia a oggi i “future-ready workers” occupano un segmento di piccole dimensioni: basti pensare che, rispetto ad una media globale dell’11%, in Italia, solo il 5% dei lavoratori possiede le abilità per rispondere ai rapidi cambiamenti tecnologici e alle richieste del mercato del lavoro. Un numero ancora molto basso se rapportato a Paesi come India (35%) e Cina (25%) che dominano la classifica dei Paesi più preparati ad affrontare le sfide di domani, secondo quanto emerge dall’indagine “Global Workforce of the Future” di The Adecco Group.

Per garantire la crescita di questi talenti del futuro, le aziende sono chiamate a investire nello sviluppo delle competenze dei propri dipendenti, attraverso l’implementazione di percorsi di formazione costantemente aggiornati. Secondo la ricerca, il 91% dei “future-ready workers” dichiara di avere ricevuto dalla propria azienda un piano di sviluppo professionale personalizzato, rispetto a una media globale del 51% dei lavoratori che non rientrano in questa categoria. Inoltre, il 99% dichiara di partecipare regolarmente a corsi di formazione sulla leadership, rispetto al 57% della media globale tra coloro che non rientrano in questa categoria.

Fondamentale per promuovere lo sviluppo professionale, è l’integrazione di strategie mirate di aggiornamento delle competenze (upskilling) e riconversione professionale (reskilling). Questi processi devono essere accompagnati da una pianificazione strutturata di opportunità di crescita e attività personalizzate, capaci di rispondere alle esigenze specifiche delle persone. Inoltre, l’attenzione alla trasformazione digitale e all’uso responsabile ed etico dell’intelligenza artificiale assumono una particolare rilevanza, che non può più essere trascurata.

«Con il giusto supporto e investimenti mirati, le aziende possono coltivare un ecosistema di talenti resilienti e preparati all’evoluzione» ha commentato Angelo Lo Vecchio, amministratore delegato di Adecco e presidente di The Adecco Group in Italia, aggiungendo: «In un momento in cui due terzi dei leader aziendali a livello globale pianificano di reclutare talenti per competenze legate all’IA, piuttosto che formare i team esistenti per fornire loro le giuste competenze, è sempre più necessario un approccio proattivo da parte delle aziende. Sostenere la crescita delle competenze internamente, non solo permette di migliorare la competitività aziendale, ma contribuisce a colmare il divario di competenze, riducendo i costi e aumentando la fedeltà dei dipendenti».

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