Il ruolo dello psicologo in relazione alla difesa dei diritti umani abbraccia una responsabilità che va oltre la comprensione della sua professionalità in quanto tale. Il riconoscimento del sostegno psicologico parte da una sensibilità all’ascolto, da un approccio che si propone consapevolmente di attraversare barriere sociali o culturali. In questo, l’arte si presta come fattore di analisi portante, dando vita ad una zona libera, creativa e potenzialmente rivoluzionaria. L’ascolto, è inoltre un diritto riconosciuto come tale per bambini e adolescenti, ora più colpiti dalla situazione emergenziale che stiamo attraversando a causa della pandemia di Covid.
Per dare spazio a questi temi, l’Ordine degli Psicologi della Lombardia ha inaugurato il 16 novembre la settimana “La Psicologia dei Diritti Umani”, patrocinata dal Comune di Milano e dalla Regione Lombardia: una serie di incontri per sensibilizzare la competenza e la consapevolezza del mondo dei diritti umani nella categoria degli psicologi, ricordandoci che è dovere di una società civile tutelare una cultura che riconosca il lavoro dello psicologo come professionista a supporto dei diritti umani. Il primo appuntamento ha visto protagonista la mostra virtuale dal titolo PerPorPourForVirZum. Il portale di OPL ha dato spazio alle opere di artisti di fama internazionale all’interno del Luogo dell’Arte, a sostegno della comprensione dei diritti umani attraverso il prodotto artistico.
Gli autori interpretano il connubio arte e diritti, ognuno scegliendo la propria tematica: per Diritti dell’Infanzia, Bambini e Adolescenti le opere di Patrizio Di Massimo, Por Diritti delle Donne le opere di Mariella Bettineschi, Pour Diritti LGBTQI+ le opere di Sara Revoltella, For Diritti della Disabilità le opere di Luca Saini, Vir Diritti dei Migranti le opere di Sislej Xhafa e infine, Zum Diritti dei Morenti e Fine Vita le opere di Simeone Crispino e Stella Scala, in arte Vedovamazzei. Il curatore Giacinto di Pietrantonio, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, spiega il significato del titolo della mostra che accompagna le varie parole associate ad ogni artista: “PerPorPourForVirZum è una parola costruita prendendo la preposizione Per, e declinata in varie lingue, esprimendo quindi l’intento di porsi a favore dei diritti Umani in questo caso. Un termine inventato e libero come facevano gli artisti futuristi, a seconda della lingua che si sceglie si può creare un titolo che ha una sonorità o una scrittura diversa. È trasversale ma ha sempre lo stesso significato, una parola scioglilingua a un contenuto aperto che si può scrivere all’infinito.”
Sulla relazione tra arte e psicologia riflette Gabriella Gilli, professoressa associata dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ed esperta in psicologia dell’arte: “Partirei da quello che succede nell’esperienza di tutti noi, ovvero il fatto che i genitori trovano i primi disegni dei loro figli molto belli, interessanti. Come mai? Potrebbero essere tre righe sul muro, dei pasticci, invece sono belli perché andiamo oltre. Oltre alle linee, ai cerchi. Lo facciamo mettendoci dentro una parte di noi stessi. L’arte è un risuonare dentro – che è anche un termine neuroscientifico – risuonare una parte dell’artista che viene a contatto con noi attraverso l’opera. Non c’è solo la mente nell’arte, c’è anche il corpo, e la psicologia ha sottolineato molto questo tema. L’arte è viscerale, in questo senso ci consente di accogliere le nostre capacità di stare al mondo. È una visione che ricrea la nostra realtà, quindi possiamo provare a immaginare ciò che ci circonda con un’altra descrizione, offrire altre letture e interpretazioni, soprattutto quelle che hanno meno voce, meno visibilità, meno diritti appunto. Come se fosse un allenamento ad una democrazia del pensiero e degli affetti. L’arte accoglie inoltre il dolore, accoglie il male, è una zona franca per le situazioni più difficili di chi non viene ascoltato, poiché bypassa un pensiero lineare. Stimola la comprensione e il dubbio sulla veridicità di una o l’altra visione del mondo, promuovendo l’integrazione. Sono stati fatti tanti studi sulle opere disturbanti fino alla body art, il discrimine per considerarle arte è quando incontrano un pensiero nell’osservatore, integrando un aspetto non tollerato per esempio.”
