Da offese e altre forme di diffamazione on-line ad aggressioni ancora più gravi perpetrate sempre grazie all’utilizzo del web, fino ad arrivare alla diffusione e detenzione di materiale pedopornografico. Sono i tanti volti del cyberbullismo, un fenomeno in crescita – che va a configurare dei veri e propri reati – e già oggi preoccupa 7 giovani su 10 che frequentano la rete. Un argine però c’è ed è costituito da una buona educazione digitale (non solo da parte degli adolescenti ma anche degli adulti che li accompagnano) e dalla prevenzione.
Al centro c’è la conoscenza della legge che, dal 2017, in Italia, offre alle vittime di cyberbullismo diverse forme di tutela. “La prevenzione viene prima di tutto“, spiega ad Alley Oop l’avvocato Paolo Russo, presidente di Contrajus, associazione di professionisti (avvocati, psicologi, educatori) che si misura su questioni sociali e giuridiche inerenti le fragilità e che venerdì 23 giugno parteciperà al Forum organizzato da Parks al teatro Elfo Puccini dalle 10 alle 17.
“E’ fondamentale – spiega il legale – che i ragazzi conoscano il fenomeno e abbiano accanto persone adulte competenti e capaci di entrare in empatia con loro. A quel punto, sanno aprirsi, parlare delle loro difficoltà e cercano, insieme all’adulto in cui vedono un riferimento, di trovare delle soluzioni“.
I numeri
Nei comportamenti relazionali più critici, l’occorrenza del bullismo si colloca intorno al 15% complessivamente e decresce con l’aumentare dell’età, con proporzioni del 19% tra gli undicenni, il 16% nei tredicenni e poco più del 9% tra i 15enni.
Analoghe proporzioni si osservano per il cyberbullismo, più frequente nelle ragazze (17% contro 13%) e nelle età più giovani: 19% a 11 anni, 16% a tredici e 10% a 15 anni. Più precisamente, nella fascia di età 11 anni risultano vittime di cyberbullismo il 17,2% dei maschi e il 21,1% delle femmine; i 13enni coinvolti sono il 12,9% dei ragazzi e il 18,4% delle ragazze; gli adolescenti di 15 anni sono il 9,2% dei maschi e l’11,4% delle femmine.
La fotografia dei comportamenti degli adolescenti è stata scattata dalla rilevazione 2022 del Sistema di Sorveglianza HBSC Italia, promosso dal ministero della Salute e dal CCM – Centro per il Controllo e la prevenzione delle Malattie del Ministero della Salute, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità insieme alle Università di Torino, Padova e Siena e svolto in collaborazione con il ministero dell’Istruzione e del Merito, le regioni e le aziende sanitarie locali. Nella rilevazione 2022, i ragazzi di 11, 13, 15 e 17 anni che hanno risposto al questionario sono stati 94.178 distribuiti in tutte le Regioni italiane, per un totale di 6.388 classi campionate.
Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio indifesa realizzato da Terre des Hommes e OneDay, con l’aiuto di ScuolaZoo e delle sue community, solo una minima parte dei ragazzi e delle ragazze vittime di bullismo è stato aiutato: su 11.394 risposte, solo 2.995 hanno ricevuto una forma di aiuto, che principalmente proviene dai genitori, da amici, insegnanti, psicologi della scuola e allenatori sportivi.
Cosa dice la legge
Le conseguenze legate a un uso non corretto della rete possono essere sia civili sia penali. Lo spiega in modo chiaro Russo: “se un minore che ha già compiuto 14 anni pone in essere, attraverso il web, condotte che sono dei veri e propri reati, risponderà personalmente di questi sotto il profilo penale e se ne assumerà le conseguenze davanti un tribunale. Inoltre saranno coinvolti anche gli adulti che hanno reso possibile questa situazione. Il genitore che, per una non corretta educazione impartita, ha permesso che il minore si sentisse libero di porre in essere condotte di cyberbullismo nei confronti di altri minori dovrà affrontarne le conseguenze sul piano civile“.
La norma di riferimento è l’articolo 2048 del Codice civile, che chiama in causa la responsabilità del genitore nel caso di danni causati a terzi dai figli minori.
Per quanto riguarda le armi a disposizione di un minore vittima di cyberbullismo, illustra Russo, i profili sono differenti: “il minore che abbia già compiuto 14 anni può sporgere denuncia per un abuso, per altro reato o per una condotta illecita subìti. Al tempo stesso può chiedere direttamente al gestore di un sito internet o del social network dove effettivamente l’azione di cyberbullismo sia stata perpetrata di bloccare, oscurare o cancellare dalla rete, entro 48 ore dalla segnalazione, quello che è considerato un gesto offensivo, discriminatorio o volgare nei suoi confronti“.
