E’ tempo di Babbo Natale. Ma anche di befane, elfi e renne volanti. E’ tempo di magia o di bugia? In questo periodo dell’anno (e negli Stati Uniti e in Germania anche a Pasqua col coniglietto che porta i doni) è una domanda ricorrente tra i genitori, di persona o online: è giusto mentire ai propri figli? Perché avallare un pensiero irrazionale e illogico come quello di un vecchio omone barbuto che in una sola notte dovrebbe portare regali a tutti i i bambini del mondo? E perché questo omone sconosciuto dovrebbe avere il potere di giudicare se un bambino merita o non merita un regalo? In un tempo in cui siamo propensi a credere a qualsiasi cosa appaia su qualsiasi sito web e in cui siamo pronti a condividere sui social le peggiori nefandezze senza che neanche ci sfiori il dubbio di dover verificare prima di diffondere, ecco che la verità-tutta-la-verità su Babbo Natale sembra essere un tema cruciale. O tutto o niente, insomma.
Comunque le risposte a queste domande e le indicazioni su cosa sia giusto o sbagliato non sono così scontate. Un articolo di un paio di anni fa pubblicato due The Lancet Psychiatry ammoniva i genitori: mentire è pericoloso perché una bugia potrebbe minare il rapporto di fiducia tra genitori e figli. Come faranno i bambini a credere ancora alle parole di un genitore che ha saputo mentire su qualcosa di così delicato e importante per anni? La storia di Babbo Natale, secondo gli autori, avrebbe a che fare più con il bisogno dei genitori di sentirsi bambini che con qualcosa pensato a favore e beneficio dei propri figli.
In realtà, va detto che diverse ricerche negli ultimi anni hanno mostrato che tutti questi timori non sembrano avere riscontri nella realtà. Le reazioni nello scoprire la verità sembrano essere generalmente positive (per esempio in questa ricerca o in questa) mentre sono i genitori a mostrarsi maggiormente tristi. Già a 3 anni i bambini sarebbero in grado di distinguere le cosiddette ‘bugie bianche’, le bugie buone, dette per esempio per far piacere all’altra persona. Quello che si riscontra è che, con l’età, il rapporto dei bambini con la realtà e con l’immaginazione si fa più definito e la storia di Babbo Natale assume pian piano contorni diversi. Va detto anche che catalogare il pensiero dei bambini e cercare di applicare a loro le nostre categorie mentali è già di per sé un errore. I bambini fino a 6 anni, secondo il padre dell’epistemologia genetica Jean Piaget, utilizzano il pensiero magico per interpretare la realtà semplicemente perché il pensiero razionale non è ancora sviluppato e la magia, l’immaginazione riescono a spiegare ciò che la razionalità non riesce.
Perché mai questa magia dovrebbe spaventare? Perché mai l’immaginazione dovrebbe recare danno? Quello che mi sembra importante sottolineare non è tanto che Babbo Natale debba o non debba essere presente nelle fantasie dei bambini, quanto il fatto che questa fantasia, questa immaginazione forse vanno lasciate libere di assolvere la loro funzione. Benefica e funzionale a questa età, ovviamente non altrettanto efficace in età adulta. E anche questa fantasia non va ingabbiata in schemi troppo rigidi, non deve diventare un obbligo per tutti i genitori. Ogni famiglia avrà il suo modo di vivere la magia del Babbo vestito di rosso, la avallerà più o meno, lascerà o meno indizi della sua presenza… ma che anche questo non diventi un lavoro certosino, perché la fantasia per funzionare bene ha bisogno di spazi vuoti da poter riempire. Man mano poi sarà l’età a portare i cambiamenti, il pensiero razionale si farà spazio e il mito del Babbo barbuto lascerà il posto a un po’ di nostalgia, senza nulla togliere alla gioia dei regali sotto l’albero e delle giornate di festa. Vale la pena, allora, lasciare spazio alla magia per i bambini, concentrandoci da adulti sulla ricerca della verità dove davvero serve.