Ho appena passato una settimana su Tinder*, ed ecco le tre cose che ho capito.
Uno: ci sono tantissimi uomini in giro! Qui sembrano essere “apparecchiati” e disponibili, in attesa di essere “messi a destra” – ossia selezionati. Avendone scansiti qualche centinaio, dalle foto li categorizzerei così:
Quelli che si fotografano davanti allo specchio del bagno o dell’ascensore.
Quelli che mostrano solo dettagli di sé, a volte anche intimi e infiocchettati.
Quelli che preferiscono far vedere i propri mezzi di trasporto.
Quelli che mettono foto in cui sono insieme alle mogli e tagliano barbaramente le mogli.
Quelli che non si sprecano neanche a tagliarle.
Due: che cosa dicono, quando dicono qualcosa di sé?
Molti dicono la propria altezza e peso, oppure le lingue che parlano.
Alcuni spiegano cosa vogliono, e soprattutto cosa non vogliono – generalmente sposarsi.
Altri sono finanche aggressivi nella lista delle cose che non stanno cercando, per esempio ecco la lista di Emanuele:
“Cercasi conoscenze che non ostentino i loro body benefits, no salsaemerengue, abbevazzate, aperetivate, discotecate, fashion shopping, model e tacco 85, trousse 4mq, “esigenti” o autodefinite “colte”, ragazzine in cerca di ricariche, le “girls” 40enni con foto di 25 anni fa, straniere orfane, alta classe, depresse, iperattive, ultrasensibili, bimbe tripolari, no-global e spiritualiste senza sostanza”…
E meno male che conclude con: “Non chiedermi perché sono single”!
Tre: passiamo ai fatti. Intanto ho cominciato a “rimorchiare” solo dopo aver tolto la mia età. Finché si vedeva che ho 45 anni non mi voleva nessuno: ho avuto un solo match in 12 ore. E io che pensavo di essere giovane.
Alla fine della mia settimana di prova (e dopo aver tolto l’età!), ho 18 match, e ho parlato con una decina di loro. Solo con tre ho avuto quasi una vera conversazione, andando oltre le classiche domande dove sei e con chi sei. Sono tre uomini con cui avrei probabilmente chiacchierato con piacere anche se li avessi conosciuti a una cena, e anche alla cena come su Tinder non avrei saputo dire a un primo sguardo se mi avrebbero fatto perdere la testa. Adesso per proseguire dovrei – dovremmo – avere voglia di andare oltre e incontrarci di persona.
Da una breve indagine con gli amici, ho saputo che capita anche di innamorarsi e sposarsi con persone conosciute su Tinder – o su Facebook, Instagram, Twitter… – come capita con persone incontrate per strada, in un bar, a un campeggio, al lavoro. Quindi Tinder è solo un altro luogo? Forse sì, ma la mia impressione è che abbia la caratteristica di attivare meccanismi da album di figurine: sei sola davanti a una collezione che può potenzialmente crescere all’infinito. In sintesi la mia avvertenza è: usare con attenzione e sapere quando smettere.
*Luogo esotico e decisamente da vacanza, Tinder è l’app con 50 milioni di utenti nel mondo, che dal 2012 permette alle persone di sfogliarsi, scegliersi, chattare, e poi, volendo, sparire senza lasciare traccia. Dico “sfogliarsi” perché Tinder funziona come un mazzo di carte: imposti i parametri di ricerca – non si va molto più in là di età, genere e distanza geografica – e ti trovi in mano un “mazzo” di carte con i profili corrispondenti. Le persone di presentano con una o più foto e poche righe su di sé: l’etá, la professione, la scuola frequentata, e chi vuole riempie un paragrafo “about me”. Mazzo di carte alla mano, scegliere chi piace e chi no è facilissimo: sposti a sinistra le carte poco interessanti e a destra quelle che ti piacciono. Se chi ti piace ti mette a sua volta a destra – in modo casuale, perché non sa di piacerti – è un “match” e si apre la possibilità di chattare.
Volete sapere come è finita? Lo racconto qui a un anno di distanza.
(nota aggiunta venerdì 3 agosto 2018)