A mettere questi paletti è la Legge numero 71 del 2017, “la prima in Europa che si è occupata di prevenzione del cyberbullismo“, puntualizza Russo. La norma dice inoltre che, laddove il minore abbia fatto questa richiesta al gestore e non abbia ottenuto il risultato sperato entro 48 ore, ha comunque una seconda possibilità, ripresentendo l’istanza ma rivolgendosi a un interlocutore diverso, il Garante per la privacy, il quale avrà l’obbligo in 48 ore di cancellare quello che il gestore del sito o del profilo social non è riuscito effettivamente a oscurare.
“I ragazzi, in questo modo, sanno di avere una via d’uscita da una situazione che li ferisce anche qualora non avessero il coraggio di parlare con un adulto ma volessero allo stesso tempo vedere sparire dalla rete ciò che più li ferisce“, conclude Russo.
Le conseguenze
L’uso dei social media richiede un’attenzione particolare e un loro utilizzo problematico comporta infatti conseguenze negative sul benessere fisico e psicologico dei giovani. Secondo uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, i giovani che fanno uso problematico dei social media sono il 16,9% delle ragazze e il 10,3% dei ragazzi. Tra le ragazze di 15 anni, la prevalenza arriva a superare il 20%.
Le giovani generazioni però sono molto consapevoli dei pericoli del web, come confermato dall’analisi di Terres des Hommes: ben 7 su 10 dichiarano di non sentirsi al sicuro quando navigano in rete. A preoccuparli maggiormente è proprio il rischio di cyberbullismo (68,8%) seguito da revenge porn (60%) furto di identità (40,6%) e stalking (35%) ma anche l’alienazione dalla vita reale (32,4%) con la creazione di modelli e standard irraggiungibili, è fonte di enorme frustrazione. Al di fuori degli schermi virtuali, invece, il 50% degli adolescenti dice di aver paura di subire violenza psicologica e bullismo (44%).
Prevenzione e formazione
“Andare a spiegare ai ragazzi che esiste una legge che li tutela e il suo funzionamento significa che sempre più persone possano usufruirne”. Spesso però, constata Russo, è una possibilità che non conoscono né i genitori e né i ragazzi. E purtroppo, a volte, nemmeno le scuole, in molte delle quali Contrajus è impegnata nel fare formazione.
“Nessuno si illude che cancellare dalla rete un contenuto pubblicato sia facile. Basta uno screenshot per replicare all’infinito quell’offesa in tante parti del web. Tuttavia dare un salvagente a un giovane che si sente in difficoltà è una possibilità che lo consola e che può scongiurare il compimento di gesti scellerati“.
Il pensiero corre a Carolina Picchio, prima vittima riconosciuta di cyberbullismo, morta suicida nel 2013, a 14 anni, dopo la diffusione sul web di un video a sfondo sessuale. “Le parole fanno più male delle botte. Ciò che è accaduto a me non deve più succedere a nessuno” scrisse nel suo messaggio d’addio.
La prevenzione sta già dando i suoi frutti ma, mette in guardia l’avvocato, “siamo ancora in una fase ascendente: il cyberbullismo è in aumento ed è destinato a crescere ancora. Questo perché manca da parte del pubblico adulto e in particolare dei genitori la sensibilità di educare i figli a un uso corretto della rete e delle tecnologie”. Loro stessi, non essendo nativi digitali, non si rendono conto – o lo fanno troppo tardi – della potenzialità lesiva di un utilizzo incondizionato della tecnologia.
Al ruolo di genitori e figli nel mondo del digitale è dedicata anche Mammadimeta, la collaborazione nata tra Meta insieme a Francesca Fiore e Sarah Malnerich (alias Mammadimerda) volta a sensibilizzare gli adulti sull’importanza di un utilizzo responsabile dei social da parte dei loro figli adolescenti.
L’obiettivo di Mammadimeta è proprio quello di coinvolgere i genitori sull’argomento e fornire loro al tempo stesso gli strumenti necessari per avvicinarsi agli adolescenti, comprendere le loro esperienze e guidarli verso un’esperienza positiva sui social. Nasce così anche una breve guida a Instagram con gli strumenti dedicati a genitori ed adolescenti per un uso sicuro e consapevole della piattaforma, disponibile anche sul sito web mammadimeta.it
Fiducia nella Gen Z
Gli stessi giovani, che oggi rischiano di non essere messi a conoscenza dei pericoli di un uso smodato della rete, in futuro saranno gli alleati per sconfiggere la violenza in rete. “Nella lotta al cyberbullismo – conclude l’avvocato Russo – le cose andranno probabilmente meglio quando i giovani della Generazione Z saranno adulti e molto più inclini, rispetto ai genitori di oggi, a insegnare ai propri figli, fin da piccoli, l’importanza dell’utilizzo consapevole del web, in un mondo in cui le nuove tecnologie, i social e le applicazioni di messaggistica saranno sempre più diffusi“.
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