Alla vigilia della Giornata internazionale per i diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza, l’artista Patrizio di Massimo, ha presentato una serie di opere come Angry Bird (2021, olio su lino), No More Napies (2020, olio su lino), e Rye Garden Day Nursey (2021, olio su lino). Al centro delle opere, una riflessione sulla necessità costante di ascolto da parte del bambino, non ancora detentore di un’autonomia fisica o sociale, alla continua ricerca di sostegno da parte dell’adulto. In particolare, in No More Napies, raffigurante un momento famigliare tra madre, padre e figlia, la richiesta del “gioco” risiede tra la perplessità della bambina ancora in fase di apprendimento e il tentativo di attenzione del padre. Il gioco rappresenta un elemento fondamentale all’interno di un processo di formazione, come spiega il curatore Di Pietrantonio, che è capace di determinare l’assetto comportamentale sin dall’infanzia. In Rye Garden Day Nursey, di Massimo mette insieme un gruppo di bambini euforici uno sopra l’altro in un contesto didattico. Di sfondo, su una lavagna, sono riprodotte delle opere in miniatura di Kandinsky: l’arte è quindi intesa come background fondamentale nella formazione del bambino, volta a sondare un terreno dove l’approccio creativo si pone come vettore di empatia e comprensione dell’altro.
Luigi Zoja, psicologico psicanalista, aggiunge un commento soffermandosi sull’aspetto psicologico e sul valore assoluto dell’arte/artista: “Osservando l’analisi delle opere mi è venuto in mente il distacco tra Jung e Freud, cioè il fatto che in realtà un grosso salto operato da Jung – che stiamo usando adesso, perché parliamo di psicologia e non di psicanalisi – è forse proprio l‘essere usciti da un modello medico e non essere condizionati dalla clinica. Il salto che ha fatto la psicologia di Jung è stato quello di uscire dal modello medico e dire – se continuiamo ad applicare solo le grandi scoperte di Freud rischiamo di fare del riduttivismo guardando solo la parte malata -. Anche negli artisti cerchiamo la patologia infantile, cerchiamo l’orientamento sessuale, e con questo rischiamo di perdere il valore assoluto dell’artista. Il riduttivismo è sempre in agguato nel ventunesimo secolo, momento in cui ci specializziamo sempre di più secondo il modello americano. C’è il rischio di vedere qualcosa che è assolutamente vero e tuttavia chiudere la prospettiva rispetto all’oggetto osservato. Per esempio, guardando il Duomo di Milano, discuterne nei trattati di mineralogia quando comunque rimane socialmente più importante studiarlo nei libri di architettura. Inoltre, l’attività artistica è più ampia, comprensiva, e non può più prescindere da problematiche etiche, ambientale, contemporanee.”
L’Ordine degli Psicologi della Lombardia, in collaborazione con il Garante dell’infanzia e dell’adolescenza della Lombardia, ha inoltre recentemente aderito al progetto “Generation Covid: Respond. Recover. Reimagine” che unisce le forza di UNICEF Internazionale e dell’agenzia fotografica Magnum Photos. Sei fotografi sono stati coinvolti per raccontare come la vita dei bambini e dei giovani sia stata influenzata dal Covid-19 in sei paesi differenti (Brasile, Grecia, Italia, Turchia, Stati Uniti e Sudafrica). La riflessione che continua nelle opere all’interno di PerPorPourForVirZum sottolinea la responsabilità dell’individuo adulto di attuare una maggiore comprensione verso il cambiamento del mondo e tutto ciò che nel bambino può risultare disturbante. Diventa urgente saper accogliere le dinamiche di fragilità nei più giovani, che vanno tutelate attraverso il lavoro di professionisti, promuovendo una cultura dei Diritti Umani.
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