I robot sostituiranno il nostro lavoro o creeranno nuove opportunità professionali? Del tema si discute da tempo, ma nonostante l’ansia anticipatoria di molti, la prima e più recente notizia è che l’automazione in ambito lavorativo, sia essa minaccia o opportunità, avrà un decorso lungo almeno vent’anni, almeno stando alle recenti stime dei ricercatori della Oxford University.
Non solo, sempre secondo questa ricerca, se è vero che il 47 per cento dei lavoratori in America dovrà comunque fare i conti con i robot nel prossimo ventennio, è altrettanto vero che per il 53 per cento il confronto è rimandato a data da destinarsi, e forse non ci sarà mai.
Rientrano in quest’ultimo caso le professioni che si focalizzano sull’interazione tra persone, come il dottore e l’insegnante, ma anche, cita ancora tra gli esempi, l’idraulico e chi fornisce prestazioni di cura. Più a rischio di essere sostituiti dall’automazione sono i lavori nell’industria manifatturiera, nei trasporti e nell’amministrazione. Mentre c’è un alto potenziale di crescita di impiego di risorse umane nel settore salute, scienza, tech e ospitalità.
Se guardiamo sempre in prospettiva nel medesimo arco temporale dei vent’anni e ampliamo l’orizzonte allargando il campo di analisi dall’America al mondo, secondo un’indagine del Mckinsey Global Institute sono circa 800 milioni i lavoratori che potrebbero perdere il proprio posto di lavoro a causa dell’automazione entro il 2030.
Quale tipologia? A rischio si confermano le figure professionali chiamate in causa nella indagine citata prima: addetti alle macchine industriali, amministratori e impiegati nel settore dei servizi.
E ci sono differenze anche a seconda delle aree geografiche e dell’età dei lavoratori, come semplificato nel grafico seguente.
A fronte di percorsi professionali che sembrano concludere il proprio ciclo di vita, si aprono anche delle opportunità di lavoro, diverse a seconda dei settori, che sono state quantificate in percentuale da McKinsey in questo grafico:
Nel Future of Jobs Report 2018 del World Economic Forum, l’analisi è condotta a breve termine e guarda ai prossimi quattro anni. Si legge che a fronte di 75 milioni di posti di lavoro che potrebbero sparire a causa dei robot, ce ne saranno 133 milioni di nuovi creati proprio… dai robot. Insomma, mentre alcune professioni diventeranno superflue, ce ne saranno altre in cui le abilità umane saranno sempre più richieste. Quali? I data analyst, per esempio. Gli specialisti in intelligenza artificiale e machine learning, gli specialisti in big data e in digital transformation, gli sviluppatori di software e applicazioni, i professionisti dell’information technology. Nel breve termine, insomma, vedremo l’esordio della tendenza prevista in un futuro meno prossimo: a subire l’impatto dei robot saranno soprattutto gli impiegati nel data entry, ragionieri e amministrativi, operai, impiegati al customer service e negli uffici postali, magazzinieri e addetti agli archivi. Nota della redazione, a scrivere questo post non è stato un robot. O almeno, non ancora.