Due giorni fa, inaugurando il 155esimo anno accademico del Politecnico di Milano, il suo rettore Ferruccio Resta ha ricordato che le donne rappresentano solo un terzo dei ricercatori dell’ateneo. Milano è dunque poco più su della media mondiale: secondo i dati dell’Istituto di Statistica dell’Unesco, la quota rosa della ricerca è ferma da tempo al 29%. Ci sono però alcuni Paesi dove le donne sono riuscite non solo a fare meglio, ma addirittura a raggiungere la parità. Non sempre questi Paesi corrispondono ai più avanzati dal punto di vista dei diritti delle donne, e nemmeno lo sono dal punto di vista della ricerca tout court. Di certo però alle ricercatrici in cerca di lavoro riescono ad offrire una marcia in più.
La mappa interattiva è online. Per chi ha meno tempo di navigare di continente in continente, diciamo subito che tra queste patrie della parità c’è la Tunisia, dove le ricercatrici rappresentano il 54% del totale e le donne laureate ben il 63%. Parecchi meridiani più a Est, in Thailandia, le donne dedite alla ricerca sono il 53%, mentre diversi fusi orari più a Ovest c’è il Brasile, con il 55% dell’R&D in mano alle donne. Più vicino a noi, in Lettonia, l’altra metà del cielo rappresenta il 52% dei ricercatori e il 56% dei laureati. Di quali discipline si occupano soprattutto? Di medicina, in primo luogo: in Lettonia il 64% dei ricercatori medici sono donne.
Percentuali così alte, nella Ue, si ritrovano solo in Bulgaria e in Lituania, gli unici due Paesi a raggiungere la soglia della parità, il 50%. Rispetto a Francia e Germania, però, per una volta tanto l’Italia non è messa male: a Parigi le ricercatrici sono solo il 26%, a Berlino il 28%, mentre da noi arriviamo al 36%. Siamo al livello del Regno Unito e degli Stati Uniti (37%) , o per meglio dire siamo arretrati quanto loro. Soprattutto, facciamo meglio di campioni del welfare e della parità come la Danimarca (a quota 35%) o la Finlandia (al 32%). La Spagna invece ci batte, con il 40% di ricercatrici donne sul totale.
Ci sono Paesi che si confermano primi della classe in tutti i sensi: per capacità di innovazione e di ricerca, per rispetto dei diritti, per sostegno della parità. Come il Canada, dove il 44% dei ricercatori è donna, o come la Nuova Zelanda, dove addirittura le donne gestiscono il 52% della ricerca. Se fossi un cervello rosa in fuga, è qui che manderei il mio curriculum.