Psicoanalisi, è il momento di tornare ad ascoltare la voce femminile

“È possibile immaginare una psicoanalisi che non sia solo un’Atena nata dalla testa di Zeus? Una psicoanalisi partorita da donne?”. La psicoanalisi ha due grandi “padri”, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung. Come in tanti altri campi, le grandi “madri” sono rimaste per troppo tempo nell’ombra, pur avendo avuto un ruolo fondante in quella che è stata la pratica che ha rivoluzionato l’approccio alla salute mentale e alla cura dei disturbi psicopatologici tra l’Ottocento e il Novecento. Con l’intento di ridare voce al femminile nella psicoanalisi – così come in tutta la nostra cultura – le autrici di “Immagini, mito e poetica della clinica” (Moretti&Vitali), Iolanda Stocchi e Sonia Giorgi, psicoterapeute, muovono da qui, da questa domanda, per un viaggio esplorativo nei significati del femminile da riscoprire, per dare un nuovo senso al femminile di oggi.

“La forma del femminile è il noi

Il libro si compone di due parti separate, firmate dalle due autrici, che si completano. “Avremmo potuto scrivere due testi separati, quella di essere in due è una scelta ben precisa – racconta Stocchi – perché a nostro modo di vedere la forma del femminile è proprio il noi, il plurale. Il femminile cerca le relazioni, la connessione”. E questo senso del noi torna già dalle prime pagine e si percepisce in tutto il testo, grazie al coro di donne presenti, dalle donne psicoterapeute e psicanaliste e pensatrici (Marina Valcarenghi, Silvia Vegetti Finzi, Riane Eisler, Maria Gimbutas tra le tante citate) che hanno reso possibile la riflessione in quest’ambito, alle pazienti seguite in terapia. “Negli ultimi anni ha prevalso un’ipertrofia maschile nella società, a cui ha corrisposto una postura maschile anche nella psicoanalisi – dice Stocchi – che ha in un certo senso eliminato tutti quegli elementi legati al femminile, ed è questa postura femminile che vogliamo riportare alla luce”, perché può dare un prezioso contributo al pensiero psicoanalitico, alla cura e alla società tutta.

Un viaggio di riscoperta

Riscoprire il femminile, quindi, è l’obiettivo: e questo vale per gli uomini e per le donne, perché quello che vediamo prevalere oggi secondo l’autrice “è l’aspetto peggiore del maschile“, anche nelle donne che a volte si trovano esse stesse “a incarnare il peggior volto del patriarcato”. In qualche modo, è il sapere femminile che è andato nell’ombra, che si è perso e per questo il libro accompagna i lettori e le lettrici in un viaggio attraverso i miti e i simboli, alla ricerca e alla scoperta affascinante proprio di quegli elementi, di quelle narrazioni che mostrano come qualcosa si sia interrotto e proprio da lì, dal passato possa invece essere recuperato, mostrando così che sempre hanno fatto parte di noi. Sono due i miti proposti dalle autrici in primis: la Sirena, che se ascoltata conduce a un nuovo – necessario – incontro tra maschile e femminile e il Labirinto, evocazione e rivalutazione del pensiero femminile (“troppo spesso dimenticato”).

Il mito della Sirena, un femminile “diffamato”

La ricerca sul simbolo della Sirena è di impostazione mito-psicologica. Le sirene sono spesso considerate simbolo di un femminile seduttivo, lussurioso e ingannatore, ma è un mito che Stocchi – che proprio sul mito delle Sirene ha pubblicato un lavoro nel 2005 – vuole sfatare. “Credo – dice – che la Sirena, come tanti femminili mitici, sia stata vittima di una sorta di diffamazione, mitologica ma anche psicologica. Nelle mie ricerche ho trovato ben altro che quell’ombra del femminile che normalmente descrive le sirene e le identifica con la seduzione”.

Così, attraverso la ricerca storica e iconografica, attraverso le immagini messe in relazione con ciò che avveniva nella stanza d’analisi (soprattutto con la tecnica del Gioco della Sabbia (che è un metodo psicoterapeutico che nasce dall’osservazione della potenzialità terapeutica che ha il giocare per la psiche e si fonda sulla funzione di autoguarigione dell’inconscio attraverso la produzione di immagini e il ruolo creativo delle mani con la realizzazione di Quadri di Sabbia che sono una sorta di “ecografia della psiche”), Stocchi riscrive la storia del mito, o meglio la riscopre. “Le sirene che il mito ci ha consegnato sono quelle di Ulisse – dice Stocchi – e l’Odissea è una delle prime fonti, ma non tutti sanno che quello che le sirene promettono a Ulisse è la conoscenza. Quando Cicerone parla delle sirene, parla della seduzione della conoscenza. Nel mito è rimasta solo la seduzione, come in un telefono senza fili che perde le parole”. Le sirene, dunque, promettono all’eroe la conoscenza e lui si fa legare, pur di poterle ascoltare.  “Se non le ascolti e non le segui, si uccidono. E se le ascolti, ti uccidono”, dice la psicoterapeuta. Ma le sirene di Ulisse gli chiedono di seguirle, di ascoltarle, senza morire, chiedono un cambio di coscienza: “Ulisse ci prova ad ascoltarle, ma questo non basta”.

L’accettazione del “no” e la violenza sulle donne

Nelle leggende sulle sirene un elemento è centrale e di grande attualità, l’accettazione del “no”, del divieto. “La figura della sirena con la coda che emerge  nel Medioevo attraverso il dal mondo celtico, vuole incarnarsi e diventare umana, e per questo chiede al maschile di accettare il suo ‘no’, come nella leggenda di Melusina.” In tutte queste storie c’è il “divieto di guardare la sirena, di pronunciare una parola, di guardarla durante il parto. Rispettare il divieto significa accettare l’alterità del femminile, non esserne spaventato. Il rifiuto, l’incapacità di accettare quel no è quello che ritrovo, oggi, nei femminicidi”, dice Stocchi. Questa è la chiave per una relazione tra maschile e femminile, così necessaria oggi. “I maschili che sono capaci di guardare la sirena e di vederla con occhi diversi, di accettare il suo ‘no’, non sono maschili logos, sono quelli legati all’istinto, al sentimento, oltre il logos sono anche maschili pathos… mentre oggi assistiamo, nella nostra società, a una certa ipertrofia del logos”, e della violenza che questo comporta, sottolinea.

“I simboli e i miti del passato ci mostrano l’impossibilità di ridurre la donna al solo universo maschile“, c’è molto altro che va esplorato e riscoperto e questo porterebbe a un cambio di paradigma nella nostra società, sarebbe un bene per tutti e per tutte. “Serve andare verso un sapere dove maschile e femminile siano realmente in relazione, con uguali diritti e sullo stesso piano”, dice Stocchi, e nel rispetto di un’alterità generativa.

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Titolo: “Immagini, mito e poetica della clinica. Per una psicoanalisi al femminile”
Autrici: Sonia Giorgi e Iolanda Stocchi
Editore: Moretti&Vitali
Prezzo: 18 euro

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