Un quadrotto di lana, lavorato ai ferri e unito ad altri secondo uno schema, è la base di partenza per formare una coperta. Un lavoro collettivo fatto da tante mani che hanno sferruzzato per realizzare questo manufatto che avvolge con il calore della lana e dell’affetto i genitori che sono accanto ai loro bambini in tin, terapia intensiva neonatale.
Le quaranta coperte realizzate e donate lo scorso 1 giugno, Giornata Mondiale dei Genitori, arrivano dall’associazione Gomitolorosa che si occupa di produrre manufatti a partire da lana italiana in esubero (dal 1° gennaio 2012 ad oggi sono stati recuperati 14mila kg di lana), che andrebbe altrimenti bruciata, realizzati da pazienti che sono in ospedale. Questo è solo uno dei progetti che ha realizzato l’onlus Gomitolorosa che nasce a Biella – non a caso città della lana – nel 2012, da un’idea del dottor Alberto Costa, che ha affiancato per quarant’anni il prof. Umberto Veronesi, e che attualmente è presidente della onlus. L’obiettivo è quellodi promuovere il lavoro a maglia negli ospedali come strumento per ridurre l’ansia nei pazienti, soprattutto oncologici, e di realizzare progetti con finalità di solidarietà sociale, come quello delle coperte.
Undici gli ospedali da nord a sud, da Milano a Messina, passando per Latina, Terni e Bologna dove è attivata la knitting therapy e un network – una community ribattezzata “Il filo che unisce” – che registra la partecipazione di oltre 1500 persone su tutto il territorio nazionale, per un totale di 150 gruppi diversi di lavoro.
«Si parla di “lanaterapia”, ovvero di quel benefico effetto di supporto e di sollievo che dona lavorare a maglia o all’uncinetto – spiega Ivana Appolloni, direttrice della onlus Gomitolorosa – in quanto lavorare a maglia favorisce la socializzazione e la condivisione, facendo nascere nuove amicizie, inoltre l’esecuzione del manufatto, la necessità di concentrarsi su un lavoro alleggerisce, in un certo senso, la tensione del momento, abbassando la soglia di ansia e affrontando così in maniera più serena la visita, la terapia o l’esame diagnostico. Da non trascurare, inoltre, proprio l’apporto salutare che rappresenta conoscere l’intento con cui questi prodotti vengono realizzati – aggiunge – in quanto sapere che serviranno a progetti solidali in particolare, rafforza l’autostima e aumenta la soddisfazione e la motivazione».
Dello stesso avviso anche il dottor Fabio Ricci, direttore della Breast Unit dell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, che ha aderito all’invito di Gomitolorosa di introdurre la lanaterapia nel 2019: «Innanzitutto riduce l’ansia e lo stress – afferma – perché la ripetitività del gesto di cucire a maglia o all’uncinetto abbassa i livelli di epinefrina e norepinefrina che sono delle sostanze prodotte dal nostro cervello in condizioni di stress. Astrae il cervello dalla preoccupazione, dal momento che il rumore dei ferri è paragonabile a una sorta di mantra, un suono rilassante che agisce sulle zone prefrontali della corteccia cerebrale, quella che coinvolge il pensiero, l’ideazione, la fantasia. Rallenta il declino cognitivo perché la procedura seguita con le mani stimola alcune zone del cervello. Infine, agevola i processi di socializzazione, migliora la capacità comunicativa di ciascuno grazie allo stare insieme, al contatto sociale, evitando di cadere nella solitudine e nella depressione. Viene rafforzata la perseveranza in tutti gli aspetti della vita».
Lavorare a maglia è un hobby che sembra passato di moda e che, invece, svela potenzialità insospettabili sotto molti punti di vista. Gomitolorosa si focalizza su diversi obiettivi: recupero della lana che andrebbe al macero come rifiuto speciale, con relativo sostegno dell’economia circolare; produzione di manufatti che vengono donati a progetti solidali destinati a bambini, anziani e soggetti deboli; promozione della lanaterapia che dona benessere psicofisico ai pazienti e ai familiari in attesa di terapie in ospedale; sensibilizzazione verso campagne solidali e diffusione del social knitting in luoghi pubblici di aggregazione oppure on line da remoto: «La pandemia non ha più consentito alle nostre volontarie di entrare in ospedale purtroppo – aggiunge la direttrice Appolloni – e per questo abbiamo appositamente creato dei kit personali con i gomitoli di lana, un uncinetto e le istruzioni da seguire. Ciascuno dei pazienti, tra uomini e donne – sì perché abbiamo anche qualche uomo che lavora a maglia – realizza la sua parte che sarà poi assemblata e le volontarie completano, infine, con lavoro di rifinitura. Il prossimo progetto cui stiamo lavorando è la donazione di 400 scaldacolli azzurri e blu, con uno schema di quindici bolle blu – ideato proprio da un uomo – che avverrà nel mese di novembre che è il mese della prevenzione maschile contro il rischio di tumore e malattie della prostata».
I gomitoli di Gomitolorosa sono realizzati con 100% pura lana vergine italiana certificata, in quattordici diversi colori che secondo un codice internazionale attribuisce ad ogni malattia un colore differente: si parte dal rosa del tumore al seno all’ottanio che riguarda il tumore ovarico.
«E’ molto bella la soddisfazione provata nel realizzare un manufatto – conclude Appolloni – le storie e le testimonianze che raccogliamo ci restituiscono una grande umanità e un gran desiderio di condivisione. Si avvicinano alla lanaterapia sia persone che già sapevano lavorare a maglia sia neofite, di ogni generazione. Molte temono di non essere in grado, ma non appena iniziano affrontano il lavoro con grande partecipazione emotiva. Speriamo di estendere la nostra rete, specialmente al sud, a beneficio delle pazienti oncologiche, le quali in solitudine o in compagnia, possono ricavarne giovamento».
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