Ero al cinema, l’altra sera. E come sempre prima del film ero in coda alla toilette. Lato donne: quattro persone. Lato uomini: nessuno. Che c’è di nuovo? Niente, direte voi. Ma tornando a casa, zigzagando su Internet, mi sono imbattuta in un meraviglioso articolo del Guardian dove si spiega perché la battaglia per la parità delle donne passa anche dalla toilette. Una tesi da sposare subito, e vi voglio raccontare perché proprio una toilette può diventare il simbolo del fatto che la parità si può raggiungere solo tenendo conto delle differenze, e non livellandole. Esattamente come il soffitto di cristallo lo si infrange con le quote rosa, e non senza.
Dunque si sostiene sul Guardian che, per ragioni squisitamente anatomiche, è fisiologico che una donna impieghi 90 secondi, anziché 60, a svuotare la vescica. E già questo comporta che noi donne abbiamo bisogno di una quota di tempo in più prima di uscire dalla toilette. A questo va aggiunto che le donne, rispetto agli uomini, hanno almeno altri due motivi per entrare in un bagno. Uno è certo, ed è l’esigenza di cambiare l’assorbente durante le mestruazioni. E l’altro è altamente probabile, e riguarda il fatto che statisticamente sono ancora di più le donne degli uomini ad accompagnare i bambini a fare pipì, o quando sono più piccoli a cambiarsi il pannolino.
Che le donne dunque abbiano più ragioni di andare alla toilette rispetto agli uomini pare assodato. Se poi a tutto questo sommiamo il fatto che le donne hanno a disposizione un numero inferiore di toilette rispetto agli uomini, ecco che il combinato disposto diventa la coda tripla che di norma troviamo fuori dai bagni. Meno toilette, sì, il Guardian scrive proprio così. Calcola, infatti, che in media nei bagni pubblici (quanto meno in quelli inglesi),a parità di metratura dalla parte degli uomini ci sono uno spazio chiuso per il wc più quattro o cinque orinatoi da parete. Mentre dalla parte delle donne ci sono solo tre wc. Insomma, a parità di metri cubi, le toilette maschili soddisfano contemporaneamente il doppio degli utenti di quelle femminili. Può darsi che in Italia le proporzioni siano diverse, certo. Ma gli orinatoi a parete, sono sicura, ci sono anche da noi.
Ecco perché la questione femminile passa (anche) dalle toilette. Perché per raggiungere la parità nei tempi di attesa, c’è bisogno che dalla parte delle donne ci siano più wc che dagli uomini. Che lo spazio venga suddiviso diversamente. Sempre secondo il Guardian, la proporzione giusta sarebbe di uno a tre. Ma soprattutto, quella della toilette è una metafora. Del vantaggio che altre volte andrebbe concesso alle donne per permettere loro di raggiungere la parità. Dentro i Cda, per esempio, grazie alle quote rosa. Oppure, chessò, rendendo obbligatorio quello stesso congedo di paternità che per le madri è invece facoltativo. Perché forse solo incentivando gli uomini a stare a casa si può ottenere una divisione più equa della cura dei figli.