Dormiamo poco e male, sempre di più. Stress, ansia, troppi impegni, vita frenetica e il risultato è una qualità del sonno sempre più povera. Tanto da far diventare il sonno inadeguato un vero e proprio problema sociale, che ha anche dei costi per la collettività. Per non parlare poi degli effetti della carenza di sonno su bambini e adolescenti, in cui il problema è sempre più studiato anche in relazione all’utilizzo eccessivo degli schermi di tablet e smartphone.
I dati degli ultimi anni mostrano che nelle società occidentali le persone che lamentano una povera qualità del sonno o una scarsità di ore dedicate al riposo sono tra il 20% e il 30%, mentre i dati più recenti di uno studio realizzato in Australia parlano di numeri ancora più alti con il 33%-45% di adulti che lamenta problemi in questo senso. Le percentuali risultano simili anche negli Stati Uniti, in Canada e in Gran Bretagna. Dormire poco o male è un fattore comunemente associato a una serie di problemi e disturbi che pesano sul benessere quotidiano e sulle attività giornaliere: difficoltà di concentrazione e nel problem solving, confusione, irritabilità, minore memoria, diminuiti tempi di reazione, indifferenza, calo di empatia. La carenza di sonno, inoltre, viene associata con maggiori rischi di ipertensione, obesità, diabete, attacco cardiaco. Uno studio del 2014, inoltre, ha confermato che i disturbi del sonno hanno una forte correlazione con l’insorgere della depressione.
Il sonno, però, pare non essere un problema solo privato. Una ricerca pubblica dall’Oxford University Press sulla rivista Sleep ha calcolato il costo economico della carenza di sonno, definita dagli autori come quella situazione in cui le difficoltà nell’addormentamento, i risvegli notturni e la scarsa qualità del riposo si associano con un calo dell’attenzione e della vigilanza durante il giorno per più giorni durante la settimana in Australia. Secondo i ricercatori, il sonno vive un momento di crisi “senza precedenti” a causa delle crescenti pressioni legate al progresso della tecnologia e alla continua connettività, unita alla spinta per aumentare sempre di più il tempo disponibile per il lavoro ma anche per la vita sociale e familiare. Il tutto, molto spesso, proprio a scapito del riposo notturno. Per esempio, il fatto di poter comunicare senza difficoltà con tutto il mondo con fusi orari differenti, la crescente pressione del mondo del lavoro, le informazioni sul web a ciclo continuo, le piattaforme di gioco e i social media, hanno tutti contribuito in qualche modo ad alimentare le aspettative di una giornata di attività spalmata sulle 24 ore, senza tenere in adeguata considerazione l’importanza del riposo.
Incrociando i dati di ricerche e banche dati nazionali, la ricerca ha calcolato il costo economico della mancanza di sonno (mettendo insieme gli effetti sulla salute e quelli sulla produttività) la conclusione è che nel periodo 2016-2017 in Australia i costi complessivi ammontano a 45,21 miliardi di dollari. La componente finanziaria pari a 17,9 miliardi si compone di costi sanitari diretti di 160 milioni di dollari legati ai disturbi del sonno e circa 1 miliardo legato a condizioni associate a questi disturbi. La perdita di produttività è stimata in un costo di 12,19 miliardi di dollari (5,22 miliardi in riduzione dell’impiego, 0,61 miliardi per morti premature, 1,73 miliardi di assenteismo e 4,63 per ‘presenteeism’ (un termine che non ha una traduzione esatta in italiano ma che indica quella condizione in cui ci si reca al lavoro anche in condizioni di malattia o di altre condizioni che non permettono però l’adeguato svolgimento delle proprie funzioni). Tra gli altri costi, i ricercatori classificano i costi non finanziari legati al ridotto benessere in 27,3 miliardi di dollari.
Al di là delle singole cifre, comunque, la riflessione va fatta sulla qualità del nostro vivere e sulla costante corsa contro il tempo che i ritmi lavorativi ci richiedono e che noi stessi, spesso, ci imponiamo anche nel tempo che dovrebbe essere libero. La qualità del sonno ha a che fare direttamente con la salute e con il benessere e dovrebbe essere considerata una priorità non solo privata ma, come ci dicono le ricerche, anche sociale.