C’è un motivo per cui le donne “devono fare impresa”, ed è il bisogno di ampliare l’offerta del mercato. Nella Fortune 500 ci sono più CEO di nome John che CEO donna. E’ solo uno dei tanti modi per dimostrare che quasi tutto ciò che noi oggi compriamo, usiamo, impariamo, vediamo è stato disegnato da uomini che avevano in mente uomini (o donne, ma sempre viste attraverso uno sguardo maschile). Le donne sono oggi il più grande mercato inesplorato del mondo, come racconta molto bene in questo articolo Danielle Kayembe, imprenditrice e opinion maker americana.
Alcuni esempi?
1) i primi airbag erano stati testati su manichini che riproducevano maschi del 50° percentile, e si sono rivelati inadeguati a salvare donne e bambini (li hanno anzi uccisi) – ed è successo fino al 2011;
2) i più recenti prodotti tecnologici da polso per misurare tutto, ma proprio tutto della nostra attività fisica (Fitbit and company) NON considerano l’esistenza di un ciclo mestruale nelle donne, con le relative variazioni ormonali e fisiche;
3) nonostante le donne influenzino l’85% degli acquisti, solo il 2% dei fondi dei venture capital sono andati a donne nel 2017 (vs il 15% nel 2015);
Quindi le donne spendono molto (14 trilioni di dollari in un anno solo negli Stati Uniti) ma nessuno “le serve”. E cosa succede se le donne cominciano a creare prodotti per servire le donne? Che ogni prodotto è potenzialmente un’innovazione “disruptive”, destinata ad avere un grande successo perché il suo mercato è già là, pronto, che aspetta.
Io sono un’imprenditrice, e la mia azienda, con MAAM, fa proprio questo: esprime un pensiero femminile, diverso (il suo co-autore è un uomo, ed esistono molti modi di essere diversi), disruptive, sul come fare formazione. Il metodo del Life Based Learning (apprendimento basato sulla vita) di MAAM è un po’ lo sguardo di una brava massaia, che usa quello che c’è e non ha bisogno di aggiungere sempre novità: lei ottimizza. E’ questo il valore aggiunto che vogliamo e possiamo dare, come donne, facendo impresa: non (solo) dimostrare di saper giocare secondo le regole, ma far vedere campi da gioco completamente nuovi, proporre soluzioni che rispondono a bisogni di una cosiddetta (ma impropriamente) “minoranza”. Farlo, però, implica investire molto di più per spiegare al mercato la novità: si è i primi, e questo costa. E’ vero: quando le donne fanno impresa, il linguaggio e le soluzioni possono essere radicalmente diversi. Ma l’opportunità di business, per chi la sa vedere, può essere unica.