L’emergenza che stiamo affrontando del Coronavirus ha messo in luce alcune ombre del sistema italiano ma rivelato anche delle potenzialità. Sono almeno 5 le lezioni che abbiamo imparato.
- Lo smart working funziona ma se diventa obbligato e continuativo genera demotivazione.
Lo Smart Working, o Lavoro Agile, è una modalità di lavoro introdotta in Italia dalla Legge n.81 del 22 maggio 2017 per aumentare la competitività della aziende e favorire ai lavoratori un equilibrio vita-lavoro. Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano il numero di aziende e lavoratori che hanno adottato lo smart working in Italia è in costante aumento. Secondo una stima, nel 2019 sono stati 570.000 i lavoratori “agili”, rispetto ai 480.000 dell’anno precedente. Questi “smart worker” risultano più soddisfatti del proprio lavoro e sviluppano migliori competenze digitali rispetto agli altri lavoratori.
Sono state moltissime le aziende del territorio lombardo che hanno promosso, o si sono viste obbligate a farlo, questa pratica nelle ultime due settimane con degli effetti diversi a seconda della maturità della aziende stessa rispetto all’utilizzo del lavoro agile. Quello che è successo è che le aziende in cui lo smart working era una pratica diffusa e conosciuta hanno gestito con consapevolezza questo strumento e i dipendenti hanno continuato a lavorare avendo i mezzi per farlo.
Le aziende, invece, poco preparate sullo smart working hanno gestito male il processo, i dipendenti non erano nelle condizioni di lavorare per cui è la produttività e la motivazione è calata. Anche i dipendenti abituati a lavorare da remoto, stanno riscontrando una difficoltà dovuta all’isolamento per così tanti giorni continuativi. I ragazzi giovani neo inseriti in azienda, che abitualmente sono quelli che adottano di meno lo smart working proprio per socializzare e comprendere le logiche organizzative, sono i più svantaggiati in questa situazione.
La lezione che abbiamo imparato è che le aziende dovrebbero prevedere lo smart working in maniera strutturale per imparare un nuovo modo di lavorare più digitale e collaborativo, utile in questi casi di emergenza. Se lo smart working è prolungato per troppo tempo e diventa obbligatorio, rischia di far calare la motivazione e produttività.
2. La scuola italiana non è ancora pronta per lo “smart schooling”.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri emanato il 23 febbraio ed aggiornato il 1 marzo 2020 ha previsto, oltre ad una serie di misure di contenimento, anche la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, delle Università e anche dei corsi professionali “ferma restando la possibilità di svolgimento delle attività formative a distanza” nelle Regioni interessate.
In pratica un esercito di bambini a casa in vacanza con notevoli difficoltà di gestione per i genitori visto che la rete di welfare viene meno per rispetto delle indicazioni del suddetto decreto. La prima settimana di chiusura passa liscia senza compiti ma da lunedì 2 marzo quello che succede è il caos tra nelle scuole del territorio impattato.
Solo pochi giorni fa, il MIUR ha fornito delle disposizioni per supportare i docenti nella formazione a distanza. Le piattaforme che suggerisce sono tra quelle più usate nel mondo: è il caso di Google Education che attraverso la piattaforma Classroom permette di assegnare compiti, dialogare con gli studenti e fare dei test oppure Office 365 Education di Microsoft.
La formazione a distanza ovviamente non è solo una piattaforma ma un metodo completamente diverso rispetto alla formazione in aula che necessita di una progettazione delle lezioni ad hoc e sopratutto delle competenze digitali discrete e degli strumenti tecnologici adeguati.
Quello che succede nelle scuole del territorio lombardo è un approccio a macchia di leopardo: alcune scuole, già informatizzate e digitali, hanno avviato la formazione a distanza coinvolgendo gli studenti con questo nuovo approccio: docenti e ragazzi connessi nella piattaforma con lezioni interattive. Ma la maggior parte delle scuole si è attrezzata con metodi più tradizionali: valanghe di compiti inviate tramite le chat di whatsapp o nel migliore dei casi via mail. Pagine e pagine da studiare o esercizi da fare in assoluta autonomia e senza interazione con gli insegnanti.
“Assegnare compiti “a distanza” e senza opportune spiegazioni, anche attraverso video, non solo è inutile, ma anche dannoso. Si rischia di rimpallare la responsabilità della didattica sulle famiglie, solo per paura di non portare a termine il programma” spiega un’insegnante.
La lezione che impariamo è che le scuole, come per le aziende con lo smart working, dovrebbero utilizzare regolarmente i sistemi di smart schooling per essere pronte ad utilizzare questa nuova modalità non solo in caso di emergenza ma anche come strumento innovativo di apprendimento diverso da quello tradizionale che è rimasto immutato da decenni.
3. Lo smart working e lo smart schooling sono incompatibili.
Considerando il fatto che in queste settimane i genitori sono a casa a lavorare, si trovano anche nella condizione di dover aiutare i propri figli a fare i compiti e studiare le nuove materie. Ecco perché in queste condizioni resta davvero inconciliabile il lavoro agile con la formazione a distanza se quest’ultima non è gestita nel migliore dei modi.
4. I nonni sono il vero welfare delle famiglie.
Proprio loro che dovrebbero restare a casa per proteggersi dal virus, sono come al solito gli eroi del nostro Paese. Sono impegnati ad accudire i nipoti e contemporaneamente barcamenarsi tra lezioni, compiti e bambini restii a studiare. La lezione è che dovremmo favorire e sviluppare tutte le iniziative di welfare valorizzando il contributo di tutti.
5. Avere pronto un piano di gestione della crisi aiuta a velocizzare le decisioni e le azioni da intraprendere.
Nessuno di sarebbe aspettato questa emergenza ma le aziende e le istituzioni che avevano un piano strutturato di gestione della crisi sono state quelle che hanno risposto più velocemente al problema. Oggi la domanda da farsi non è quando l’emergenza rientra ma cosa succede se si protrae e quale azioni è necessario mettere in campo in caso di prolungamento della crisi.