“Mio figlio ora sta bene, ha fatto il secondo trapianto di midollo il 31 dicembre 2018, un anno e 8 mesi dopo il primo. Staremo in Italia ancora tanto tempo, la situazione è delicata”. A raccontarci la sua storia è Maria (nome di fantasia), 34 anni, arrivata a Torino dal Venezuela con il suo bimbo malato di leucemia nel 2016. A febbraio di quest’anno li hanno raggiunti il papà e l’altra figlia di sei anni. Maria si considera fortunata, è riuscita ad arrivare in Italia prima che le sanzioni americane rendessero impossibile per la compagnia statale venezuelana Pdvsa finanziare viaggi, spese mediche e terapie per i bimbi malati e le loro famiglie. Risorse che dal 2006 hanno permesso di curare nel nostro paese tramite Atmo, l’Associazione per il trapianto di midollo osseo, quasi 500 pazienti venezuelani, l’85% bambini.
Dalla fine del 2018 i pagamenti sono bloccati, i debiti verso gli ospedali italiani ammontano a 8,6 milioni di euro. Dal Venezuela nessuno può partire, mentre i pazienti già in Italia come Maria – circa una ventina – non ricevono più il pocket mensile da 600 euro e i rimborsi dei farmaci. Gli ospedali continuano a curarli, ma non possono accoglierne altri. Solo il Bambin Gesù di Roma, grazie alla Fondazione, ha dato l’ok ad accogliere 10 bambini come pazienti umanitari. “Prima abitavamo in una casa vicino a Porta Palazzo. Dal 3 dicembre siamo in Casa Ugi, non abbiamo soldi, ci danno qualcosa da mangiare e le chiese ci aiutano”, spiega Maria. “L’importante è che mio figlio stia bene, ha compiuto 9 anni il 4 giugno – continua – Conosco tanti bimbi malati che non possono venire in Italia a causa del blocco economico. In Venezuela non possono essere curati e la situazione è grave. Tanti bambini stanno morendo, per fortuna noi siamo qui. Prima di partire siamo stati 8 mesi all’ospedale di Maracaibo, lì non ci sono medicine”.
All’Ospedale pediatrico JM de Los Ríos di Caracas 30 bambini hanno bisogno di un trapianto, 20 i casi più gravi. La denuncia delle mamme dei piccoli ricoverati è arrivata due mesi fa. Oggi quattro di loro non ci sono più: Erick (11 anni), Yeiderberth (8), Robert (7), Giovanny (6 anni). Altri aspettano, secondo Atmo sono almeno cento in tutto il Venezuela. “Mio figlio ha ricevuto un trapianto di midollo in Italia a Bologna nel novembre del 2012. Aveva sei anni e una forma molto rara di leucemia. Ora ne ha 14 e ha una recidiva, è nell’ospedale di Caracas, ha bisogno di un secondo trapianto. Non è un segreto la situazione che stiamo vivendo in Venezuela, abbiamo bisogno del vostro aiuto”, ci dice Elisbeth, mamma di Jehiler. Nelle strutture ospedaliere venezuelane mancano le attrezzature, per gli esami i genitori devono rivolgersi alle istituzioni private con costi alti, ritardi nelle diagnosi e nell’inizio dei trattamenti terapeutici.
“Se i bambini non lasciano il paese, moriranno”, denuncia ogni giorno Katherine Martínez, presidente della Ong Prepara Familia.