Violenza psicologica, come riconoscerla e chiedere aiuto

Circa 8 donne su 10, tra quante chiedono aiuto ai centri anti violenza di D.i.Re, subisce violenza psicologica, quella forma di violenza sottile e difficile da riconoscere che si esprime attraverso offese, insulti, atti denigratori, svalutazione della persona. Una forma di violenza che non provoca ferite evidenti o lividi ma che ferisce le donne nel loro intimo, le sminuisce, le annichilisce, arrivando a frustrare ogni loro ambizione o capacità di autodeterminazione.  Si tratta della forma di violenza più diffusa stando al monitoraggio della rete D.i.Re – Donne in rete contro la violenza, la rete di centri anti violenza più diffusa e capillare in Italia.

Una donna su tre subisce violenza economica

Almeno una donna su tre, inoltre sempre secondo il rapporto di D.i.Re, subisce violenza economica. Ciò vuol dire che, tra le donne che chiedono aiuto, circa oltre 30% non riesce a gestire i propri conti correnti, non ha la possibilità di disporre dei beni di famiglia o anche dei propri, oppure, a monte, è stata costretta o convinta dal partner a non lavorare. In poche parole: dipende economicamente dal partner e deve chiedere a lui i soldi per ogni minima spesa. La violenza fisica è subita invece dal 56,5% mentre quella sessuale e lo stalking sono riscontrati in un numero di casi più basso (16,9% e 16,3% rispettivamente).

Crescono le risorse ma non bastano ancora

Dalla fotografia elaborata da D.i.Re sui propri centri emerge inoltre  una sostanziale crescita delle risorse impiegate a sostegno delle donne. Ciononostante, tali risorse continuano a essere complessivamente non sufficienti, dimostrando l’importanza di un maggiore supporto da parte delle istituzioni, dei finanziatori pubblici (Regioni e Comuni) e di quelli privati.

“Nonostante i dati relativi ai finanziamenti appaiano positivi, i centri antiviolenza sopravvivono nonostante da parte delle istituzioni manchi un approccio che riconosca il loro valore, così come delle loro attività di accoglienza e prevenzione” dichiara Antonella Veltri, presidente D.i.Re. “Sul territorio nazionale – aggiunge – c’è una totale disomogeneità dei contributi pubblici e delle modalità di collaborazione, disomogeneità che crea confusione e disuguaglianze” continua Veltri. “Se vogliamo che i centri antiviolenza possano davvero fungere da argine alla violenza e da motore di cambiamento, anche grazie alle attività di prevenzione, è indispensabile che vengano riconosciuti come soggetti autorevoli e adeguatamente finanziati” conclude la presidente.

117 i centri gestiti e 66 le case rifugio

Vivendo principalmente di volontariato, i centri antiviolenza della Rete D.i.Re possono contare su risorse economiche non ancora sufficienti a garantire sempre risposte adeguate. Quanto al finanziamento privato, è in crescita di 11 punti percentuali rispetto al 2022. Aumenta anche l’autofinanziamento, del 9 per cento.

Le organizzazioni della rete sono attualmente 87 e gestiscono 117 centri e 218 sportelli antiviolenza, oltre a 66 case rifugio su tutto il territorio nazionale. I centri garantiscono alle donne accoglienza, ascolto e possibilità di assistenza legale nella totalità dei casi. Offrono consulenza psicologica e percorsi di orientamento al lavoro in percentuali superiori al 92% dei casi. Nei 112 centri antiviolenza su 117 che hanno partecipato alla raccolta dati, le donne accolte nel 2023 sono state 23.085 (+ 11,5% sul 2022) di cui 16.453 nuove (+ 15% sul 2022). “L’incremento di centri e sportelli antiviolenza e di donne accolte dimostra il valore della presenza della Rete sul territorio” dichiara Antonella Veltri “Questa crescita rende ancora più evidente l’urgenza di politiche nazionali di sostegno ai centri antiviolenza, che ancora oggi basano le loro attività prevalentemente sul volontariato” conclude la presidente.

Sono le volontarie, come per gli anni precedenti, a sostenere le attività dei centri. Tuttavia, rispetto al 2022, si registra un incremento di oltre 4 punti percentuali per le attiviste retribuite totali e di 7 punti percentuali per le attiviste retribuite nuove.

Una donna su tre che si rivolge ai centri non ha un lavoro

Il 46,5% delle donne che si rivolgono a un centro della rete ha età compresa tra i 30 e i 49 anni, riflettendo un andamento stabile nel tempo. Sono prevalentemente donne italiane, anche se, nel 2023, almeno una su quattro è di nazionalità straniera. Quasi una donna su tre, tra quelle che si sono rivolte ai centri antiviolenza, non ha un lavoro e meno della metà (41,1% tra occupate e pensionate) può contare su un reddito sicuro.

L’autore di violenza è quasi sempre il partner o l’ex partner

L’autore della violenza è prevalentemente italiano: soltanto il 26% ha provenienza straniera e questo dato, commenta l’associazione, è “oramai consolidato negli anni con scostamenti non significativi (nel 2022 era del 28%) e mette in discussione lo stereotipo diffuso che vede il fenomeno della violenza maschile sulle donne ridotto a retaggio di universi culturali situati nell’altrove dei Paesi extraeuropei”. Quasi sempre l’autore della violenza, inoltre, è il partner oppure l’ex partner. Questo significa che nel 74,2% dei casi (80,5% nel 2022, 79,8% nel 2021) la violenza viene esercitata da un uomo in relazione affettiva con la donna.

Offerta delle case rifugio ancora insufficiente

Le violenze, soprattutto quando agite dal partner o dall’ex-partner, possono sfociare in situazioni di grave pericolo sia per la donna sia per i suoi figli e figlie. Le case rifugio rispondono alla necessità di allontanarsi dall’abitazione familiare, come unica soluzione percorribile per evitare ulteriori e più gravi violenze. Nel 2023 i centri che dispongono di almeno una casa rifugio sono complessivamente 66, corrispondenti al 59 per cento. Si registra anche per il 2023, come per gli anni precedenti, un aumento degli appartamenti di cui le case dispongono (si passa da 198 nel 2022 a 227 nel 2023) e una disponibilità di 1.190 posti letto. “Ciononostante, l’offerta risulta ancora insufficiente, tanto è vero che 673 donne non hanno potuto trovare ospitalità”, sottolinea D.iRe.

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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.

Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.

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