Ni una menos, lo sciopero femminista dell’8 marzo in Spagna

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Si replica. L’anno scorso allo sciopero femminista dell’8 marzo aderirono circa 70 Paesi, Italia compresa. In Spagna ebbe più che altro una valenza simbolica: le donne si fermarono per un’ora o per mezz’ora, a seconda della comunità. E rimasero con il sapore sulle labbra.

Così sin dal mese di aprile dello scorso anno iniziarono a organizzarsi in vista del 2018, con riunioni sparse sul territorio ogni 8 del mese, per decidere come mobilitarsi e fare le cose in grande. Uno sciopero di ventiquattro ore che coinvolga ogni settore del lavoro femminile, compreso quello domestico e le studentesse. “Huelga laboral, de cuidado, estudiantil, de compra”. Si fermano le donne che lavorano fuori casa, si fermano quelle che lavorano in casa, le badanti, non si va a fare la spesa, insomma. “E se vuoi una frittata o ti fa male la pancia, è la sottoscritta che si arrangia” come recita la canzone del video che promuove la huelga in Spagna.

E proprio il video è uno degli aspetti interessanti di questo sciopero, che rispecchia un movimento sempre più giovane e sempre più influenzato e alimentato dai social e dalla rete. “Olioliolà, la huelga vencerà!” cantano le donne nel video, al ritmo di una musica allegra e popolare, che sembra voler unire passato e futuro, proprio come crea un ponte fra generazioni diverse.

Ed ecco il secondo aspetto interessante dello sciopero, ossia la sua trasversalità. È ormai chiaro che qualunque movimento di protesta ha mutato forme e modi, e che le mobilitazioni non passano più per i soggetti tradizionali come il sindacato o la politica. Dal 15M, il movimento degli Indignados nato il 15 maggio del 2011, le cose in Spagna (e non solo) sono cambiate radicalmente. Il 15M contò sulla partecipazione spontanea di cittadini di ogni appartenenza sociale e politica, oltre che di ogni nazionalità e di ogni età (all’interno del movimento nacquero gli iaioflautas, alternativa della terza età – iaio significa nonno in catalano – ai perroflautas, ossia i giovani un po’ hippy con strumento musicale e cane al seguito). Casalinghe, disoccupati, pensionati, immigrati, studenti, scesero in strada e si mobilitarono insieme, spontaneamente. “Senza le nonne non c’è rivoluzione” è uno degli slogan più scanditi alle manifestazioni, anche e soprattutto le ultime, per l’indipendenza catalana.

E proprio come il 15M, il femminismo di oggi è sempre più animato da una forza spontanea e trasversale. Ecco perché nello sciopero proposto per l’8 marzo non si fanno differenze fra lavoro retribuito e lavoro domestico, fra studenti e badanti. Il punto da dimostrare è che “Se si fermano le donne si ferma tutto”. E in quel “le donne” non c’è distinzione o discriminazione possibile.

haciaUn femminismo universale, spontaneo, dinamico, effervescente. È quello che sta occupando sempre più spesso le strade, non solo in Spagna, ed è quello che si spera di veder emergere con prepotenza l’8 marzo. Alle polemiche intorno all’aspetto anticapitalista del movimento e dello sciopero (“per spezzare i privilegi di una società patriarcale e capitalista, razzista ed eteronormativa”, si legge nel testo della commissione), si risponde con l’invito esplicito e chiaro a una partecipazione trasversale: “Lo sciopero è di tutte. C’è uno spazio per tutte e per ciascuna di noi nel nostro sciopero femminista dell’8 marzo”. Ed è un peccato che nel tradurlo in italiano si perda il femminile di “sciopero” – la huelga, in castigliano – che rendeva l’invito ancora più deciso e quel “nostro” ancora più intenso.

Del resto, non poteva essere diversamente. Basti pensare al grido delle femministe in Argentina, dove lo sciopero del 2017 fu un successo. “Ni una menos, vivas nos queremos” (Non una di meno, vive ci vogliamo.) Un grido che evidentemente non ha colore politico e da cui non può essere esclusa nessuna.

marascoQuanto al bisogno di sovvertire il sistema attuale, è implicito nel DNA del femminismo spagnolo (e probabilmente non solo), e non può essere altrimenti. Durante la dittatura franchista, la donna per legge era considerata alla stregua di un minore e passava dalla tutela paterna a quella del marito. “Il marito deve proteggere la donna; la donna deve obbedire al marito” sanciva l’articolo 57 del codice civile. Fino alla riforma del codice civile del maggio 1975, che eliminò la figura del capofamiglia, le donne sposate non potevano disporre dei propri beni, né effettuare compravendite, firmare un contratto di lavoro o aprire un conto in banca, senza il permesso del marito. In Spagna l’adulterio cessò di essere un reato nel 1978 (duramente castigato nel caso della donna e tollerato per gli uomini, per cui era considerato delitto solo il concubinato) e il divorzio venne legalizzato nel 1981. Il femminismo spagnolo, quindi, come ben dice Justa Montero (in un’intervista video), sapeva che per ottenere un cambiamento concreto bisognava mandare gambe all’aria il sistema franchista e la dittatura. Per questo, allora come adesso, il femminismo segue una logica propria, completamente diversa. E oggi come allora “vamos a por todas”.

-FOTODELDIA- GRA191. PAMPLONA, 08-03-2017. Momento de la concentración, hoy en la Plaza del Castillo de Pamplona, convocado por la Coordinadora Feminista de Navarra para unirse al Paro Internacional de Mujeres (PIM) en el que ciudadanas de todo el mundo anteponen la solidaridad como "arma" contra "la actual violencia social, legal, sexual, política, moral y verbal" que sufren en todo el mundo. EFE/Diges.

-FOTODELDIA- GRA191. PAMPLONA, 08-03-2017. Momento de la concentración, hoy en la Plaza del Castillo de Pamplona, convocado por la Coordinadora Feminista de Navarra para unirse al Paro Internacional de Mujeres (PIM) en el que ciudadanas de todo el mundo anteponen la solidaridad como “arma” contra “la actual violencia social, legal, sexual, política, moral y verbal” que sufren en todo el mundo. EFE/Diges.

Il carattere internazionale dello sciopero è un altro aspetto importante di questo 8M. Nel 2017 lo sciopero femminista coinvolse, in misura diversa, 70 Paesi dall’Argentina alla Polonia, dalla Turchia agli Stati Uniti. In Italia fu promosso da “Non una di meno“. Non è possibile pensare al femminismo, senza pensare alla Women’s March, al #NiUnaMenos delle donne argentine o ai tanti movimenti femminili sparsi per il mondo. Non è possibile pensare al femminismo se non come a un movimento globale, che trova in ogni Paese le proprie radici e specificità, la propria storia e le proprie rivendicazioni, ma che si alimenta e trae forza dall’azione congiunta delle donne in ogni parte del pianeta. Del resto la solidarietà e la capacità di fare rete, su piccola come su vasta scala, è sempre stata una caratteristica del movimento e della sua storia.

Il carattere internazionale dello sciopero si spiega proprio con la dimensione spontanea e incontrollabile del movimento, con il suo agire “dal basso”, in modo trasversale, aiutate, amplificate e connesse dalla rete e dai social. Come ha ben dimostrato di recente il #metoo.

L’8 marzo ci si ferma, quindi. E stiamo a vedere che succede. Come dicono qui: “Sin nosotras no se produce, y sin nosotras no se reproduce”. E sfido chiunque a dimostrare il contrario.