“Femminismo giuridico” è un volume che esce nel 2019 per Mondadori, curato da Anna Simone, Ilaria Boiano e Angela Condello. Le prime pagine sono già un manifesto. Dire del rapporto tra diritto/diritti/giustizia e femminismo significa, per le autrici, fare i conti con il conflitto, con una matassa irrisolta.
“Prospettive di riconoscimento dell’eguaglianza formale e sostanziale e affermazione della differenza di sesso o di genere”. Sono questi i temi di un dibattito che si è fatto rovente (e non più solo negli ambienti in cui il pensiero femminista ha storicamente trovato spazio per stirarsi e misurarsi). Condensati in poco più di centocinquanta pagine tornano, prepotenti, in questo ultimo scorcio del 2021.
L’affossamento del Ddl Zan al Senato è notizia di qualche settimana fa. Al netto delle destre estreme, dentro e fuori dai palazzi, quello che vediamo accadere non può esimerci da considerazioni anche scomode, su temi profondamente politici e universalmente riconosciuti come propri del femminismo o dei femminismi.
È perciò fortemente raccomandato che ad agevolare la riflessione non manchi un libro come questo, che si aggiunge ai titoli di “Lessico democratico”, collana che ha offerto nel tempo numerosi spunti tradotti in “Teorie e problemi”.
Il lavoro – che è di scavo e di osservazione – parte da una prospettiva chiara: “Con il concetto di ‘femminismo giuridico’ il diritto assume un respiro critico”. Smarcandosi dalla retorica, quelle pagine si propongono il compito ardimentoso di rimettere al centro del tavolo “la necessità di ripensare la giustizia anziché il potere, la democrazia anziché l’autoritarismo, trasformando il femminismo in un pensiero alternativo e fecondo per tutte e tutti”.
Il primo saggio che apre il volume è un contributo di Anna Simone. Evoca citazioni internazionali. Con la giurista Carol Smart, si ribadisce a voce alta che il diritto è sessista, maschile, sessuato. Che sia androgino lo dice Frances Olsen, esponente dei critical legal studies. Bisogna, insomma, smetterla di negare l’evidenza: il diritto è la forma nella quale il patriarcato ha declinato il potere e lo ha solidificato, calandolo nella cornice della modernità.
Chiara Giorgi definisce il binomio differenza/eguaglianza e in poche eversive battute giunge alla proposta di un cambiamento che si serva della pratica: nominare la differenza è la via per andare oltre l’insignificanza. Siamo dentro la lezione di Stefano Rodotà, il diritto a contatto con la realtà “con il sostrato materiale, con i soggetti in carne e ossa, immerso nella processualità della storia”.
Comincia, così, a delinearsi un diritto più vicino allo ius anziché alla lex, alla dimensione del nomos di Antigone, figura che ritorna sin dalla prima pagina di questo libro che è dedicato ad Ilaria Cucchi, indiscutibilmente e correttamente definita “un’Antigone contemporanea”.
È Angela Condello a tentare di misurarsi con un lavoro meticoloso che per una buona metà del mondo, per molto tempo, è stato a tratti anche disturbante: mettere a fuoco sesso, sessualità e riproduzione.
Lo fa prendendo in prestito la lucidità folgorante del “Manifesto di rivolta femminile” del 1971: “Per il piacere di chi sono rimasta incinta? Per il piacere di chi sto abortendo? Questo interrogativo contiene i germi della nostra liberazione”. Riemerge la tensione antica e mai sopita tra diritto e vita.
La filosofa, che tra l’altro dirige il progetto Jean Monnet, illumina “la questione della riproduzione” che oscilla tra poli opposti: quello negativo della scelta di non diventare madre e l’altro, che i legacci della tradizione ammantano di positivo, quello della dimensione propria di quante vogliono ma non possono avere figli.
C’è, è chiaro, in queste pagine una riflessione che può risultare preziosa a chi intenda avvicinarsi con spirito critico e scevro da pregiudizi alle battaglie sull’aborto o al dibattito sulla gestazione per altri, riesploso dopo i fatti dell’abbandono della bimba ucraina da parte della coppia italiana che aveva fatto ricorso, per averla, proprio alla gestazione per altri.
L’ultima frontiera è quella affrontata da Ilaria Boiano. L’avvocata, specializzata in procedimenti a difesa delle donne migranti e richiedenti asilo, cura il capitolo dedicato alla cittadinanza, nella sua dimensione dinamica e in quella statica che Marshall definiva come “coincidenza con l’appartenenza ad una comunità”.
Le stesse pagine in cui l’autrice ci invita a riscoprire il legame tra desiderio e diritto sono, in fondo, abitate da forme e luoghi dell’esclusione. “Ripercorrendo le storie delle donne che attraversano le frontiere emerge una molteplicità di corpi desideranti, contraddistinti da un’irriducibile appartenenza a reti relazionali che non si fanno imbrigliare dalle classificazioni giuridiche”.
Il volume è indiscutibilmente onesto, provocatorio senza essere stucchevole, e dà la misura di cosa sia la radicalità del femminismo, che colloca nella centralità del corpo e della differenza sessuale intesa come pratica. Per ciò che è, il testo conduce per mano uomini e donne che lavorano con il diritto, che lo praticano, che provano a maneggiarlo.
Anche questo, come ogni viaggio che si rispetti, termina con una presa di coscienza. È qui che il lettore e la lettrice arrivano alla consapevolezza di dover ricominciare da capo, ripensare radicalmente la struttura del diritto, che non è fatta per la parità. È una consapevolezza amara, ma spalanca orizzonti, lascia intravedere cambiamenti che incarnano la rivoluzione culturale cui tante volte facciamo appello, davanti alle storture della realtà che ci circonda e ci soffoca. Torna qui Lia Cigarini che già nel 1992, in “Sopra la Legge”, riconosceva nel vuoto legislativo un’opportunità per le donne, un’occasione che, oggi più che mai, abbiamo il dovere di cogliere.
Il lavoro da fare preme come un’urgenza. Rosanna Marcodoppido tracciava una linea, nel suo intervento al convegno dell’Udi, ormai molti anni fa: “Il tempo della libertà femminile non è il tempo della libertà maschile. Se infatti la libertà femminile ha prodotto la crisi del patriarcato, sembra proprio che la crisi del patriarcato non stia producendo libertà maschile. Gli uomini continuano a essere immersi in un universo di significati, in un sistema simbolico mai indagato fino in fondo, mai riconosciuto, che dà loro potere e privilegi ma che toglie loro la conoscenza, li lascia nell’ignoranza profonda di sé e della loro differenza” (Atti del Convegno dell’Udi, Roma il 14-15 maggio 1998).
La nostra libertà l’abbiamo costruita. È tempo adesso che impariamo ad agirla.
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Titolo: “Femminismo giuridico. Teorie e problemi”
Autore: Anna Simone, Ilaria Boiano, Angela Condello
Editore: Mondadori
Prezzo: 14 euro
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