Donne Fittipaldi, da designer di gioielli a imprenditrice del vino

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Se c’è qualcosa che riesce a mettere d’accordo uomini e donne è il vino.

Parola di Wine Intelligence, che ha redatto e appena pubblicato il rapporto Global Trends in Wine 2019. La parità di genere si realizza facilmente davanti a un calice perché, secondo i dati raccolti dalla ricerca americana, tendiamo – uomini e donne – a consumare parti uguali di vino in termini di volumi.

Resta sempre quel piccolo dettaglio per cui il gentil sesso è ancora più gentile quando si tratta di sceglierlo, il vino, nel senso che preferiamo che a farlo sia chi ci accompagna. Insomma, soffriremmo di ‘sindrome dell’impostore’ anche in fase di degustazione, credendo di essere meno preparate di qualsiasi ‘lui’ anche se non è vero.

Se dal consumo passiamo alla produzione, in Italia cresce il numero di cantine condotte da donne (rappresentano il 28% del totale) ma anche la presenza femminile tra gli enologi, gli importatori, i distributori, l’universo degli opinion leader e le donne impiegate nel vino coprono il 50 per cento della forza lavoro. Una tendenza in corso da tempo, come aveva raccontato Donatella Cinelli Colombini, produttrice di vini e recentemente riconfermata presidente dell’Associazione Donne del Vino.

Ma chi sono le imprenditrici del vino? Alcune hanno ereditato la conduzione delle aziende di famiglia, che avevano già una tradizione nel settore. Altre sono arrivate a condurre una azienda vitivinicola quasi per caso. Come Maria Fittipaldi Menarini, titolare dell’azienda Donne Fittipaldi di Bolgheri, in provincia di Livorno. Disegnatrice di gioielli, una collaborazione con lo stilista Ermanno Scervino e per di più astemia, l’attuale titolare dell’azienda toscana non aveva nel suo orizzonte un destino di imprenditrice, nonostante sia figlia del fondatore dell’omonimo gruppo farmaceutico.

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Succede – racconta – che dopo il divorzio, mi trovo a dover decidere che cosa fare dei vitigni che il mio ex marito, un artista, anche lui senza esperienza in quel settore, aveva fatto piantare nella nostra tenuta. Mi ero dimenticata che esistessero, presa da tutt’altre preoccupazioni, finché quel luglio di oltre quindici anni fa i contadini entrano in casa e mi dicono che c’è da imbottigliare. Io penso all’olio e invece no, parlavano di vino”.

vignetiProcedono con bottiglie e tappi qualunque, ma il risultato va oltre le aspettative. “Ne faccio assaggiare una bottiglia a una amica che ha un ristorante a Ginevra che mi incoraggia ad andare avanti. E allora contatto l’enologo Emiliano Falsini, con cui collaboro tuttora“. Quella prima bottiglia è Donna Fittipaldi.

5Oggi le etichette sono cinque, tutte con un unico denominatore: la ricerca di una strada molto personale, dettata principalmente dalla conoscenza del territorio e dall’osservazione costante dei suoi vigneti. “Il nostro scopo non è tanto quello di ottenere una certificazione biologica standardizzata, quanto piuttosto riuscire a trovare la terapia specifica e adatta ad ogni particella di vigneto, che consideriamo come un individuo sottoposto a sollecitazioni e stimoli differenti a seconda dell’esposizione, della composizione del terreno e così via“.

L’azienda si compone di 9 ettari vitati, coltivati a Merlot, Petit Verdot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Orpicchio, Malbec. Insieme alla fondatrice lavorano le quattro figlie Carlotta, Giulia, Serena e Valentina. La produzione è di circa 60mila bottiglie, molto vendute all’estero, in Europa, Usa, Australia.

Mi è capitato tra le mani qualcosa di qualità, non potevo buttarlo via ma farne il meglio possibile“, conclude Menarini.