La trasformazione digitale, la transizione verde e l’accelerazione tecnologica stanno ridefinendo il panorama lavorativo globale e le competenze Stem diventano sempre più cruciali. Tuttavia in Italia il numero di iscritti a corsi di laurea scientifici non cresce: in 10 anni si registra solo +1% di immatricolati e il gender gap non si è ancora chiuso, con il 10% di donne Stem sul totale degli iscritti a percorsi di istruzione terziaria (che comprende non solo le università, ma anche agli istituti tecnici superiori e i percorsi di istruzione dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica).
Questo è il quadro evidenziato dal position paper “R-Evolution Stem. Le competenze tecnico-scientifiche per il futuro del lavoro”, realizzato nell’ambito dell’osservatorio Stem e promosso da fondazione Deloitte e dal programma di politiche pubbliche di Deloitte.
Panorama Europa
Allargando il quadro oltre l’Italia, ad altri 9 Paesi (Belgio, Francia, Germania, Grecia, Malta, Olanda, Regno Unito, Romania, Spagna), i percorsi di istruzione terziaria scientifica, continuano a essere intrapresi da una minoranza di studenti. Nel 2021 infatti, solo il 23% degli studenti è iscritto a una laurea Stem, con alcune variazioni a seconda del Paese. Questo quadro è rimasto sostanzialmente stabile in Europa negli ultimi tre anni. Tra le diverse geografie, la Germania si conferma leader nell’istruzione Stem, dove quasi quattro studenti su dieci frequentano percorsi di istruzione in questo ambito, a differenza dell’Italia con 1 studente su 4, dato leggermente sopra la media dei 10 Paesi di analisi.
L’urgenza delle competenze Stem in Italia
Nel rapporto di Anpal-Unioncamere sulle previsioni occupazionali per il periodo 2023-2027, emerge una significativa carenza di lavoratori in settori chiave legati alle lauree Stem e al contempo si registra un aumento della richiesta di competenze digitali e green, generando un divario di competenze nel mercato del lavoro. Le competenze green saranno richieste a circa 2,4 milioni di lavoratori, costituendo oltre il 65% del fabbisogno. L’assenza di una risposta adeguata potrebbe mettere a rischio la creazione di posti di lavoro.
Eppure 6 giovani su 10 riconoscono il ruolo cruciale delle Stem nel progresso scientifico e tecnologico, soprattutto nel contesto della scienza, salute e medicina (33%). Un significativo 24% degli studenti e 23% dei giovani occupati riconosce l’importanza delle materie scientifiche per la decarbonizzazione e la transizione verde, mentre il 28% degli studenti e il 26% dei giovani occupati le considera essenziali per l’economia circolare e l’ottimizzazione delle risorse.
“La scarsa affluenza verso percorsi Stem in Italia è determinata da una conoscenza limitata delle opportunità educative e professionali in questo ambito, insieme a barriere di genere e socioeconomiche” secondo Fabio Pompei, ceo di Deloitte Central-Mediterranean, che prosegue: “È necessario un intervento su tre leve: universalizzare le Stem fin dall’infanzia, abbattere barriere di genere e socioeconomiche, e promuovere la formazione continua.”
Partire dall’infanzia
Promuovere la diffusione delle discipline scientifiche tra comunità, famiglie e studenti tramite strumenti inclusivi e iniziative che favoriscano l’interesse fin dalla prima infanzia, significa anche interfacciarsi con canali diversi e più appealing. Le arti, specialmente il cinema, l’editoria e i media, giocano un ruolo fondamentale nell’educare, generare nuove idee e coltivare linguaggi e espressioni multidisciplinari, anche attraverso l’uso dell’arte pubblica come piattaforma educativa.
Ricorrere ad iniziative di role modeling e orientamento dedicato, sin dai primi anni della scuola dell’obbligo, possono agevolare l’avvicinamento a questi ambiti. Non ultimo, pensare alla creazione di spazi di cura per bambini e bambine all’interno delle università e delle aziende per agevolare la genitorialità delle lavoratrici e lavoratori.
Inoltre, l’accento sui risultati della formazione Stem e la sensibilizzazione sugli impatti dei programmi di promozione possono favorire la parità di genere e la sostenibilità nelle aziende e negli ambienti lavorativi.
Le competenze richieste dalle aziende
Il mercato sta richiedendo profili sempre più a tutto tondo e tra le competenze maggiormente richieste dalle aziende, non compaiono solo quelle di ordine specialistico, ma ricoprono un ruolo importante anche altri aspetti, come quello creativo e relazionale.
Se tra le hard skill maggiormente ricercate, compaiono quelle inerenti l’ambito digitale, come lo sviluppo di software, con particolare attenzione alla cybersecurity e la presentazione dei dati. Mentre più ridotta risulta la percezione rispetto alla rilevanza di qualifiche quali cognitive analytics, machine learning e sostenibilità determinanti per agganciare il cambio di paradigma imposto dall’Intelligenza Artificiale.
Tra le soft skill troviamo l’attitudine a individuare soluzioni efficaci in modo autonomo – problem solving, insieme a empatia e intelligenza emotiva, ma anche capacità di ascolto, creatività e abilità di innovare, ritenute funzionali al lavoro in team e, più in generale, all’interno delle organizzazioni a fini relazionali. Tali esigenze aziendali trovano generalmente riscontro anche nella prospettiva dei giovani occupati.
Emerge inoltre la necessità di prevedere programmi di upskilling e reskilling per favorire l’aggiornamento costante delle competenze – lifelong learning – in linea con le esigenze del mercato del lavoro anche attraverso una costante sinergia fra università, imprese ed istituzioni.
“Guardiamo alla scienza come a qualcosa di molto elitario, riservato a pochi. Ma non è vero. È sufficiente cominciare presto e fornire ai bambini una base solida. Le aspettative influenzano il loro apprendimento. Nel 1800 si diceva che non tutti potevano imparare a leggere e scrivere. Anche questo non era vero.” (Mae Jemison – Astronauta, ingegnere e medico, prima donna afroamericana a viaggiare nello spazio)
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