Dopo Greta Thunberg, tocca ad Anila inchiodare i grandi della Terra

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Ci vorrebbe una bambina, proprio come Greta Thunberg con l’ambiente, «una bambina dell’Africa, per umiliare i grandi della Terra e insegnare loro che gli emigranti prima di tutto sono persone e come tale vanno trattate. Accogliendole».

È dal 1992 che il dottor Pietro Bartolo è in prima linea a Lampedusa ad accogliere e curare tutti quelli che arrivano dal mare. «Perché è la legge del mare che dice questo, e noi a Lampedusa siamo tutti marinai. Ci possono anche mettere in galera, ma il porto non lo chiuderemo mai». Esattamente quello che il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, ha detto ieri alla Mare Jonio dell’Ong di Luca Casarini con 49 naufraghi a bordo, 12 dei quali minori: «Il nostro porto è aperto». 

Pietro Bartolo, questo medico coraggioso, è una star internazionale dal 2016, quando il regista Gianfranco Rosi ha raccontato la sua storia nel docufilm Fuocoammare premiato col David di Donatello. Ma nonostante 63 anni d’età e più di 15 passati in trincea, ancora gli capita di piangere, di avere paura, persino di vomitare, quando dai gommoni sbarcano i bambini.

Il dottor Bartolo ha scritto “Le stelle di Lampedusa” (Mondadori, 2018, 18 euro) e dall’autunno scorso viaggia l’Italia – sabato scorso era al Centro Civico Agorà di Arese – per raccontare la storia che contiene. La storia di Anila. Una bambina coraggiosa, che come Greta potrebbe essere l’inizio di una presa di coscienza collettiva. «Non ho mai saputo scrivere io – si schermisce il dotto Bartolo – nella vita ho scritto solo ricette mediche. Ma raccontare la storia di Anila è diventata un’esigenza imprescindibile».

bartoloAnila nasce in Niger e ha solo due anni, quando la sua mamma la affida a una coppia, insieme ai due fratellini, e va a cercare la fortuna in Europa, da dove spera di mantererli facendo la colf o la badante. Ancora non lo sa, che invece le toccherà fare la prostituta. Quando Anila di anni ne ha sei, la donna che si occupa di lei muore e lei rimane sola come nessun bambino di sei anni, che vive in Occidente, può mai pensare di rimanere.

Vive di stenti Anila, finché a otto anni si sente grande abbastanza per poter partire e andare in cerca della sua mamma. Attraversa mezza Africa, da sola. E sempre sola dalla Libia si imbarca: una prima volta, viene respinta. Ma ci riprova. Finché esattamente un anno e mezzo dopo da quando è partita approda a Lampedusa. «Era magrissima, affamata, con più di una ustione da gommone – racconta il dottor Bartolo – ma dopo averla lavata e averla curata ne è uscita una principessa. Dov’è la tua mamma, le chiedo. E lei mi dice: in Europa. Sono venuta a cercarla». L’Europa è grande, l’Europa. Ma Pietro Bartolo non si rassegna, è determinato ad aiutarla, questa principessa. Partono da un numero di telefono, il resto della storia è nel libro del dottore.

Ognuno di quei bambini, di quelle donne, di quegli uomini che si imbarcano ha una storia da raccontare, proprio come Anila. E dare un nome e una storia a queste persone è il primo passo per riconoscerle come tali. «Sono persone, porca miseria. Che hanno dei sogni, e quello più grande è di sopravvivere», dice il dottor Bartolo. Il dovere della politica? «Uno solo: accoglierle». Sbaglia la destra, oggi, che chiude i porti e volta la faccia dall’altra parte. Ma sbaglia anche la sinistra: «Ho litigato, con il ministro Minniti, l’accordo con la Libia è stato un errore grave. Come si fa ad aver accettato che tutte queste persone fossero prigioniere in Libia, dove i trattamenti per loro sono disumani? Le donne sono considerate esseri inferiori, in Libia, e i neri non hanno diritti». Ad Anila, la Libia è costata la perdita di tutti i capelli, saltati via con un solo colpo di coltello. Ancora sussulta, quella bambina, quando si passa una mano sulla testa, come se fosse un tic.

Destra o sinistra, il dottor Bartolo continua per la sua strada. Che è l’unica possibile, quella dell’accoglienza: «Sono persone che scappano dalla fame, che chiedono solo di poter avere un lavoro. Chiedono di raccogliere le patate, i pomodori. E anche se siamo nell’era di internet, non ho mai visto nessuno raccogliere i pomodori online. Ci vogliono braccia, e queste persone sono disposte a farlo, con dignità, per il giusto compenso. Sono una risorsa, queste persone». Il Paese che invecchia ha bisogno di loro.

«A Lampedusa siamo gente di mare. E proteggiamo le persone, non i confini».