Cosa rende tale una famiglia?
A questa domanda si può dare una pluralità di risposte.
C’è chi chiama in causa matrimonio e figli, chi la coppia, chi nuclei allargati, chi animali domestici, amici oppure coinquilini.
Oggi, siamo ben lontani dalla definizione che implicitamente si trova nell’articolo 29 della Costituzione, ossia di famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”.
Da un punto di vista sociologico, la famiglia è un gruppo sociale che si caratterizza per “residenza comune, cooperazione economica e riproduzione”. In senso più ampio, è considerabile un ecosistema formato da persone legate tra di loro da un rapporto di convivenza, parentela oppure affinità.
Eppure, queste definizioni continuano a dirci troppo poco. A mancare, è la componente emotiva e viscerale dei rapporti umani. Quell’elemento che ti fa considerare “famiglia” anche persone con le quali non si condivide casa o gradi di parentela. E con le quali persino le affinità possono essere relative.
L’evoluzione di “famiglia”
Negli ultimi decenni il concetto di famiglia sta profondamente mutando. Da nucleo familiare fondato sulla coppia eterosessuale, sposata con figli, si sta passando a un caleidoscopio di possibilità e declinazioni. Spesso, tuttavia, in ottica riduzionista.
A tal proposito, si stima che nel 2040 il 39% delle famiglie sarà costituito da persone che vivono da sole.
Secondo gli ultimi dati Istat disponibili, infatti, sebbene il numero di tipologie di famiglie stia progressivamente aumentando, si assiste a una progressiva riduzione della dimensione familiare. Con un aumento delle famiglie mononucleari e una contrazione di quelle numerose. L’ampiezza familiare media è attualmente di 2,3 componenti a fronte dei 2,6 di vent’anni fa. E dei 4,5 nel lontano 1861.
Attualmente, l’Istat riporta che le famiglie unipersonali rappresentano un terzo del totale e quelle mononucleari di coppie con figli (e senza altre persone), si attestano a poco più di tre su dieci.
La (mancata) rappresentazione delle “famiglie”
Ecco allora che oggi, Giornata Internazionale della Famiglia, può essere l’occasione per ripensare il concetto di “famiglia” e celebrarne ogni sua forma.
A mancare – nonostante l’evidenza che “famiglia” sia ormai un concetto lato – è infatti la sua rappresentazione al di là di quella tradizionale. Esclusi rari casi – si pensi alle campagne pubblicitarie Ikea, ad esempio – mancano rappresentazioni della pluralità familiare odierna.
I timidi tentativi di includere famiglie monogenitoriali, genitori divorziati o coppie senza figli all’interno degli spot televisivi, ad esempio, finiscono per diventare casi mediatici – come quello Esselunga della pesca – oppure rimandano (quasi) sempre e comunque alla coppia eterosessuale, cisgender e bianca.
La questione non si limita solamente alla pubblicità. Si riflette anche nei servizi rivolti alle famiglie – che siano privati o pubblici – nella giurisprudenza e, più in generale, nella considerazione sociale che si ha delle reti familiari. Basti pensare ai problemi legati al mancato riconoscimento legale di entrambi i genitori nelle famiglie LGBTQ+. Specialmente in caso di separazione o morte del genitore biologico.
Ciò che non viene nominato e rappresentato non esiste. Eppure le famiglie al di fuori di quella tradizionale esistono eccome. Ecco allora che sarebbe opportuno rinominare la ricorrenza di oggi in: “Giornata Internazionale delle Famiglie”. Nell’idea che “famiglia” sia dove ci si sente a casa. O, per parafrasare lo scrittore Nagib Mahfuz, dove cessano tutti i nostri tentativi di fuga.
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