La mamma di Laura, uccisa dal padre a 11 anni: combatto da sola per i miei figli

yellow-rose-on-red-bench-3624558_1920“Quando succede una tragedia simile le vittime non devono essere mai abbandonate, né psicologicamente né economicamente . Sentirsi soli è dura, sono crollata diverse volte, ci sono stati attimi in cui avrei voluta farla finita”. Così ci racconta Giovanna Zizzo, mamma di Laura, uccisa dal padre una mattina d’estate di cinque anni fa. Laura il 26 settembre avrebbe compiuto 17 anni, invece è stata uccisa mentre dormiva con la sorella, sopravvissuta solo grazie al’intervento dei due fratelli più grandi che si trovavano nella stanza accanto. Per l’omicida il 18 luglio di quest’anno è stato confermato l’ergastolo. Secondo i giudici voleva “infliggere un castigo alla loro madre per le sofferenze che aveva dovuto subire e per avere coinvolto i figli nella loro crisi coniugale”. Da quel 22 agosto 2014 Giovanna non si dà pace. Racconta la sua storia nelle scuole per sensibilizzare le persone, ma soprattutto per far capire che le vittime non devono essere lasciate sole.

“All’inizio le istituzioni sono venute, poi, spenti i riflettori, tutto si è perso. Dal comune abbiamo avuto solo silenzio per 5 anni. L’ex sindaco non si è costituito parte civile, quello nuovo non ha fatto nulla per cambiare”, ci spiega Giovanna. “Ricordare le vittime serve a sensibilizzare le persone, a scuotere le coscienze – continua – Laura era una bambina di 11 anni, ci chiamano vittime collaterali ma non siamo invisibili, noi esistiamo davvero in carne e ossa, per noi è difficile sopravvivere. Anche se rispetto a 5 anni fa c’è molta più attenzione ai femminicidi e agli episodi di violenza”.

whatsapp-image-2019-10-29-at-11-29-22Giovanna non ha ricevuto alcun indennizzo, in ogni caso “gli importi stanziati sono vergognosi”: da 7200 a 8200 euro per il reato di omicidio. Lei non lavora, la aiutano i suoi genitori e il compagno. “Io ho quasi 50 anni, ma nessuno pensa ai miei figli che hanno vissuto quell’orrore? Si sono trovati senza sorella, senza casa, con il padre diventato un mostro. Guardo mia figlia – rimasta una settimana in coma per le ferite – e dico: come fa questa ragazza a sopravvivere? Combatto per loro, hanno il diritto di sperare in qualcosa di bello per il futuro. Non potrò mai dimenticare i loro occhi davanti casa, persi nel vuoto”, racconta Giovanna, che quella notte era in campagna, mentre i ragazzi erano col padre nella casa di famiglia, a San Giovanni La Punta. “La domenica prima eravamo tutti insieme, il padre è venuto a prenderli il 21 agosto – continua – mi ha chiesto scusa di tutto, mi aveva tradito. Ci siamo abbracciati, mi ha detto: se sei tranquilla tu, lo sono anche io. Mi ha baciato e se n’è andato con i miei figli. Stavamo cercando di recuperare il rapporto”. Quella sera è uscito con i quattro figli a cena, non lo aveva mai fatto. Ha postato una foto su Facebook scrivendo: una bellissima serata con i bambini.

E i ragazzi ora come stanno? “In apparenza bene”, risponde Giovanna. Marika ha 19 anni, ha nascosto le cicatrici con dei tatuaggi: un ramo di fiori di pesco, ogni fiore ha un significato. Ha fatto la maturità, si è iscritta all’università a Scienze del turismo. Andrea, 26 anni, lavora grazie all’aiuto dell’ex prefetto di Catania, dopo varie lettere inviate al presidente del Consiglio e al Capo dello stato. Emanuele ha 20 anni, due anni fa ha lasciato la scuola e si è iscritto al serale. “Vuole essere indipendente ma non trova lavoro, è difficile”, dice Giovanna.

Mamma e figli continuano a vivere a San Giovanni La Punta con i nonni. “Nella nostra casa non ci sono più andata, è chiusa, sotto e sopra abitano i miei ex suoceri e cognati, non abbiamo più contatti con loro da dicembre 2014”. “Per me lui era tutto, l’ho conosciuto a 13 anni e ci siamo sposati a 21. Mi dava i soldi per fare la spesa, rimettevo scontrino e resto sul tavolo. Poi, scoperto il tradimento, ho aperto gli occhi: ho capito che anche quella era violenza”. Giovanna pensava solo a essere moglie e mamma. “Ma è sbagliato – spiega – la donna deve avere una sua indipendenza, trovare un ruolo nella vita. Il lavoro ci dà la forza per andare avanti. Quello forza che ora mi dà la mia bambina. Io la sento, leggo i suoi racconti, i temi della scuola, porto avanti il suo sogno di aiutare gli animali. Non accetterò mai che finisca nel silenzio. Per gli altri miei figli invece vorrei la bacchetta di magica, vorrei che dimenticassero tutto. Ma purtroppo non è possibile”.